Renzi: "Un fallimento il centro migranti in Albania, usiamolo per gli albanesi detenuti in Italia"

Intervista a Matteo Renzi per «La Stampa» del 13-12-2024 

di Francesca Schianchi

Lo sciopero è un diritto costituzionale, pensare di metterlo in discussione è un'assurdità. Dopodiché, Landini abbassi i toni e Meloni alzi gli stipendi», interviene il fondatore di Italia viva Matteo Renzi sulla questione sciopero di oggi. Al ministro Salvini si è rivolto direttamente ieri in Aula al Senato: «Vista la quantità di ritardi, o lei ha sfortuna, o non è capace. O anche tutti e due». E gli ha fatto una proposta anticipata alla tv albanese.

Cioè?

«Siccome è evidente che i centri per migranti non si faranno, nelle strutture in Albania mettiamoci i duemila detenuti albanesi che sono in Italia. Recuperiamo 400 agenti di polizia e miglioriamo la condizione delle carceri sovraffollate, evitando di buttare i soldi del contribuente. Perché è chiaro che questi centri sono l'inutile spreco di una premier influencer».

Veramente Giorgia Meloni è appena stata indicata come il politico più potente d'Europa...

«Su questo sono d'accordo. È sicuramente la più potente: non grazie ai suoi successi, però, ma alla debolezza degli altri. In Europa come in Italia. Ma non so cosa farmene di una premier potente se non fa nulla».

In maggioranza litigano, ma il governo appare saldo.

«Il governo è tenuto insieme dal collante del potere. Ma sono convinto che Meloni non cadrà per Salvini o Tajani, cadrà solo se arriverà come alla Ferragni un Affaire pandoro».

Il referendum sull'Autonomia ha fatto un passo avanti. Se anche la Consulta darà l'ok, sarà un'occasione per l'opposizione o il rischio di un boomerang se non ci sarà il quorum?

«Questa autonomia è un danno per tutti. Se si fa il quorum, il governo va a casa. Se non si fa ma vincono i sì, va comunque in difficoltà. So di cosa parlo: il referendum sulle trivelle, nell'aprile 2016, non fece il quorum. Ma fu l'inizio della fine del nostro governo. Questo referendum poi ha un vantaggio formidabile».

Quale?

«Riunisce un fronte ampio che va dai cattolici democratici alla sinistra radicale. Persino molti di Confindustria penso si schiereranno a favore, spaventati dall'aumento della burocrazia. Si può saldare un fronte che sarà la base per un'alternativa alla destra».

Anche il referendum sul Jobs Act ha superato il vaglio della Cassazione: la sua legge potrebbe venire ulteriormente smontata...

«Il Jobs Act è una battaglia del passato, ma certo non lo rinnego. Se la Consulta approverà anche questo referendum per noi sarà una grande occasione».

In che senso?

«Darà uno spazio ai riformisti di centrosinistra. Noi di Italia Viva faremo comitati per il No. Ma ci saranno anche altri, a cominciare da tanti nel Pd che non condividono la linea della Cgil. Aiuterà a marcare la nostra identità».

A proposito di vostra identità: qualcosa si sta muovendo nell'area di centro...

«Questa è una buona notizia: fino a due mesi fa, quando dicevo che si vince al centro mi ridevano in faccia».

Che ne pensa dell'ipotesi di Ernesto Maria Ruffini leader di quell'area?

«Lo conosco da una vita, venne alla Leopolda a proporre la sua idea di fisco digitale e lo scegliemmo per l'Agenzia delle Entrate. Era il tempo in cui la Leopolda era vivaio di idee e talenti. Dovremo tornare a fare qualcosa di analogo per il futuro».

Senatore, vuole fare il kingmaker e intestarsi Ruffini?

«Tutt'altro. Non so se Ernesto voglia fare questo passo, ma se sì, prima di tutto deve dimettersi da direttore dell'Agenzia. Ed evitare di prendersi Rosy Bindi come portavoce, come ho letto su queste pagine. Serve il consenso dei moderati a cavallo tra centrodestra e centrosinistra: Bindi non parla a quell'elettorato, anzi lo spaventa. Qui ora tutti vogliono guidare il centro: bene, poiché sono l'unico che non vuole fare il leader, posso dare consigli disinteressati».

Non vuole o non può?

«Ho già fatto un passo indietro nel 2022 per lasciare spazio a Calenda. Adesso troveremo qualcun altro, magari più capace politicamente. Voglio solo dare una mano, perché sono convinto che se si vuole battere Meloni, serve un'area di centro che guarda verso sinistra. Senza il centro, il Pd gioca bene ma perde. Noi dobbiamo parlare ai riformisti, ai cattolici democratici, alle imprese».

Beppe Sala, un altro possibile leader di centro, dice però che lei è «infederabile».

«Quando doveva essere aiutato all'Expo o candidato sindaco di Milano, usava toni diversi. Ma sono in tanti che ti adulano quando sei potente e ti attaccano quando hai meno consenso. Vuole dare una mano? È il benvenuto: stava con i Verdi, poi con Di Maio: se viene con noi va a migliorare. Ma se vuole rappresentare quest'area deve preoccuparsi di tenere Milano sicura: così si convincono i moderati, non con le interviste».

Renzi, resta il problema mai risolto che il M5S e anche Avs non la vogliono in alleanza.

«Ha già risposto la Liguria: senza di noi si perde. Preferire la sconfitta alla vittoria in nome di un'antipatia personale è roba da asilo. Basta infantilismo, facciamo politica».