Renzi: "Il salto di qualità ora o mai più. Facciamo adesso le scelte che servono all'Italia"

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Intervista di Annalisa Cuzzocrea, "la Repubblica", 4 ottobre 2020.  

«La crisi economica dovuta al Covid durerà ancora minimo un anno», dice Matteo Renzi. Per questo, «o la politica si muove, o arrivano i tecnici». «Mettiamoci attorno a un tavolo - propone il leader di Italia Viva - in un eremo o a Palazzo Chigi, non importa. Purché alla fine di lì si esca con le scelte finali su lavoro, Mes, Autostrade, Ilva, Recovery Fund, legge elettorale, infrastrutture. E quel patto poi si scolpisca nella pietra».

Una verifica di governo, avremmo detto un tempo. È questo che chiede?
«Espressione vecchia ma è ciò che serve. Non possiamo andare avanti di emergenza in emergenza solo contro Salvini. O si fa il salto di qualità ora, o mai più».

Come si fa il salto? Con un rimpasto che rafforzi la squadra? O senza Conte?
«Conte non è in discussione. Il tavolo per decidere che fare è un dovere morale verso il Paese. Decidere chi deve fare quelle cose, rafforzando eventualmente la squadra, è conseguenza, non premessa, del tavolo politico. La questione riguarda soprattutto la leadership del Pd. Se il segretario Zingaretti accettasse di entrare al governo la maggioranza sarebbe più forte».

Vuole entrarci anche lei?
«No. Tocca al Pd: a Zingaretti o al limite al vicesegretario Orlando. Ma prima la politica, poi i nomi».

Per fare cosa? Un contratto di governo come quello del Conte 1?
«Non ho paura a usare questa espressione. Il problema del Conte 1 non era l`idea del contratto, ma il suo contenuto. Bisogna cambiare i decreti sicurezza, bene la svolta di Conte su quota 100, ottimo il nuovo posizionamento in Europa dietro alla Merkel e non ai gilet gialli. E se non vogliono cancellare subito il reddito di cittadinanza iniziamo col rimandare a casa Mimmo Parisi, il capo di Anpal. Lui è il responsabile del fallimento dei navigator. rimandiamolo di corsa in Mississippi. Se serve gli pago il biglietto aereo purché sia solo andata».

Per governare, più che un contratto, serve una visione comune. Lei, il Pd e i 5 stelle non l'avete su molte cose, tanto che si temono inciampi al Senato a partire dal Mes.
«Capisco la critica e per questo propongo il tavolo. No, il governo non salterà. La sua migliore garanzia viene da una opposizione che ci vorrebbe fuori dall'Europa. Salvini ha tentato due spallate: prima al Papeete, poi in Toscana, dimostrando tra l'altro la sua miopia politica perché avrebbe potuto intestarsi il successo nelle Marche e invece si lecca le ferite toscane. Lo abbiamo fermato due volte su due e io sono orgoglioso di aver contribuito a bloccare i "pieni poteri"».

Quindi, sul fondo salva-Stati che Zingaretti torna a invocare e di cui i 5 Stelle non vogliono sentir parlare, come risolvete?
«Se diciamo che siamo in emergenza allora non possiamo rinunciare al Mes: è logica, prima ancora che politica. Ma più in generale serve un comune approccio sui fondi europei, anche Sure e Recovery Fund. Qualcuno ignora che questi soldi ci sono solo se facciamo progetti e riforme? Che stiamo aspettando? Riuniamo questo tavolo e parliamo. Il tavolo ci servirà anche per l'individuazione del candidato presidente della Repubblica tra 15 mesi: serve un europeista, non un sovranista. E a spendere bene i 100 miliardi netti del Recovery».

Ne sarete capaci? La Francia ha presentato il suo piano settimane fa. Noi non abbiamo ancora cominciato e già si parla di una nuova commissione.
«Ho mandato un messaggio a Macron per fargli i complimenti. Ora tocca a noi, ma per questo serve la politica, non un'altra commissione o una task force. Sono certo che sia Zingaretti che Di Maio - oltre a Conte - siano consapevoli della sfida che abbiamo di fronte».

Cita sempre Di Maio, anche se non è più il leader M5S.
«Zingaretti ha vinto le Regionali, Di Maio ha vinto il referendum, Conte è il capo del governo. E noi siamo decisivi al Senato. Questa è la realtà. Siamo costretti ad andare d'accordo, costretti in nome del patriottismo democratico».

Ci riuscirete, nonostante la crisi che stanno vivendo i 5 Stelle?
«Io non dico nonostante, dico proprio per la crisi che stanno vivendo dobbiamo fare il tavolo adesso. C'è uno scontro interno tra Movimento e piattaforma Rousseau? Era impossibile prevederlo fino a qualche mese fa, ma è un problema loro. Potrei stare qui a fare l'elenco delle cose che ci hanno tirato dietro e si stanno rivelando boomerang, dalle auto blu alle coalizioni, ma non mi interessa perché la maggior parte dei 5 Stelle vuole andare avanti nella legislatura e non ricadere nel sovranismo. Noi e il Movimento siamo "amici per errore", come canta Tiziano Ferro: faccio i conti con la realtà, è così che si fa politica».

La legge elettorale doveva essere pronta prima del referendum, ma è in alto mare. Si litiga sulla soglia di sbarramento, al 3 o al 5%. Lei ha detto più volte di non credere al proporzionale. Cosa propone?
«Italia viva preferisce il maggioritario: collegi, doppio turno e sapere il giorno delle elezioni chi ha vinto. Se però vogliono il proporzionale non facciamo le barricate e va benissimo il 5%».

Non il 3%?
«No, perché alimenta la frammentazione. Però servono le preferenze. Se c'è il proporzionale servono le preferenze, non si scappa. Se vogliono i collegi serve il maggioritario».

Italia Viva ha percentuali molto basse. È un progetto fallito?
«Abbiamo preso il doppio di quello che ci davano i sondaggi: il 5% anziché il 2.5. Un buon inizio. Ma già dalle amministrative del 2021 vogliamo fare meglio dei Cinque Stelle e diventare il secondo partito della coalizione».

Ci sono suoi parlamentari pronti a tornare nel Pd, uno l'ha già fatto.
«Se qualcuno vuole tornare nel Pd, per garantirsi un seggio sicuro, gli dico vai pure. Perché se fa una scelta del genere significa che ha un'idea di politica diversa dalla mia».

Non è che sarà lei a tornare nel Pd, come ha detto Stefano Bonaccini?
«No. La strada oggi è lavorare insieme, per fare le scelte giuste in risposta alla crisi. Abbiamo bisogno di fare un viaggio per due anni e mezzo nella stessa carrozza, dico 'organizziamoci'. Perché gli altri staccherebbero dalla locomotiva europea il vagone italiano. È il momento di mettere da parte le ripicche ed essere patrioti. Chi dice no, diserta».

E l'idea che per lei sia pronto un posto da segretario generale della Nato, se negli Stati Uniti vincerà Biden?
«Quest'ipotesi non è sul tavolo. Credo che la Nato abbia bisogno di un profondo ripensamento e condivido Macron quando evoca, rispetto ai rapporti con la Turchia, la morte cerebrale dell'alleanza atlantica. Ma gli Stati Uniti sono giustamente impegnati su altre vicende e il cambio del segretario generale sarà nel novembre del 2022. Lavoro per avvicinare i giovani alla politica e fare bene alle prossime amministrative. Nel frattempo parliamo di posti di lavoro e di capitale umano, non di voli pindarici».