Renzi: "O Governo forte o arrivano i tecnici. Dire no al Mes è un suicidio"

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Intervista di Tommaso Ciriaco, "la Repubblica", 28 agosto 2020.        

Presidente Matteo Renzi, qual è la posizione di Italia Viva sul referendum?
«Libertà di voto. Non condivido chi parla di attacco alla democrazia, ma neanche l'entusiasmo grillino sulla "svolta storica". Non è una svolta, è uno spot: taglia i i parlamentari, ma lascia intatti i problemi del bicameralismo perfetto».

Proprio quel bicameralismo perfetto che Di Maio, difende. Riformarlo non è una priorità, dice.
«Di Maio si sta impegnando sulla politica estera, dove è passato con profitto dal seguire i Gilet Gialli a Macron. Bene così. Sul diritto costituzionale, invece, ha ancora molto da studiare: solo in Italia abbiamo due Camere che fanno la stessa cosa. Puoi tagliare tutti i parlamentari che vuoi, ma allora devi cambiare le funzioni. Altrimenti hai un doppione. Confido che col tempo i 5S cambieranno idea anche su questo: dopo Tav, Tap, Olimpiadi, Euro, la figura di Mattarella, Macron e Merkel, manca solo il bicameralismo. Che vinca il Sì o il No, dal 21 settembre il punto sarà: quale modello istituzionale scegliamo? E torneranno in campo i nostri temi: bicameralismo, titolo V, Cnel. Passato questo referendum inutile, ci sarà da scrivere la vera riforma. Anche con l'opposizione, se ci sta».

Zingaretti ritiene che per votare Sì al referendum occorra una nuova legge elettorale proporzionale. E invece proprio voi la bloccate.
«A me non convince la relazione tra questa riforma costituzionale e legge elettorale».

Ma è contrario al proporzionale?
«Preferisco il maggioritario al proporzionale. Tuttavia rispetto la posizione del Pd. Noi proponiamo il modello del sindaco d'Italia: elezione diretta e maggioritario, più coerente con la nostra storia. Se però i dem e i grillini insistono sul modello tedesco, proporzionale, che ben si collega alle riflessioni di Goffredo Bettini, allora la riforma presenti anche - come in Germania - il superamento del bicameralismo paritario e la sfiducia costruttiva. Insomma: se si devono fare le riforme, facciamole bene».

Propone un patto?
«Siamo pronti a sbloccare subito i lavori della Commissione se c'è una visione organica. O maggioritaria, con doppio turno ed elezione del sindaco d'Italia. O sistema tedesco, con monocameralismo, sbarramento e sfiducia costruttiva. Nell'uno e nell'altro caso, occorre subito una riforma costituzionale vera: lasciamo gli spot ai populisti».

Non ha ancora detto se al referendum voterà Sì o No.
«Stavolta non ci casco: la personalizzazione del 2016 contro di me ha prodotto le mie dimissioni, ma soprattutto ha causato un danno al Paese. Con un sorriso oggi osservo le conversioni sulla via di Damasco di costituzionalisti e colleghi. Ed evito con cura la personalizzazione. Di certo il giorno dopo ci sarà bisogno di tornare ai temi della riforma del 2016. E io voglio lavorare insieme al Pd e a tutto il Parlamento per una vera riforma delle istituzioni».

Zingaretti vi richiama anche al patto di legislatura con Pd e 5S.
«Io non condivido l'alleanza strutturale tra dem e Movimento. Ho mandato a casa Salvini perché non volevo morire leghista, ma certo non voglio vivere grillino o giustizialista. In Liguria, a Sassari, a Pomigliano stanno insieme su una piattaforma filogrillina, noi corriamo da soli. Meglio soli che male accompagnati. E potremmo anche regalare sorprese, per esempio in Sardegna con l'avvocato Marras. Ma Zingaretti ha ragione quando pone il tema di come a livello nazionale Pd, 5S e Italia Viva imposteranno i prossimi tre anni. Su questo l'Italia si gioca molto».

