Renzi: «La battaglia di Conte è contro i dem. Noi siamo l'opposizione, lui la stampella»
Intervista a Matteo Renzi per «La Stampa» e «Il Secolo XIX» del 27-09-2024
di Alessandro Di Matteo
Il leader IV: "Siamo disponibili a un'alleanza per vincere ma non ce lo ordina il dottore”. E sulla tv pubblica: "La scelta Pd era condivisa, ma loro si sono buttati su una poltrona".
Ne ha per tutti Matteo Renzi, il leader Iv critica la premier e il governo, giudicati troppo assenti sui grandi dossier internazionali, ma polemizza soprattutto con M5s, dopo la rottura del "campo largo" sulla Rai. «Conte fa la stampella», accusa, aggiungendo di non sapere «se noi e i Cinque stelle riusciremo a convivere».
La situazione internazionale è sempre più inquietante: Israele ha aperto il fronte nord col Libano, Putin parla di nuovo di bombe atomiche. Dell'Ue non c'è traccia, il monito di Draghi sul rischio di un declino dell'Europa è caduto nel vuoto?
«Vengo da una settimana a New York, il clima internazionale è pessimo, l'Europa non esiste. Ecco perché aveva un senso lanciare un messaggio per gli Stati Uniti d'Europa. Invece a Bruxelles governa la tecnocrazia e manca la politica. Speriamo che il report di Draghi non finisca nella polvere di qualche cassetto a Bruxelles».
Di fronte a questa escalation, davvero si può sperare che con le elezioni Usa la situazione cambi?
«Manca ancora tempo prima del cambio alla Casa Bianca, non credo che in Terra Santa si possa far finta ancora di nulla. Per me serve lavorare da subito a un accordo complessivo nel quale coinvolgere tutti i Paesi di buona volontà, a cominciare dai riformisti arabi. L'unica soluzione è "due popoli, due stati". Non è un caso che in prima fila contro questa soluzione ci siano gli estremisti, a cominciare dagli iraniani. La cosa incredibile è che l'Italia avrebbe la presidenza del G7 ma non ho sentito una sola idea o proposta arrivare da Tajani: troppo occupato con le correnti di Forza Italia».
Meloni stringe un sodalizio con Musk, che è l'emblema di un fenomeno preoccupante: privati cittadini che ormai dispongono di risorse, tecnologie e infrastrutture a volte superiori a quelle di singoli stati. Non è un problema questo, per chi fa politica?
«È vero che alcune aziende hanno budget più rilevanti dei singoli stati: per questo bisogna studiare nuove formule di partnership pubblico privato. Ma non mi pare questo il punto: il problema è che Giorgia usa il rapporto con Musk non per aumentare posti di lavoro in Italia, cosa per cui applaudirei la premier, ma per far crescere i like su X. Si comporta come una influencer non come una statista. E d'altronde Musk nel suo privato rappresenta l'opposto di quello che il Governo Meloni vuole fare: Musk usa vari tipi di droga, questi chiudono il settore della cannabis. Musk paga per l'utero in affitto, pratica che il Governo pensa di rendere crimine universale. Musk scommette sull'auto elettrica, Salvini dice che l'auto elettrica distrugge le aziende italiane».
Veniamo all'Italia: sulla Rai il campo largo è andato in pezzi. Lei sta col Pd e Iv non ha votato il cda, Conte dice che le battaglie si fanno dall'interno. Sicuri che chiamarsi fuori sia la scelta migliore?
«La scelta del Pd era condivisa da tutti. Poi Conte si è tirato indietro perché lui è così: quando vede mezza poltrona ci si butta. Noi facciamo opposizione, Conte fa la stampella. E per un posto in cda va bene allearsi con chiunque. Del resto è la sua storia a dire questo: premier con Salvini e poi con Zingaretti, alleato del Pd ma complice di Fratelli d'Italia. I Cinque stelle erano un partito contro il sistema, oggi pur di sistemare qualcuno si alleano con chiunque».
Però la legge in vigore fu fatta quando lei era al governo, perché oggi lei è schierato per la riforma? E come si rende la tv pubblica autonoma dai partiti?
«Non prendiamoci in giro. La riforma della Rai del 2015 dava più poteri all'azionista e meno ai partiti. E dava un posto ai dipendenti nel cda, prima volta in Italia. Se questa legge non va bene, cambiamola. Però niente ipocrisie per favore. Io non ho usato questa legge. Conte, Draghi, Meloni sì. Ora se Conte riteneva questa legge un'offesa alla democrazia perché non l'ha cambiata quando poteva farlo?».
La raccolta di firme sui referendum è andata bene, ma riuscirete a raggiungere il quorum quando si voterà?
«Vediamo. Intanto noi faremo una grande campagna contro la burocrazia perché questo è il tema del referendum sull'autonomia. Per la cittadinanza, per una questione di civiltà e contro l'atteggiamento dei grillini che ancora una volta fanno da stampella alla Meloni. E contro la cancellazione del Jobs Act. Sarà difficilissimo fare il quorum ma se accade, Giorgia rischia di andare a casa».
Le divisioni nel campo largo sono molte, su tanti temi. Riuscirete davvero a convivere voi e i 5 stelle?
«Non so se noi e i Cinque Stelle riusciremo a convivere. E non so nemmeno se i Cinque stelle si divideranno due stelle a mezzo con Conte e due stelle e mezzo con Grillo. La mia impressione è che Conte non voglia fare la battaglia contro Meloni ma contro il Pd. Quello che so è che noi siamo disponibili a creare un'alleanza per vincere. Ma non è che ce lo ha ordinato il dottore. Noi pensiamo al Paese e stiamo sui contenuti. Per esempio, stiamo con Harris e non con Trump. Noi vogliamo far cambiare passo al Paese ma senza rinnegare la nostra cultura riformista, il nostro impianto garantista».