Matteo Renzi al Corriere della Sera: soprintendenze e spoils system

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La lettera di Matteo Renzi al Corriere del 30.08.2023

Caro direttore,

l'articolo del professor Cassese pubblicato sabato sul suo giornale pone affascinanti interrogativi. L'editoriale «Tanti tweet, ma i partiti?» richiederebbe un'analisi approfondita sulla qualità della proposta politica e della classe dirigente del Paese. Il mondo è sempre più frammentato, i Brics rappresentano un terzo del Pil globale e sfidano il G7, l'Europa è sospesa tra ideologia e burocrazia.

Il governo italiano va in retromarcia. La Meloni sognava il blocco navale e vede raddoppiare gli sbarchi. Salvini sulle pensioni è smentito da Giorgetti, non dalla Fornero.

La sostanza è ben diversa dai tweet, insomma.

Potrà apparire riduttivo che intervenga solo su un breve passaggio dell'editoriale, quello dedicato alla riforma del Ministero della Cultura. Avverto però il dovere morale di dire che la norma voluta dal ministro Sangiuliano, nell`ennesimo decreto-legge omnibus approvato alla chetichella il io agosto, rappresenta uno scandalo.

Dopo undici mesi, il ministro Sangiuliano infila la sua fantomatica riforma del Ministero in un decreto dopo che la Camera gli aveva bocciato lo stesso testo a luglio, nascosto come emendamento a un altro decreto.

Quali siano le caratteristiche di necessità e urgenza che abbiano spinto la presidente Meloni e il solitamente attento sottosegretario Mantovano ad accettare tale forzatura non è dato sapere. La conclusione è che si introduce uno spoils system senza precedenti per le soprintendenze. Che sono per qualche mese sotto ricatto morale del ministro. Sgarbi chiede di apporre il (discutibile) vincolo su San Siro? Voglio ben vedere come la soprintendente possa negarglielo visto che dopo tre mesi rischia di essere cacciata.

Il ministro ha un potere mai concesso prima a nessun suo predecessore.

Io, caro direttore, ho combattuto contro l'eccesso di potere dei soprintendenti quando ero sindaco. E rivendico quella battaglia. Sono stato contestato per aver detto che la parola «soprintendente» nel dibattito quotidiano dei cittadini è diventata «una parola brutta», per colpa degli eccessi di alcuni funzionari. E i soprintendenti non me lo hanno mai perdonato. Ce ne faremo una ragione.

Da premier ho approvato misure per alleggerire le responsabilità degli uffici, con la riforma dei musei autonomi e l'arrivo dei direttori stranieri. Ho valorizzato l'intervento del Consiglio dei ministri per superare il dissenso nelle conferenze dei servizi e porre un freno ai troppi divieti delle soprintendenze. Insomma, non sono mai stato un difensore della burocrazia e men che mai dei dirigenti del Ministero, con una posizione che molti sindaci italiani hanno tante volte condiviso. E che tanti soprintendenti ancora mi contestano.

Ma proprio io che da sempre critico le soprintendenze dico che Sangiuliano ha introdotto una norma che umilia la dirigenza dello Stato. E che umilia il volere del parlamento, ignorandolo. Una cosa è ridurre l'impatto nella vita dei cittadini, altra è pensare di scegliersi i propri soprintendenti.

È l'ennesimo segno di un indirizzo culturale miope. Sono stato contestato per aver portato (anche) i direttori stranieri a guidare i grandi musei ignorando di dire che è stato grazie a quella riforma che da Pompei a Capodimonte, da Brera a Firenze le nostre istituzioni culturali hanno conosciuto un'esplosione di vitalità e di presenze.

Il Ministro ha azzerato la «18App», lo strumento educativo per portare i giovani in libreria, ai concerti, a teatro. E alla fine si vuole che i soprintendenti rispondano alla filiera politica con un decreto legge che definire vergognoso è riduttivo.

Domani si apre l'ottantesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. E si apre con un film, Comandante, che rappresenta una strepitosa storia di civiltà italiana. Mi auguro che il ministro rifletta, e il governo con lui, sulla necessità di considerare la cultura come il luogo dell'espressione più alta dell'identità nazionale e non di piccole scaramucce personali o di interessi di parte.

Capisco che non sia consueto per un ex premier intervenire sui singoli dossier della cultura. Ma tacere dopo quello che è successo sarebbe un gesto di viltà istituzionale. E io non tacerò mai quando si mette in discussione l'idea stessa di cultura italiana.