Enews 528, lunedì 28 maggio 2018
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Dieci piccole riflessioni su ciò che sta accadendo in Italia
1. Tutto il caos di questi 85 giorni nasce dal 4 dicembre 2016, dal No al Referendum Costituzionale. Purtroppo sta avvenendo ciò che avevamo pronosticato: Paese più debole, litigi tra coalizioni, ricadute finanziarie. Occorre un sistema più semplice, che garantisca la sera stessa di sapere chi ha vinto. Come per i Sindaci, ma il ballottaggio funziona solo se è previsto per una sola Camera. Spero che finalmente ci sia l’onestà intellettuale di riconoscere che quella riforma non serviva a me: serviva all’Italia.
2. Dopo il 4 marzo noi siamo stati seri e abbiamo detto: riconosciamo la sconfitta, tocca a loro. Loro non sono stati capaci. O hanno avuto paura. Perché è facile promettere la luna in campagna elettorale, ma quando arriva la responsabilità di governare è più comodo scappare. Il disastro di questi giorni ha due responsabili: Salvini e Di Maio. Ma il conto lo pagano e lo pagheranno le famiglie italiane.
3. Cinque Stelle e Lega hanno passato la scorsa legislatura a inveire contro i premier non eletti. E hanno proposto un premier che non era mai stato eletto in Parlamento, in Regione, in Comune, in Europa. Mai eletto da nessuna parte, nemmeno nel consiglio pastorale (se fosse stato eletto lì, lo avrebbe sicuramente messo nel curriculum alla voce “rilevanti esperienze ecclesiastiche”). Tutto perfettamente e costituzionalmente legittimo. Ma allora perché tante polemiche in passato?
4. Questo premier non eletto era alla testa di una coalizione che non si era presentata insieme alle elezioni. Perché quelli che oggi chiedono “Rispettate il Popolo” dovrebbero ricordare che il Popolo sulle urne aveva trovato la Lega insieme a Berlusconi, non insieme a Grillo. Era accaduto anche nel 2013 con PD, NCD, Scelta Civica. Solo che allora i grillini e i leghisti lo chiamavano “Inciucio”, oggi lo hanno chiamato “Contratto”.
5. Alle Elezioni del 4 marzo nessuno aveva proposto l’uscita dall’Euro. Non c’è nessuna maggioranza tra gli italiani che si sia espressa a favore dell’uscita dall’Euro. Gli unici due esponenti che hanno ipotizzato questa ipotesi sono stati i parlamentari leghisti Bagnai e Borghi. Bagnai è stato sconfitto nel collegio di Firenze dal sottoscritto. Borghi è stato sconfitto nel collegio di Siena da Padoan. Chi vuole uscire dall’Euro lo deve dire prima delle elezioni, non dopo.
6. Ipotizzare l’uscita dall’Euro, con un piano B studiato anche dal candidato Ministro, ha creato un disastro finanziario per l’Italia. L’ipotesi di non restituire 250 miliardi di Euro di debito pubblico, l’idea di creare una sorta di moneta parallela ha dato l’idea di un Paese allo sbando. Il Presidente della Repubblica ha esercitato le sue prerogative costituzionali come tutti gli altri suoi predecessori hanno fatto in più di una circostanza e io ne sono testimone anche personale. La Costituzione va almeno letta.
7. Mattarella era pronto a firmare la nomina per il Ministero dell’Economia per il braccio destro di Salvini, Giorgetti. Ma la Lega non ha voluto. Savona ha un curriculum diverso dall’identikit del grillo-leghista: banchiere di lungo corso, uomo che ha partecipato ai convegni Bilderberg, esponente della finanza internazionale, professionalmente coinvolto in vicende come Impregilo, il ponte sullo Stretto, il Mose di Venezia. Perché Giorgetti no e Savona sì? Cosa c’è sotto? Salvini ha usato questa vicenda come alibiperché preferisce fare campagna elettorale sulla pelle degli italiani, ma non vuole governare.
8. Di Maio ha proposto la messa in stato d’accusa del Presidente Mattarella. Lo ha fatto dopo aver ripetuto per tutta la settimana che sui ministri “decide il Presidente della Repubblica”. Che cosa è accaduto? Perché Di Maio ha cambiato idea? Tutto nasce con Salvini che scrive su Facebook “Sono davvero arrabbiato” e Di Maio si affretta a mettere il “Mi piace”. Più che la Terza Repubblica, questi due sembrano in Terza Media.
9. Si andrà molto presto alle Elezioni, frutto dell’incapacità di governare di Lega e Cinque Stelle. Sarà una battaglia incredibile tra chi vuole uscire dall’Europa e chi vuole un’Italia forte ma dentro l’Europa. Sarà una battaglia tra chi combatte sulla base di fake news e chi porterà numeri, fatti, argomenti. Sarà una battaglia tra chi mette in discussione l’appartenenza atlantica dell’Italia e chi non vuole cambiare una linea di politica estera che l’Italia segue da 70 anni. Sarà una battaglia tra chi scommette sull’antipolitica e chi crede nella politica.
10. Il PD non deve perdere neanche un secondo a litigare, ma offrire un’alternativa credibile. Repubblicana. Se gli estremisti vinceranno l’imminente sfida elettorale il conto lo pagheranno le famiglie, i piccoli imprenditori, i giovani, i pensionati, il popolo. E non si deve aver paura di sfidare a viso aperto i diffusori di bugie spaziali. Loro hanno i social e i talk, noi dovremo chiamare a raccolta più persone possibili anche al di fuori della stretta cerchia politica. Da oggi deve partire il coinvolgimento di tante persone che vedono il rischio che l’uscita dalla casa comune europea distrugga il futuro dei nostri figli. Casa per casa, porta a porta, piazza per piazza.
Se l’Italia all’improvviso torna a rischiare non è colpa dell’arroganza di qualche cancelleria europea, ma dell’incompetenza di qualche aspirante statista italiano. Siamo più forti delle nostre paure. Rimettiamoci in gioco, tutti insieme. E salviamo l’Italia, i suoi risparmi, i suoi valori. Il suo futuro.
Un sorriso, sempre e comunque
Matteo