Il governo si gioca molto anche prima, con le Regionali. Se i partiti di maggioranza perdono 4 regioni su 6 si rischia la crisi?
«No. Suggerisco a Conte, Zingaretti e Di Maio di evitare la politicizzazione fatta in Umbria, dove la foto di Narni è stata un atto di masochismo. Non politicizziamo queste elezioni: l'esempio di D'Alema vent'anni fa serva da monito. Si vota per i governatori, non sul governo».

Facile a dirlo. A proposito: il centrosinistra rischia in Toscana?
«Per me Giani vincerà bene. Come pure De Luca in Campania e spero - ma è più dura - Mangialardi nelle Marche. In queste regioni Italia Viva farà la differenza».

Parliamo del governo. Per mesi lei sembrava lavorare al cambio di Conte. Poi ha siglato una tregua con il premier. Adesso pensa sia meglio un governo di unità nazionale o andare avanti con Conte?
«Ci sono 200 miliardi da spendere, presi in Europa perché abbiamo mandato a casa Salvini e messo in minoranza i sovranisti: una mossa che mi è costata molto, ma che rivendico perché serviva al Paese. Ora questi soldi vanno spesi bene, in una cornice in cui la disoccupazione farà molto male. Da ottobre iniziano tempi durissimi. O c'è un esecutivo politico forte, come spero, o si farà strada l'ipotesi di un governo tecnico o di unità nazionale».

Lei pensa a Draghi? L'intervento al Meeting preannuncia un suo coinvolgimento nella politica nazionale? Lei lo auspica?
«Draghi è il nome più credibile, una riserva della Repubblica. E il suo discorso di Rimini è molto bello. Eviterei però di tirarlo per la giacchetta. Non adesso almeno. Il governo Conte ha rassicurato gli italiani durante il lockdown. Ora va capito se ha la forza di indicare una strada per il futuro. Noi lo sosteniamo, ma le risposte oggi devono venire da Chigi e dai ministeri: tocca a loro».

La riapertura delle scuole era la sua priorità, ma si registrano forti ritardi. Servirebbe un altro ministro al posto di Azzolina? E anche sui trasporti, come valuta liti e soluzioni "creative"?
«Ho chiesto a marzo di preparare la riapertura, mi hanno risposto che ero un pazzo e che era troppo presto. Adesso non accetteremo che si dica che è troppo tardi. Abbiamo buttato via mesi preziosi. Si sono riaperte le discoteche e non le università, abbiamo ripreso con il calcio ma non con la scuola. Questo è intollerabile».

Non mi ha risposto su Azzolina. E neanche su De Micheli.
«Diciamo che le pagelle degli studenti arriveranno alla fine dell'anno, quelle delle ministre invece il primo giorno di scuola. Mi faccia dire anche un'altra cosa».

Dica.
«Sono a Castrocaro con i ragazzi della scuola di formazione politica di Italia Viva: qui abbiamo fatto test sierologici, tamponi, usiamo la mascherina in classe. Perché la scuola pubblica non può usare lo stesso metodo? Anziché sprecare soldi sui banchi con le rotelle, servono test, personale medico, controlli. E poi il vaccino obbligatorio per tutti, quando sarà pronto e testato. A chi parla di vaccinazione facoltativa chiedo: siamo stati chiusi in casa per mesi tutti, in modo obbligatorio, e il vaccino lo fa solo chi ha voglia? Niente scherzi, grazie».

Servono molti soldi. Ma il governo non ha ancora deciso sul Mes, bloccato dai veti dei 5S mentre la pandemia si riaffaccia.
«La pandemia non va sottovalutata, ma il numero delle terapie intensive è stabilmente sotto quota 100: erano oltre 4 mila nei momenti difficili. Purtroppo ogni giorno muoiono 5 persone di Covid, ma non dimentichiamo che ne muoiono 500 di tumore e 400 di diabete...».

Paragone improprio: non sappiamo cosa accadrà in inverno.
«La malattia c'è e chi la nega è un buffone. Ma non lasciamoci stritolare dalla paura. Torno al Mes: credo che Conte debba battere un colpo. Dire no al fondo è un suicidio per un Paese indebitato. Che stiamo aspettando? Dal Mes capiremo che vuol fare Conte da grande. Se chiede il Mes significa che vuole guidare l'Italia. Se non chiede il Mes, significa che vuole guidare solo i grillini. A lui la scelta».