Governo: sì a Nordio, no ai tagli alla cultura

Le attività ed i successi che portiamo avanti dipendono dall'impegno di ognuno di noi. Ogni contributo è importante.
dona italiaviva

colloquio con Matteo Renzi di Laura Cesaretti per "il Giornale"

Senatore Matteo Renzi, avete plaudito il programma annunciato dal ministro Nordio su tre caposaldi: separazione delle carriere, no alle intercettazioni a strascico e all'ipocrisia dell'obbligatorietà dell'azione penale. Appoggerete il governo su questo?

«Se Nordio sarà lasciato libero di andare per la sua strada, seguendo le sue idee liberali, noi saremo con lui. E voteremo sì alla riforma come ha detto in aula l'altro giorno Enrico Costa. Speriamo che il Guardasigilli abbia la forza di andare fino in fondo».

Pm, magistratura associata, sinistra populista hanno subito dichiarato guerra alla linea garantista di Nordio, col Pd a ruota. La stupisce?

«Che quelli di Magistratura Democratica siano contro Nordio è ovvio. Nello Rossi, l'ideologo di MD, disse al vostro giornale che ci voleva il 'cordone sanitario' contro di me. Stupisce però il PD: vederli togliere dal Pantheon Beccaria e metterci Travaglio fa male al cuore».

Il governo Meloni ha secondo lei il fisico per resistere alle pressioni manettare?

«Se vuole avere un domani, deve mollare le sue idee giustizialiste e sovraniste. Spero che Salvini e soprattutto Berlusconi aiutino Meloni a scegliere la strada del garantismo. Il Cavaliere può essere decisivo perché nessuno stavolta potrà dire che ci sono norme ad personam. E sulla caratura morale di Nordio nessuno può avanzare dubbi, men che mai un azzeccagarbugli come Giuseppe Condono Conte o un ideologico pm d'assalto come Scarpinato».

La sinistra accusa voi del Terzo Polo di voler dare una mano al centrodestra sulla manovra. Come stanno le cose?

«Il centrodestra non ha bisogno di noi e noi non lo vogliamo aiutare: restiamo all'opposizione. Ma se Meloni vuole davvero fare la patriota ci ascolti e cancelli il reddito di cittadinanza per tornare al Rei. Rimetta in piedi l'unità di missione sul dissesto idrogeologico. Rilanci la nostra Industria 4.0 anziché inventarsi strani tavoli di lavoro».

Perché ha accusato Meloni di voler «buttare via» i 37 miliardi del Mes sanitario?

«Mancano i soldi per la sanità. Nella legge di bilancio hanno messo solo 2 miliardi, che bastano a malapena per l'aumento delle bollette. Oggi la Ue ci offre un assist fantastico: 37 miliardi per liste d'attesa, infermieri, ricerca sui monoclonali. E noi che facciamo? Diciamo di no perché Meloni e Conte sono contrari. Ma dai! Io mi auguro che la premier torni sui suoi passi e diventi davvero una leader conservatrice europea. Per farlo deve smetterla con la narrazione complottista sul Mes. Lo farà? Vedremo».

Avete lanciato una petizione per mantenere 18 App, che il centrodestra vuole abolire. Ma non aveva detto «basta bonus»?

«Non è un bonus, anche se tutti lo chiamano Bonus Renzi. É l'unica misura che funziona per aiutare la cultura ed educare i giovani. Come si fa a cancellarla proprio quando in Europa ce la copiano? Ci sarà una sollevazione popolare e il governo farà marcia indietro. E non a caso la nostra petizione vola. La Meloni tagli i sussidi farlocchi anziché i 200 milioni ai diciottenni che preferiscono la cultura ai social».

Il dibattito congressuale del Pd sembra incentrato sul tasso di «renzismo» che candidati e correnti si rinfacciano. Come spiega questa ossessione?

«Sono imbarazzanti. Parlano di me per non parlare di sé. Da quando ho lasciato la segreteria sono passati tre segretari. Eppure tutti si confrontano sul renzismo, specie quelli che mi adulavano e che ora fingono di essere appena atterrati da Marte. La verità è che un congresso vero sarebbe quello dove si scontrano garantisti contro giustizialisti. Non renziani contro ex. Ma se lo facessero finirebbe con una nuova scissione».

La scintilla della rivoluzione d'ottobre, l'anticapitalismo, l'anatema contro il presunto «neoliberismo»: la stupisce la regressione verso il passato comunista del Pd?

«No. Mi fa stare bene. Perché mi dimostra che ho fatto bene ad andarmene. Non sono io che ho cambiato idea. Io ho cercato di cambiare il Pd. Ma non ho permesso al Pd di cambiare me. Se non vogliono essere liberal-democratici va bene. Ma il dibattito su Lenin e il turboliberismo se lo facciano da soli».

Come spiega la sindrome sado-maso dei Dem nei confronti di Conte? Più li bullizza e più gli corrono dietro...

«Non me la spiego. Ma mi convinco sempre più che mandando a casa Conte per Draghi abbiamo salvato il paese. E anche, persino, l'onore del Pd che allora diceva 'O Conte o morte'. Conte dice che gli imputo il mio insuccesso: è vero il contrario. Per me il suo nome si associa al mio successo più grande: averlo mandato via da Palazzo Chigi per portarvi Draghi».

Chi vincerà il congresso Pd secondo lei?

«Vince Bonaccini, lo sanno anche le pietre. Quello che faranno dopo è un problema loro, non mio. Fortunatamente. Noi intanto siamo partiti con la federazione assieme a Carlo Calenda e puntiamo a sorpassare il Pd, non a commentarlo».

Vicenda Autogrill: ha annunciato un nuovo esposto, perché?

«Ho scritto un libro, Il Mostro, che pur essendo tra i più venduti non ha ricevuto una sola querela. 252 pagine, zero smentite. Sulla vicenda Autogrill andremo fino in fondo. Chiederemo l'accesso alle telecamere dell'autogrill e all'originale del video, E vedremo se la Rai paga per avere un servizio pubblico o no. Presto tutto sarà più chiaro. Se poi qualcuno avesse violato il segreto di Stato pur di attaccarmi, beh, mi spiace per lui: è un reato punito con grande severità. Chi pensa di impaurirmi non mi conosce. Io non urlo: io faccio ricorsi. Alla fine sarà chiaro a tutti anche ai miei nemici che il Mostro non sono io».