Matteo Renzi sul Riformista: Svegliare l'Europa che dorme

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L'articolo di Matteo Renzi sul Riformista del 14-09-2023

La prima cosa che ti insegnano quando vai a fare il corso da arbitro di calcio è semplice: non puoi cercare di sistemare tutti, fischiando un po' per l'uno e un po' per l'altro. A casaccio. Perché alla fine anziché accontentare tutti finisci con lo scontentare tutti. Chi arbitra così, ci dicevano i direttori di gara esperti, sbaglia due volte.

Il discorso sullo Stato dell'Unione tenuto ieri dalla Presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen mi ha ricordato l'insegnamento delle vecchie "giacchette nere". Perché la leader tedesca ha fatto di tutto per non scontentare nessuno, ma ha finito con il lasciare l'amaro in bocca a tutti.

Lo ha spiegato molto bene un grande europeista come il belga Guy Verhofstadt intervenendo per l'ultima volta da membro del Parlamento Europeo al dibattito sullo Stato dell'Unione. Si è domandato retoricamente l'ex premier belga: come è possibile non immaginare una vera difesa europea pensando alle difficoltà che potrebbe incontrare la Nato da un cambio della guardia alla Casa Bianca? Come è possibile continuare a gestire dossier complicati come le sanzioni, l'economia, l'immigrazione con il voto all'unanimità? Ha ragione Guy.

Ma soprattutto ha ragione chi dice che l'Europa non sogna più: l'Europa dorme. Dorme sull'intelligenza artificiale. Dorme sulla sfida spaziale. Dorme sull'innovazione. Dorme sulle sfide dell'industria. Dorme sull'immigrazione.

L'India arriva sulla Luna, la Cina immagina la via della Seta, l'Australia sogna il G7, l'Arabia Saudita lancia la Vision 2030, il Giappone aumenta le spese per gli armamenti, il Brasile vuole guidare non solo l`America Latina, il Congo raddoppierà i suoi abitanti in otto anni. L'Europa invece si trastulla in una oscillazione perpetua tra ideologia e burocrazia. E i problemi quotidiani rimangono sullo sfondo. La BCE sembra incapace di domare il problema del carovita, la Commissione formula documenti ambiziosi privi di concretezza, i leader si rinfacciano responsabilità preparandosi a una lunghissima campagna elettorale da qui al 9 giugno 2024. E nelle stesse ore del discorso al Parlamento Europeo la tragedia bussa per l'ennesima volta alle porte dell'Europa fisica. Davanti a Lampedusa migliaia di donne e uomini, e tanti bambini, provano a terminare un viaggio di dolore e sofferenza entrando nell'Europa che per loro è Terra Promessa. Ma che gli europei non riconoscono più come tale. Mancano meno di nove mesi alle elezioni.

In nove mesi nasce un bambino, bello e delicato come i bambini che vediamo spaventati e piangenti in braccio a mamme esauste dalle violenze dei lager, dal dolore del viaggio. Non sprechiamo questi nove mesi. Sono i nove mesi della speranza. Sono i nove mesi dell'attesa. Sono i nove mesi che ci possono regalare il parto di un'Europa diversa. Ma servono idee e buona politica. Quelle che a Strasburgo ieri non sono risuonate come avremmo voluto. Come avremmo sognato.