Renzi: vede il flop dei giustizialisti «Vincono soltanto nei talkshow»

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Intervista di Gabriele Barberis, “Il giornale”, 20 ottobre 2022.

Senatore Renzi, l'assoluzione dei suoi genitori per una presunta frode fiscale dopo anni di indagine ha chiuso una vicenda emblematica di accanimento giudiziario. Lei ha infatti dichiarato che ha perso il giustizialismo. Crede che sia ancora allarme rosso sulla giustizia o che recenti segnali, come il rinnovo di un Csm più moderato, indichino un'inversione di tendenza?

«Io penso che possiamo davvero chiudere la guerra dei 30 anni che dal 1992 a oggi vede il giustizialismo prendere le armi contro la giustizia. Dalle monetine del Raphael e dal cappio leghista in Parlamento quante scene meschine abbiamo dovuto vedere in questi anni. Adesso siamo in una fase nuova. La cultura del travaglismo, tipica del direttore del Fatto Quotidiano, sta perdendo terreno persino nei tribunali, dove si moltiplicano le cause di risarcimento danni: ormai i giustizialisti sono forti solo nei soliti talk show. Molti magistrati, persone serie e di grande livello, si sono resi conto che bisogna voltare pagina dopo gli scandali di questi anni: il giudice deve essere la bocca della legge, non delle correnti. E io penso che sia urgente insediare il nuovo Csm perché quello attuale non solo è in prorogatio ma è il Csm più squalificato della storia repubblicana. Spero che i presidenti Fontana e La Russa convochino presto le aule per l'elezione dei membri non togati. E sono certo che saranno elette personalità di spiccata cultura garantista».

Ancora una volta la Procura di Firenze, come lei ha rilevato più volte, promuove inchieste giudiziarie con sospetto tempismo politico. Coincidenze o uno degli ultimi avamposti giustizialisti?

«Mi lasci dire che c'è un giudice anche a Firenze. Perché la Corte d'appello ha dimostrato di guardare i fatti e giudicare senza pregiudizio. Certo, la procura della mia città, che ancora immagina di indagare Berlusconi per mafia e il sottoscritto per un inesistente finanziamento illecito, è la più politicamente orientate delle procure italiane. Lo sanno tutti. Io lo dico, a voce alta. E lo scrivo. Tra un mese esce la versione tascabile del libro Il Mostro con quaranta pagine di aggiornamenti. Hanno cercato di distruggermi la famiglia, la carriera, la serenità: e io sono ancora qui, che combatto a viso aperto. Facendo nomi e cognomi, senza sparare nel mucchio».

Non le chiedo di fare nomi per il ministero della Giustizia, ma lei pensa che un guardasigilli di centrodestra, espresso da un'alleanza politica garantista, possa archiviare la stagione dei pm politicizzati?

«Parliamoci chiaro. Se la destra fallisce anche stavolta sulla giustizia si deve andare a nascondere. E lo sanno tutti, da Berlusconi che è stato l'obiettivo per decenni di molte procure a Meloni che potrebbe diventare la prossima della lista passando per Salvini che l'ha provato sulla sua pelle. Ora o mai più. Fossi Meloni farei la scelta più autorevole e qualificata. Fossi Berlusconi non metterei bandierine sul Guardasigilli: detta papale papale, sarebbe controproducente anche per lui».

Parliamo di politica. Il terzo polo che resta fuori dall'aula in dissenso con Pd e M5s sulla spartizione delle vicepresidenze alle Camere. A sinistra si parla di un centrodestra diviso ma l'opposizione appare frantumata e senza possibilità di un fronte comune su nessun tema. È così?

