Renzi: "i fondi che da premier ho stanziato per l'Abruzzo? Pochi cantieri e lavori fermi"

L'intervista a Matteo Renzi per «Il Centro» del 20-05-2024

di Domenico Ranieri

Una trottola. Su e giù per l'Italia. A raccontare la sua visione di Europa. Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, non si concede pause in questa lunga corsa elettorale e ripropone il suo mantra, che coincide con il nome della lista: Stati Uniti d'Europa. Oggi arriva a Pescara - appuntamento alle 18 all'auditorium Petruzzi - con il duplice obiettivo di lanciare i progetti della lista e allo stesso tempo sostenere la candidatura a sindaco della città di Gianluca Fusilli.

Senatore Renzi, lei si rimette in gioco in una elezione, quella delle Europee, non proprio facilissima: la scommessa degli Stati Uniti d'Europa e l'ultima posizione in lista. Cosa si aspetta?

«La nostra lista andrà benissimo e le spiego il perché. Siamo gli unici che se eletti, andranno davvero in Europa. Gli altri leader, Meloni, Tajani, Schlein, Calenda si candidano dicendo già che non andranno a Strasburgo: la verità è che stanno truffando gli italiani, sono dei ladri di democrazia. Gli altri mettono nel simbolo un nome: noi nel simbolo abbiamo un sogno, quello degli Stati Uniti d'Europa. In un mondo che brucia, con conflitti che esplodono dal Medioriente all'Ucraina, l'Europa non tocca palla, è assente. Noi vogliamo che invece faccia sentire la sua voce».

Senatore, lei punta molto sul fatto che l'Europa sta perdendo potere politico ed economico rispetto alla Cina, alla Russia e alle altre grandi potenze asiatiche. In più, c'è Il sostanziale abbandono della presenza strategica nel continente africano che non lascia presagire niente di buono. Ci dice come sarà possibile riportare l'Europa nel posto che merita sullo scenario internazionale?

«Servono gli Stati Uniti d'Europa. Serve un cambio di passo: elezione diretta del Presidente della Commissione, abolizione del diritto di veto, liste transnazionali. All'Europa serve più democrazia, più politica, meno burocrazia. Devono essere i cittadini a contare, non i burocrati. Lavoreremo inoltre perché Ursula von der Leyen non sia rieletta: ha fallito su tutta la linea. E faremo il possibile per contribuire a portare Mario Draghi a capo della Commissione o del Consiglio».

Il centro della politica italiana è molto frazionato: una parte guarda al centrodestra facendo perno soprattutto su Forza Italia, un'altra fatica a restare dentro al Pd da quando Elly Schlein ha spostato a sinistra il partito. Non si rischia di polarizzare il consenso verso i partiti più rappresentativi?

«Le elezioni europee sono elezioni che si tengono con il sistema proporzionale: questo rischio non esiste. O per lo meno non c'è per noi degli Stati Uniti d'Europa, che siamo dati stabilmente sopra al quorum. Chi si sente tradito da una Forza Italia che ha ormai abbandonato ogni ispirazione liberale per inseguire i sovranisti di Giorgia Meloni, può scegliere di votare la lista Stati Uniti d'Europa. Lo stesso vale per riformisti che non si riconoscono nel Pd di Elly Schlein, che credono nel lavoro e non nel Reddito di cittadinanza».

Il referendum della Cgil sul Jobs Act, legge approvata sotto la sua segreteria nel Pd, vede Elly Schlein come firmataria. E questo ha provocato un po' di mal dl pancia tra i riformisti del Pd. Lei pensa che basti per spostare una fetta di Partito democratico verso altri lidi?

«Il fatto che Elly Schlein abbia firmato i referendum contro il Jobs Act significa che la segretaria del Pd ha firmato per abolire una legge voluta e votata dal Pd. Paradossale, ma almeno c'è chiarezza: loro stanno dalla parte dei sussidi, noi dalla parte del lavoro. Mi chiedo solo come i riformisti possano ancora votare per il Pd. La verità è che scrivi sulla scheda Schlein, ma voti Cgil».

I suoi vari tentativi di ricostituire un'ampia aggregazione centrista si sono infranti di fronte a qualche personalismo di troppo. I rapporti burrascosi con Calenda hanno determinato la fine del Terzo Polo. È proprio impossibile costruire un centro che determini le scelte politiche italiane future?

«Carlo Calenda ha rotto il Terzo Polo per ragioni che nulla hanno a che fare con la politica. Gli abbiamo chiesto di aderire alla lista Stati Uniti d'Europa, insieme agli amici di +Europa, ai Libdem, ai socialisti e altri. Calenda ha preferito una corsa in solitaria per motivi che nulla hanno, di nuovo, a che fare con la politica. Il rancore per noi non può essere una categoria della politica».

Torna in Abruzzo, a Pescara, oltre che per le Europee, anche per sostenere Gianluca Fusilli come aspirante sindaco. Presentarsi da soli in una competizione comunale non è un salto nel vuoto?

«Innanzitutto sono stato a Pescara da Presidente del Consiglio, quando sottoscrivemmo il Masterplan. 1,6 miliardi per l'Abruzzo. Una grande dotazione arrivò a Pescara. Per fare un paragone, la nuova programmazione del Governo Meloni stanzia 300 milioni in meno. Finanziammo l'allungamento della pista aeroportuale, le opere sul porto, su scuole e depurazione. In alcuni casi hanno aperto i cantieri prima delle elezioni regionali, vedi il caso dell'aeroporto, in altri dopo tutti questi anni sono ancora purtroppo tutti fermi. Quanto a Gianluca Fusilli, non si tratta di un salto in avanti: la nostra lista e il nostro bravo candidato vogliono rendere Pescara una città europea. E non sei in Europa senza alta velocità ferroviaria, con un aeroporto senza collegamenti strategici, con un fiume in abbandono, senza avere un collegamento con l'altra sponda dell'Adriatico».

Che idea si è fatto di Pescara in vista della fusione con Montesilvano e Spoltore?

«Pescara può candidarsi a essere una Barcellona sull'Adriatico, con il suo mare, il fiume, l'Università. il problema è che non basta sommare carte di identità e mura: se la fusione va avanti così sarà un fallimento. Serve una comunità connessa, dove nessuno si senta periferia».

Parliamo di Superbonus. Italia Viva ha votato contro il decreto del Governo. In Abruzzo, in particolare, si registra un particolare interesse, vista la situazione della ricostruzione post-sisma. Un errore il Superbonus al 110%, un errore toglierlo o un po' tutti e due?

«Italia Viva ha votato contro la fiducia al Governo: noi pensiamo che il disastro del Superbonus sia stato provocato dal governo Conte, ma che il governo Meloni su questo tema non abbia per nulla le idee chiare. Il problema è a monte: la norma è scritta malissimo. È uno dei disastri populisti di Giuseppe Conte. E a rimetterci sono imprese e cittadini che avevano fatto giustamente affidamento sullo Stato. Si dovevano salvaguardare i territori feriti come l'Abruzzo, non sperperare milioni, finiti anche nelle mani di truffatori, come è capitato con i bonus edilizi».

L'alleanza larga del centrosinistra intorno alla figura di Luciano D'Amico alle regionali in Abruzzo non ha prodotto i risultati sperati. Lei ritiene che sia un modello comunque da replicare?

«Non ci sono modelli: Italia Viva sui territori ha sempre scelto di sostenere il candidato che a nostro giudizio era il migliore per i cittadini. In Basilicata stiamo con Bardi, in Abruzzo abbiamo scelto di sostenere D'Amico».