Ho espresso il dolore del nostro Paese in questa dichiarazione.
Le storie degli italiani che hanno perso la vita in Bangladesh ci risuonano nella mente. La storia di chi è stata uccisa insieme al bambino che portava in grembo. La storia di chi è stato ucciso mentre lavorava lontano da casa per i propri figli. La storia di chi è stato ucciso dopo anni spesi in un Paese che aiutava anche attraverso forme di volontariato e di assistenza sanitaria. Tante storie per un unico grande dolore. Come ha assicurato il Presidente Mattarella – che è tornato in anticipo dall’estero per accogliere personalmente l’aereo con i nostri connazionali – l’Italia non lascerà sole queste famiglie. Perché noi siamo una famiglia di famiglie.
E il modo giusto per non dimenticare Cristian, Marco, Nadia, Claudia, Adele, Simona, Vincenzo, Maria e Claudio è difendere questi valori. Il modo giusto per ricordare queste persone non è rinchiudersi nella paura, ma vivere con ancora più intensità. La strategia di morte dei terroristi va rifiutata ogni giorno, ogni istante.
Ma va combattuto l’odio a tutti i livelli. È stata davvero una settimana difficile. Pensate ai bambini saltati in aria al mercato di Baghdad in un attentato che ha fatto più di cento vittime. O ai cinque poliziotti uccisi a Dallas dai cecchini mentre garantivano l’ordine a una manifestazione contro le violenze della polizia, le cui immagini rimbalzano in queste ore da un lato all’altro del pianeta. E pensate a Emmanuel, un nostro fratello nigeriano che perde la figlia e i genitori in un attentato di Boko Haram contro una chiesa. Subendo ogni tipo di violenze riesce a mettersi in salvo con la moglie, Chimiary, e arrivare in Italia dove diventa un richiedente asilo. Ma viene ucciso presumibilmente da un nostro connazionale in circostanze sulle quali pretendiamo che sia fatta piena luce.
Tutti insieme dobbiamo combattere la cultura dell’odio e del disprezzo. Respingere l’odio, l’insulto, la discriminazione. Respingere la paura dell’altro, da Dallas a Baghdad, da Dacca a Fermo. Una sfida che fa tremare i polsi, tanto è alta e impegnativa. Ma anche una di quelle sfide che danno alla politica il significato più profondo della sua vocazione.
2 Le periferie
In Italia si è molto discusso di periferie dopo le elezioni amministrative. Lo si è fatto in particolar modo dentro la discussione del Partito Democratico (qui la mia “breve” relazione introduttiva alla Direzione, appena 84 minuti); qui la replica, di 13 minuti. Ma lo si è fatto anche sui giornali e in tv.
Bene. In tanti mi hanno detto: “Dovevate pensarci prima alle periferie”.
Ora, se c’è una lista di argomenti su cui dal primo giorno dell’azione del Governo sto stressando la vita a tutti, nessuno escluso, le periferie sono messe bene in classifica. Per mesi ho ribadito la necessità che l’Europa pensasse di più alle periferie delle proprie città, in particolar modo dopo i tragici fatti di Parigi e Bruxelles. Abbiamo più volte citato l’esempio di Renzo Piano e del suo G124 come modello: sapete che Renzo Piano utilizza il proprio assegno da senatore a vita per far lavorare un gruppo di giovani architetti su progetti di “ricucitura” delle periferie nelle città. Abbiamo dedicato la Biennale di Venezia di quest’anno al tema, con la scelta come curatore del cileno Alejandro Aravena, che parla di città come “scorciatoia verso l’uguaglianza” (chi mi segue da qualche mese ricorderà che dedicai a questo tema una parte del mio racconto del viaggio di Ottobre 2015 in America Latina). E in quella sede abbiamo firmato il DPCM (decreto del presidente del consiglio dei ministri) per stanziare mezzo miliardo di euro a progetti sulle periferie. Ma tra il dire e il fare spesso c’è di mezzo un procedimento legislativo e burocratico molto complesso e lungo. Facciamo degli esempi.
Abbiamo messo da un anno 100 milioni a disposizioni del CONI per progetti di impianti sportivi nelle periferie. Adesso finalmente vediamo i primi risultati. L’11 luglio il sottosegretario Lotti, il presidente Malagò e la sindaca Raggi inaugurano il primo di questi interventi, la pista di atletica a Ostia.
Seguiranno entro pochi mesi Corviale ancora a Roma, la pista di Barletta dedicata a Pietro Mennea, gli impianti di Scampia a Napoli con il maestro Maddaloni, la piscina comunale di Reggio Calabria, il palasport dello Zen a Palermo.
Abbiamo stanziato i primi 82 milioni per le periferie nel dicembre 2014. Stiamo ancora alla fase di valutazione dell’ammissibilità dei progetti che terminerà a ottobre 2016 (!). Poi finalmente il finanziamento.
Gli altri 500 milioni, quelli “liberati” dal decreto firmato a Venezia avranno fortunatamente una procedura più breve: i territori interessati dovranno presentare i progetti entro e non oltre il 29 agosto.
Come vedete la carne al fuoco non manca.
3. Basta un sì
Cresce l’attenzione anche oltre confine per il referendum costituzionale. Dopo che i britannici hanno votato per la Brexit e accortisi di ciò che hanno fatto, cercano di inventarsi qualche soluzione di ripiego, i commentatori internazionali mettono nel mirino il referendum costituzionale del nostro Paese. Si sottolineano i rischi di un’eventuale vittoria dei sostenitori del NO, cui si è aggiunto in queste ore Massimo D’Alema.
Sono allarmi forti e chiari, anche comprensibili. Ma non vinceremo questo referendum evocando la paura del NO.