«Ci sono due temi diversi. Il primo è istituzionale. Ciò che hanno fatto Pd e Cinque Stelle è uno scandalo. Da sempre le poltrone della minoranza servono a rappresentare tutti. L'atteggiamento di Letta e Conte è tipico di chi non riesce a far politica senza staffe poltrone varie e nasce dell'arroganza tipica di certi perdenti. Però dimostreremo che si può fare opposizione anche senza incarichi istituzionali. Resta una ferita della quale metteremo a conoscenza il capo dello Stato, come vuole la prassi parlamentare in questi casi. Sul piano politico il Pd deve scegliere se fare opposizione riformista o abbracciare il populismo grillino. Oppure può decidere di non scegliere e finirà ininfluente come i socialisti francesi».

I suoi rapporti con Calenda, spesso tesi e problematici. Lei crede davvero che il terzo polo possa diventare un soggetto politico duraturo al centro o che alla fine si sia trattato di un semplice cartello elettorale per riportare in Parlamento leader e ministri transfughi?

«I rapporti con Calenda sono stati molto problematici in passato. Oggi le cose vanno benone. Giochiamo in squadra. E nel 2024 Renew Italia può giocarsi la partita per diventare il primo partito di questo Paese».

Da premier e leader di partito, si è distinto da certa sinistra per tratti liberali e garantisti che ancor oggi le vengono contestati. All'opposizione non si trova a disagio nella convivenza con un Pd sempre più radicale e un M5s sempre più assistenzialista?

«Nessun disagio perché con loro non ho niente a che fare. Vengo da un'esperienza di governo della quale non mi vergogno. Ho fatto il JobsAct, Industria4.0, le unioni civili, ho abbassato le tasse, ho fatto leggi sociali come quella sull'autismo o sul dopo di noi. Io non mi vergogno di ciò che ho fatto. t il Pd che ha cambiato idea. E se continua così i dem potranno cambiare anche nome: finiranno a fare la sesta stella».

A sinistra si continua a giocare il gioco di sponda con il circuito mediatico-politico internazionale per screditare in continuazione il centrodestra vittorioso. Non è meglio giudicare la Meloni e l'alleanza per quello che faranno a Palazzo Chigi?

«Voterò contro la fiducia a Giorgia Meloni per le ragioni che spiegherò in aula. E lo farò a viso aperto come sempre. Dopo di che la prima intervista post voto l'ho fatta alla Cnn, da Tokyo, per dire che bisogna smettere di gridare al fascismo: siamo una democrazia, ha vinto la destra anche grazie a una delirante strategia di Enrico Letta, adesso è giusto che la destra governi, se ne è capace. Io non credo che Meloni sia la soluzione ai nostri problemi. Ma tocca a lei ed è giusto che parta. Quanto a noi faremo opposizione intelligente: se il governo farà cose buone saremo felici perché noi siamo italiani prima che oppositori. Riconoscersi reciprocamente è fondamentale specie in tempi di crisi della democrazia. Quando io governavo, la Meloni mi diceva abusivo anche se avevo il 40%, oggi governa lei è io farò una opposizione più civile di quella che ha fatto lei a suo tempo».

Lei è stato indicato dal Pd come il regista occulto dell'aiutino al Senato per fare eleggere La Russa. Al di là di queste schermaglie, si sente rappresentato dai nuovi presidenti dei due rami del Parlamento o quantomeno ne riconosce la legittimità?

«Io ormai sono indicato dal Pd come responsabile di qualsiasi cosa. Forse anche del buco dell'ozono. t una caratteristica tipica di una certa sinistra: davanti a un problema cercare un alibi, mai una soluzione. Non ho votato La Russa, non avrei votato Fontana, ma sono le cariche istituzionali più importanti della nostra Repubblica dopo Mattarella. Come era un cialtrone istituzionale chi negava legittimità a Mattarella perché magari non lo aveva votato, è un cialtrone istituzionale chi oggi non riconosce legittimità a La Russa o Fontana. Oggi rappresentano tutti come prevede la Costituzione, come prevede il buon senso. Basta con le polemiche, la campagna elettorale è finita: ora facciamo funzionare 1 democrazia. Noi lo faremo facendo una opposizione civile e liberale».