Vito e l’abbraccio che mi porto nel cuore

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Ho sempre immaginato il Cottolengo come il cuore sociale di Torino. Ma anche come simbolo di accoglienza e calore per l’intera Italia. Quando sono diventato Presidente del Consiglio è stato per me un onore varcare le porte di questa istituzione. Con don Andrea e tutti i suoi collaboratori sono nati molti progetti che, ne sono certo, proseguiranno anche con il nuovo Governo. Perché il Cottolengo è per tutti, perché il Cottolengo è di tutti. Non ha un colore politico ma è un arcobaleno di speranza.

Conservo tra i ricordi più belli i tanti abbracci con donne e uomini, con ragazze e ragazzi, con bambine e bambini, che mi hanno dedicato qualche preghiera e regalato il dono della loro amicizia.

Tra gli abbracci che mi sono portato a lungo nel cuore c’era quello di Vito.

Un abbraccio speciale perché a Vito mancavano le braccia ma sapeva abbracciare meglio di tanti altri. E sapeva anche giocare a biliardino. Nella mia ultima visita al Cottolengo, per esempio, lui e don Andrea sfidano me e l’ex segretario del PD piemontese Davide Gariglio. Nonostante la disabilità fisica, Vito era un portento. E la partita si era messa male per noi fin da subito. Al punto da “minacciare scherzosamente” Gariglio sull’ultimo punto, quello decisivo: “Davide se prendi gol proporrò di non candidarti alla Camera.” Niente, tutto inutile. Gol finale di Vito. Che mi guarda e dice: “Beh, se vale il biliardino devi portare me in Parlamento, mica Gariglio”. Risata generale.

Vito ci ha lasciati ieri. I suoi 68 anni li ha vissuti tutti al Cottolengo dove è stato accolto quando aveva sei mesi. E dove ha vissuto una vita intensa e piena. Lo ricorderò sempre con il suo immancabile sorriso.

E spero che fissando quel sorriso possiamo dire grazie alla vita che possiamo vivere, dire grazie alla presenza di istituzioni come il Cottolengo, dire grazie all’amicizia di donne e uomini speciali.

Grazie a Vito che è stato un compagno di strada per tanti. Anche per me che, da premier e da uomo, ho avuto la possibilità di imparare da lui.

Matteo Renzi, La Stampa, 25 novembre 2018