È vero, i rischi per l’Italia sono notevoli: ma noi non dobbiamo evocare la paura. Perché nel nostro DNA c’è la speranza, non la paura. Costruire una proposta, non evocare una minaccia. Parliamoci chiaro: con il Sì al referendum l’Italia diviene un Paese più semplice. Ci saranno meno politici, meno sprechi di tempo e denaro, più partecipazione, più chiarezza di ruoli.
Vogliamo continuare con questa politica del turismo dove grazie all’attuale Titolo V della Costituzione le Regioni fanno promozione in Cina sprecando risorse che potremmo gestire meglio come sistema Paese o vogliamo cambiare? Basta un Sì. E si cambia.
Vogliamo continuare con questa classe politica che ha maggioranze diverse alla Camera e al Senato e che ha quasi mille poltrone in Parlamento o vogliamo cambiare? Basta un Sì. E si cambia.
E lo stesso vale per gli stipendi talvolta incredibili dei consiglieri regionali, per i rimborsi dei gruppi regionali, per il CNEL, per la stabilità dei governi, per il quorum al referendum. Vogliamo cambiare? Basta un Sì. E si cambia.
Se riusciamo a parlare di contenuti, l’Italia dice Sì. E allora – come sempre, più di sempre – io chiedo il vostro aiuto. Per vincere questa sfida, che è decisiva per l’Italia, abbiamo bisogno che ciascuno di voi si metta in gioco. Il referendum dovete personalizzarlo voi, con il vostro impegno. Le strade sono tante, le trovate sul sito www.bastaunsi.it:
I – Creando un comitato: si deve essere almeno in cinque. Non è necessario essere iscritti a un partito, fare politica o altro. Basta avere cinque amici, colleghi, conoscenti che vogliono mettersi insieme – dal basso – per dare una mano QUI IL LINK.
II – Dando una mano a livello economico, anche con piccole donazioni da cinque, dieci euro. Sembra una piccola cosa, ma è una rivoluzione, specie in Italia. Abbiamo superato quota 50.000 euro e questo la dice lunga su quanta gente stia mettendosi in gioco. QUI IL LINK.
III – Diventando un volontario social. La rete è piena di opportunità, ma anche di persone che dicono il falso, strumentalizzano, attaccano. Abbiamo necessità di avere almeno diecimila persone (vere, in carne e ossa, non come i finti profili che parlano di politica sui social media e che sono spesso inventati) che ci aiutino su facebook, su twitter, ovunque Qui il LINK.
Varie
C’è qui il link al pezzo della conferenza stampa con il primo ministro svedese Stefan Lofven in cui parlo di banche. Confermo ciò che già ci siamo detti: il fatto di non essere intervenuti tra il 2011 e il 2013 – quando ancora si poteva fare – sulle banche è stato un errore. Ma adesso i problemi di qualche banca italiana sono agevolmente risolvibili. Il nostro interesse è salvaguardare i correntisti e i risparmiatori delle banche italiani e e liberare gli istituti di credito dalle sofferenze e dagli incagli che impediscono il credito alle piccole e medie imprese e alle famiglie. Sempre sul tema delle banche, qui è quello che ho detto nell’intervista a Maria Latella per Sky domenica scorsa.
Qui invece l’intervista integrale con Maria Latella.
Pensierino della sera.
Nei giorni scorsi la procura di Milano ha arrestato alcune persone accusate di aver compiuto operazioni illegali, talvolta anche di stampo mafioso. Gli arrestati avevano lavorato anche a Expo. Immediatamente è ripartita la solita solfa, contro l’Expo, le opere pubbliche, i grandi eventi. Sono due idee di Italia che si fronteggiano: c’è chi per paura dei ladri non farebbe mai niente e preferirebbe dire no a tutto. E c’è chi vuole fare le cose sapendo che quando ci sono i ladri, bisogna bloccare i ladri, non le opere pubbliche o i grandi eventi. Come sapete è una discussione molto accesa, tra le forze politiche e nell’opinione pubblica. Io continuo a pensare, mi convinco sempre di più, che non possiamo darla vinta ai ladri, mai. E che rinunciare alle opere pubbliche e ai grandi eventi sia un errore clamoroso. Se in un appalto di Expo qualcuno prova a rubare, va scoperto e punito. Ma non è che Expo diventa un insuccesso per questo. Expo ha restituito a molti italiani orgoglio e fiducia. Ed è stato un successo, punto.
Nelle prossime settimane ho chiesto di accelerare sulle opere incompiute. Il 28 luglio inauguriamo il Quadrilatero, opera fondamentale nell’Italia centrale, oggetto di tante polemiche e scandali. Il 29 luglio andiamo a inaugurare il Museo Archeologico di Taranto e naturalmente affronteremo anche le questioni legate a Ilva oltre che al Porto. E ve lo dico con anticipo così non prendete impegni: il 29 ottobre inaugureremo anche la Nuvola di Fuksas all’Eur, altra opera ferma per decenni, purtroppo, bloccata da assurdi ritardi, ma fondamentale per il rilancio del turismo congressuale in Italia e a Roma. Un’opera bellissima, credetemi, che abbiamo sbloccato appena arrivati al Governo. Io capisco chi urla, chi protesta, chi si lamenta, chi dice che sono tutti uguali. Ma noi andiamo avanti, passo dopo passo, un pezzettino alla volta, a sbloccare l’Italia. A restituirle orgoglio e passione perché con l’orgoglio e la passione le cose si fanno. E l’Italia che dice sì è molto più tenace di chi urla e sa solo lamentarsi.
Un sorriso,
Matteo