Renzi: «Vorrei la maggioranza Mario. Io punto ad andare in Europa anche per rimettermi in gioco»

Intervista a Matteo Renzi per «Il Corriere della Sera» del 1-06-2024

di E.Bu.

Draghi fine politico, non tecnico, ma non va tirato per la giacchetta. Il premierato? Sono favorevole all'elezione diretta del premier, ma la riforma Casellati ha un testo imbarazzante, è uno «schifezzellum».

La riforma del premierato, il desiderio di una «maggioranza Mario» in Europa, la necessità di un esercito Ue, le divergenze con Carlo Calenda: questi sono i temi affrontati da Matteo Renzi, leader di Italia Viva e candidato con la lista Stati Uniti d'Europa, nell'intervista a Corriere Tv condotta dal vicedirettore Venanzio Postiglione sulle tracce delle domande dei lettori.

Partiamo dalla scelta di questo nome molto forte, evocativo, Stati Uniti d'Europa. Perché?

«Perché nessuno parla del futuro dell'Europa. Molti dicono "meno Europa". Dire "meno Europa" significa lasciare tutto il potere alla Cina, alla Russia, all'India, ai Paesi emergenti».

Perché è il momento di lasciare il Senato per passare all'Europarlamento?

«Vedo quello che sta accadendo e sono preoccupato per l'irrilevanza dell'Europa, che non gioca alcun ruolo nella vicenda mediorientale, nella vicenda russo-ucraina e sulle principali partite economiche: lei pensi all'impatto dell'AI o quello che ha a che vedere con una visione non ideologica del Green deal. L'Europa decide nei prossimi anni molto del futuro della nostra quotidianità. I leader italiani vanno in Europa per finta. Per me è il momento di rimettermi in gioco in prima persona. Credo che sia giusto andare a combattere per gli Stati Uniti d'Europa».

Voterà sì a premierato e riforma della giustizia? O spera che non vadano da nessuna parte?

«Se sono favorevole all'elezione diretta del premier o anche del Presidente della Repubblica? Si. Se sono favorevole alla riforma della Casellati? No, sono contrario. Poi troveremo il modo di esprimere questo dissenso in Aula. È un testo imbarazzante, indecente e assolutamente da cambiare: è uno "schifezzellum". Penso che Meloni cambierà questo testo perché così è invotabile e farà di tutto per non portare a casa questo risultato. Perché dovrebbe fare il referendum e lo perderebbe. E non potrebbe far finta di niente. Rispetto alla separazione delle carriere per il momento è solo uno slogan, vedremo il testo quando inizieremo a discuterlo. Di principio sono d'accordo, ma est modus in rebus: dipende da come le fai le riforme».

I programmi non sono così lontani: perché votare per gli Stati Uniti d'Europa e non per Azione?

«È una grande domanda che andrebbe posta a Carlo Calenda. Non ci sono incompatibilità caratteriale o problemi personali. Se così fosse qualcuno dovrebbe spiegarmi perché l'ho sostenuto. Io a lui ho dato tutto quello che potevo dare e lui ha fatto una scelta personalistica. Ha scelto di non stare nel progetto lanciato da Bonino. Noi siamo amareggiati che Calenda sprechi un po' di voti europeisti».

Tanti avevano pronosticato un declino per Forza Italia che sembra non esserci. Lei se lo aspettava?

«I dati di Forza Italia li vedremo il 9 di giugno. Io so un punto politico che non mi convince di Tajani. Se io fossi il ministro degli Esteri oggi comprerei una brandina e passerei 24 ore al giorno in ufficio dietro a tutte le crisi del mondo. Invece Tajani si candida e dice che se eletto non andrà al Parlamento europeo. E non mi convince il supporto che sta dando a Ursula von der Leyen. Chi vota Tajani vota von der Leyen, un buon motivo per non votare FI».

Lei immagina Mario Draghi con un ruolo significativo a livello europeo. Abbiamo bisogno ancora di super tecnici?

«Mandare a casa Conte e portare Draghi al governo è stata una delle operazioni più belle della mia esperienza politica. Potrà succedere ancora? È difficile, è giusto non tirarlo per la giacchetta. Pochi presunti tecnici hanno lo spessore politico di Mario Draghi, che si finge tecnico ma è un fine e raffinato politico».

Biden ha dato il via libera all'Ucraina per attaccare con armi americane anche all'interno del territorio russo.

«La vera questione sulla vicenda russo-ucraina è che l'Europa purtroppo ha rinunciato ad avere una politica di difesa comune. Non c'è neanche una voce diplomatica dell'Europa, una risorsa di cui abbiamo assolutamente bisogno oggi, così come abbiamo bisogno di un esercito europeo».