Renzi: «Europa a un bivio: o rilancia o è finita. A Roma i grandi eventi per lo sviluppo»
Intervista a Matteo Renzi per «Il Messaggero» del 6-06-2024
Senatore Renzi perché gli Stati Uniti d'Europa?
«Perché l'Europa è a un bivio. O rilancia o siamo finiti. Il mondo è troppo grande perché i singoli paesi europei possano essere protagonisti. Salvini dice meno Europa, noi diciamo Stati Uniti d'Europa. il voto di sabato e domenica è su questo, non sulle beghe interne italiane».
Cosa si aspetta dal risultato elettorale?
«Una maggioranza europeista a Strasburgo. Quanto a noi credo che la lista Stati Uniti d'Europa eleggerà tra i quattro e i sei parlamentari europei. E saranno decisivi negli equilibri di Renew Europe e dunque del Parlamento».
Chi vede a guida della Commissione europea?
«Temo Ursula von Der Leyen, ma spero Mario Draghi. Ursula è la candidata uscente inspiegabilmente sostenuta da Forza Italia. Ursula ha esagerato con l'ideologismo ambientalista e così facendo è stata la principale avversaria delle piccole e medie imprese: mi sorprende che proprio il partito che fu di Berlusconi sostenga una figura di questo genere».
Esiste la carta Draghi?
«Sì. Anche se la negano tutti. Ma lei ricorderà che anche quando abbiamo mandato a casa Conte e portato Draghi a Chigi a parole tutti dicevano che era impossibile».
Andrebbe bene anche Tajani?
«Da italiano sarei felice. Ma sinceramente non è al livello di Draghi. È vero che talvolta per questi lavori europei una certa mediocrità aiuta, ma immaginare Tajani meglio di Draghi significa avere una fervida fantasia».
Se verrà eletto, quale sarà il suo ruolo in Europa?
«Voglio essere la voce delle aziende italiane in Europa: non è possibile che si facciano politiche anti impresa come è stato fatto in questa legislatura. E vorrei essere la voce dei territori. Mi colpisce l'atteggiamento di chi come Schlein, Calenda, Meloni si candida per le elezioni europee dicendo da subito che in caso di elezione non andranno a Bruxelles. Mi sembra una cosa gravissima. Un insulto al gioco democratico. Se i candidati eletti non vanno a fare il loro lavoro, perché i cittadini elettori dovrebbero andare a votare? Io sono l'unico leader che se eletto andrà davvero in Europa».
Essendo candidato in Italia centrale, parliamo anche di Roma: condivide la battaglia per dare alla Capitale i poteri di una Regione?
«Si. Roma capitale al momento è uno slogan privo di un reale potere. Alla città mancano i grandi eventi come avrebbero potuto essere le Olimpiadi. Se penso che questi potevano essere i mesi dei Giochi Olimpici e invece Parigi gode e noi piangiamo mi mangio le mani pensando a quanti danni hanno fatto a questa città i Cinque Stelle. Ma i prossimi anni potrebbero essere magici per la Capitale, specie se il Giubileo prima e gli investimenti già previsti poi andranno avanti nella giusta direzione. Sono ottimista sulla crescita economica dl Roma e dunque a maggior ragione rilancio sulla necessità di una svolta istituzionale».
Su questo è disposto a fare fronte comune con il centrodestra ed eventualmente con le altre forze politiche?
«Sì, sia centrodestra che centrosinistra. Le buone idee vanno sostenute chiunque sia al Governo».
Giustizia: a favore della separazione delle carriere?
«Sì. Ma questo Governo dopo due anni non ha fatto nulla se non dichiarazioni e annunci. La Meloni e i suoi ministri - compreso il mio amico Nordio, purtroppo - hanno scambiato Twitter per la Gazzetta Ufficiale. Loro pensano che basti un post e tutto è risolto. Ma i post non hanno forza di legge e spero che prima o poi anche il Governo lo capisca. Servono riforme davvero, non annunci elettorali. Ieri la separazione delle carriere, oggi le liste d'attesa, domani chissà cosa».
E sul premierato, visto che la sua proposta è sempre stata quella del "sindaco d'Italia"?
«Se la destra proponesse il sindaco d'Italia, io lo voterei. Ma quello della Casellati è un obbrobrio giuridico e un controsenso istituzionale. Non c'è un solo professore che giustifichi questo modello nato dall'esigenza di accordare le varie componenti della maggioranza: è uscito uno schifezzellum invotabile. Torniamo al sindaco d'Italia, dico io. O in alternativa facciamo il semipresidenzialismo alla francese con l'elezione diretta del Presidente della Repubblica. A me va bene anche questo, in linea peraltro con la storica proposta della sinistra riformista. Se Meloni fa una proposta seria la votiamo. Se si va avanti con lo Schifezzellum no».
Se dovesse dare un consiglio alla premier Meloni?
«Non buttare 850 milioni di euro da regalare all'Albania per i migranti. No, non ha senso. Mandiamo i ragazzi a lavorare, se sono in grado di farlo. E affermiamo il principio, semplice ma necessario, di legge e ordine. Chi vuole rispettare le regole e lavorare è il benvenuto. Chi delinque paga. Invece Meloni ha uno sguardo ideologico: regala soldi all'Albania. Ma che assurdità! Quegli 850 milioni di euro dovrebbero essere dati alla sanità italiana, a cominciare da infermieri e medici».
E a Schlein?
«Fai chiarezza sulla linea del partito. Oggi nel Pd ci sono quelli che vogliono sciogliere la Nato e quelli che vogliono il contrario. Quelli contro il Jobs Act e quelli favorevoli. Tutto e il contrario di tutto. Questo funzionerà per le europee perché ciascuno sceglierà i propri candidati. Ma in prospettiva serve una linea politica chiara: non si manda a casa la Meloni soltanto criticandola ma costruendo l'alternativa».
Esiste uno spazio riformista in Italia?
«Sì, mi sembra evidente. Ed è lo spazio che farà vincere gli uni o gli altri alle prossime politiche. Occhio a non sottovalutarlo. Se sono veri i dati che leggiamo in queste ore, da lunedì la lista Stati Uniti d'Europa sarà il perno attorno al quale rilanciare il riformismo anche in Italia».
Tornando all'Europa: quali sono le priorità per la nuova commissione?
«Pace giusta, salute, innovazione».
Soldati a Kiev come vorrebbe Macron, sì o no?
«No. Prepariamo l'esercito europeo e inviamo le armi. Ma la vera sfida è una pace giusta da costruire sul campo e con la diplomazia».
E come si arriva alla pace, sia in Ucraina che in Medio Oriente?
«Con la politica. I populisti infatti hanno fallito. È per questo che dico che serve fare l'accordo con i paesi arabi riformisti per la Terrasanta e nominare un inviato speciale per l'Ucraina».
Il Green deal è da mettere da parte?
«Per come è scritto oggi, sì. Serve un documento completamente diverso basato sulla realtà e non sull'ideologia».