Matteo Renzi sul Riformista: i terroristi e quella frase di Golda Meir

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L'articolo di Matteo Renzi sul Riformista dell'11-10-2023


Nel kibbutz di Kfar Azza quaranta bambini sono stati uccisi, a freddo: molti decapitati.

Nel kibbutz di Beeri cento persone sono state uccise, a freddo: molte donne e ragazzi. Il Nova Music Festival conta un numero di morti che si avvia a doppiare il Bataclan in questa terribile classifica dell'orrore di giovani che volevano solo ballare, ascoltare musica, essere felici. Vivere.

Partiamo di qui, per favore. Perché altrimenti ogni discorso è ipocrita.

Quello che Hamas ha fatto in Israele non è un'azione di guerra di un popolo sottomesso: è un atto studiato a tavolino di terrorismo. Le cifre sono superiori, di molto superiori, a quelle che il Governo di Tel Aviv sta rilasciando. Fonti israeliane ammettono che il numero di morti supera le 1.500 unità e gli ostaggi si misurano in centinaia, non in decine. Davanti a questa mattanza di civili, di donne, di bambini, di vecchi solo chi ha un cuore di pietra non capisce che Israele ha oggi il dovere di reagire. E la reazione è già durissima, ma è destinata ad aumentare. C'è il grande dilemma e la tragedia del popolo d'Israele nelle scelte che si stanno facendo in queste ore. Io ricordo che una delle frasi più drammaticamente belle la pronunciò Golda Meir, donna, nata in Ucraina, primo ministro a cavallo degli anni 60/70 del secolo scorso, laburista. "Noi vi potremmo un giorno perdonare per aver ucciso i nostri figli. Ma non vi perdoneremo mai per averci costretto a uccidere i vostri."

Intervenendo alla Knesset, qualche anno fa, avevo espresso due concetti. Il primo, che l'Italia riconosceva il diritto di Israele di esistere. Anzi: il dovere di esistere e di resistere. Il secondo, che l'Italia credeva nel concetto dei due popoli, due stati. Ma se è stato inferto un colpo alla causa palestinese, questo colpo è arrivato dalle scelte folli e suicide di Hamas. Nessuno ha fatto del male ai palestinesi più di quanto Hamas abbia fatto sabato scorso.

Sullo sfondo rimangono questioni politiche enormi: la debolezza e la fragilità della democrazia israeliana logorata dall'interno dall'instabilità (quanto servirebbe l'elezione diretta o il presidenzialismo in un sistema in cui per ottenere la maggioranza i partiti più piccoli pongono condizioni vergognose ma vengono accontentati perché sono decisivi) e dalle pro- teste per la riforma della giustizia. Le difficoltà dei leader moderati arabi alle prese con il ritorno di fiamma degli estremisti esaltati dai video di queste ore. Le responsabilità evidenti e incancellabili dell'Iran. La visione saudita che stava portando alla Pace di Abramo e contro la quale Hamas ha agito. L'inconsistenza europea che anche su questo dossier si esprime con i tweet ma non tocca palla.

Servirebbero leader politici e non aspiranti influencer per discutere di politica estera. Ma all'appello delle crisi mondiali di queste ore proprio la politica sembra la grande assente. A cominciare, purtroppo, da Bruxelles sempre più luogo di ideologia, sempre meno luogo di coraggio.