Matteo Renzi sul Riformista: «Una leadership MalDestra»

Il nuovo editoriale di Matteo Renzi su Il Riformista del 21-02-2024

Quando un Governo si insedia c'è sempre il solito ritornello: guarda come sono forti, governeranno trent'anni. Lo dicevano di noi nel 2014, dei grillini nel 2018, di Salvini nel 2019, lo hanno detto della Meloni un anno fa. Ovviamente non è mai andata così. E oggi gli stessi che profetizzavano un regno pluriennale per Giorgia ipotizzano ora una sua caduta repentina. Qualcuno dice anche che già domenica prossima, in Sardegna, arriverà il primo alert. Suggerirei prudenza.

È impossibile fare previsioni senza capire prima quanto sarà alta l'affluenza (e comunque in Sardegna le liste della destra appaiono oggettivamente più forti di quelle della sinistra) non credo che il tema politico siano le regionali. La verità è che la destra sta discutendo su tutto: Meloni e Salvini litigano sulla Russia, sul terzo mandato, sull'Irpef agricola. Cosa li tiene insieme? Solo il potere. E non è che ho detto poco. Ci sono da spendere i tanti soldi del PNRR e sappiamo che la classe dirigente di questo centrodestra è in taluni casi molto sensibile alla necessità di mantenersi ben strette le poltrone. Ci sono una vagonata di nomine in arrivo a cominciare dal mondo della Cassa Depositi e delle Ferrovie.

E poi c'è un presidio istituzionale da mantenere in un momento di rinnovi a cominciare dai vertici dei servizi e di alcune forze armate: è passata sotto silenzio la sconfitta del sottosegretario Mantovano che avrebbe molto gradito la nomina a Procuratore Generale di Roma di un suo candidato, battuto dalla designazione sacrosanta del bravo procuratore di Bologna Amato fatta dal CSM. Perché il PG di Roma è proprio quello che autorizza le famose intercettazioni preventive e proprio per questo Radio CSM racconta di come Mantovano abbia ricevuto suo malgrado un secco stop.

Questa destra è divisa ma andrà avanti. Per manifesta incapacità delle opposizioni? Forse. Ma soprattutto perché Salvini ha le mani legate: se decidesse di rompere nessuno lo seguirebbe, nemmeno tra i suoi. E allora la Lega abbaia ma non morde prendendosi due di picche in quantità industriale, dalla Sardegna di Solinas al Veneto dove il no al terzo mandato è finalizzato soltanto a far fuori Zaia per portare al suo posto il meloniano De Carlo. A meno che i padani non tirino fuori il coraggio e candidino contro FDI il sindaco di Treviso, che si chiama Conte ma ciò nonostante è molto bravo.

C'è solo una possibilità che salti tutto: che si incrini qualcosa nel cerchio magico di Giorgia Meloni. E che la Premier irritata decida di portare tutti al voto anticipato. Questa leadership malDestra potrebbe persino farlo. Ma è presto per dirlo. Per il momento attendiamo le Europee con una Meloni che sarà in campo. Vedremo se sarà Giorgia o Arianna. Quello che è certo è che non andranno a casa domenica prossima. Ma non dureranno trent'anni: se continuano così non dureranno nemmeno trenta mesi.