Renzi: A Meloni dico che noi ci siamo, Mattarella non sarà indebolito

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colloquio con Matteo Renzi di Carlo Bertini per "La Stampa"

A sette anni dal flop della sua riforma costituzionale bocciata dal referendum, Matteo Renzi tende la mano alla premier senza riserve, nemmeno quella di diventare la foglia di fico per il governo, che così potrà dire di aver agito con spirito bipartisan, ponendo il leader di Italia Viva nella condizione politicamente strategica di essere l`ago della bilancia delle riforme. «Io sono coerente con la mia storia», puntualizza Renzi, convinto che un premier eletto «non delegittima assolutamente il presidente della Repubblica».

La proposta di Iv è semplice: «Sindaco d`Italia e superamento del bicameralismo». Dunque fa bene Meloni a tentare una riforma della Costituzione o le priorità sarebbero altre?

«Non fa bene, fa benissimo. Certo che ci sono anche altre priorità, a cominciare dal taglio delle tasse, dove la tanto sbandierata rivoluzione della Meloni si è tradotta in un taglietto insignificante. Ma le riforme costituzionali servono. Noi lo dicevamo quando eravamo al governo, lo diciamo quando siamo all`opposizione».

Molti però hanno la netta impressione che il dibattito sulle riforme ricorra quando c`è uno stallo su cose importanti, o no?

«In parte è comprensibile. È anche vero che preferisco discutere del bicameralismo anziché dei rave party, dell`elezione diretta del premier anziché del Pos. Di cose importanti, in questi primi mesi di legislatura, ne abbiamo viste poche. Ben venga una sana riflessione sul futuro delle istituzioni e apprezzo che la presidente del Consiglio abbia assunto una iniziativa anche personale».

Perché sull`elezione del premier siete favorevoli?

«Favorevolissimi. La democrazia è in crisi, ovunque. Se non stabiliamo un rapporto diretto tra cittadino e politico, continuiamo ad allargare il gap di rappresentanza. Pensi a Conte: prima di essere nominato premier, non aveva mai fatto neanche il consigliere di facoltà. Però il sistema gli ha permesso di guidare il Paese in uno dei momenti più importanti della storia repubblicana. Io che pure ho fatto primarie su primarie, sono stato eletto presidente della provincia e poi sindaco, avevo avuto il voto di milioni di persone e sono entrato a Palazzo Chigi da non parlamentare. Bisogna far sì che il capo del governo sia scelto dai cittadini. Torniamo alla lezione di Roberto Ruffilli e del cittadino arbitro. Spero che la sinistra non lasci alla destra quella eredità culturale».

E non pensate di svolgere il ruolo di foglia di fico per la premier, che così può dire di fare le riforme non solo con la maggioranza ma con un pezzo di opposizione?

«Non mi sento né una foglia, né un fico. Però sono coerente con la mia storia. Ho perso Palazzo Chigi per fare le riforme. Avevo la maggioranza dei voti in Aula, ricevevo la fiducia, il Paese tornava a crescere grazie alle nostre scelte dal Jobs Act a industria 4.0. Mi sono dimesso perché ho sempre detto che le riforme costituzionali erano uno strumento fondamentale per la nostra democrazia. La dico in modo chiaro: non faremo alla destra ciò che la destra ha fatto a me. Allora, pur di mandarmi a casa fecero saltare riforme che servivano al Paese. Dico a Giorgia Meloni: se sei seria e fai riforme serie, sulle riforme costituzionali noi ci siamo, anche se non ci stanno gli altri. Essere riformisti non è uno slogan, è una vocazione».

Ma un premier eletto con poteri di nomina e revoca dei ministri non indebolisce i poteri del Quirinale?

«La verità è che oggi i poteri del Quirinale sulla carta sono infiniti. Se lei studia i cavilli, scopre che viviamo già in una situazione di semipresidenzialismo potenziale. La controfirma è un obbligo costituzionale praticamente su tutto. Ricordo con affetto Giorgio Napolitano che mi diceva come l`unico atto che il premier non dovesse controfirmare fossero le dimissioni del presidente della Repubblica. Mentre il Quirinale controfirma anche le dimissioni del capo del governo. Nominare e revocare i ministri è il minimo sindacale di qualsiasi riforma che dia più poteri all`inquilino di Palazzo Chigi».

La sinistra farà una battaglia per salvare il ruolo del presidente della Repubblica. Vi troverete dalla parte sbagliata della barricata, vista la popolarità di cui gode Mattarella?

«Lo dice alla persona sbagliata. Nel 2015 quando proposi Mattarella molti italiani neanche sapevano chi fosse. A distanza di otto anni non solo lo hanno rivotato anche i suoi oppositori di allora, a cominciare da Lega e Cinque Stelle, ma la sua scelta ha dimostrato che le persone indicate durante la mia esperienza di governo sono sempre state di qualità. Lo confermano le recenti nomine nelle aziende partecipate fatte dalla Meloni. Mattarella è una colonna di questo Paese: rafforzare i poteri del premier non è contro di lui, ma è un servizio alle istituzioni democratiche. S e fai una ri- forma costituzionale, non stai giudicando gli attuali detentori del potere: stai scrivendo le regole per il futuro. E questo dovrebbe aumentare in tutti responsabilità e senso dell`onore».

Infine: il Pd ritiene che sarebbe più adatto alla nostra repubblica parlamentare un sistema sul modello tedesco, di un premier forte ma non eletto dal popolo. Che ne pensa?

«Questa idea che il capo del governo debba non essere eletto denota una sfiducia nei confronti degli elettori che rafforza chi non crede più nella democrazia. Se sei democratico, dai fiducia al voto popolare. Se hai paura del voto della gente, va bene ma non sei democratico. Quando ottant`anni fa è iniziato il percorso verso la nostra Costituzione, il Paese attraversava le fasi finali del fascismo. Oggi il mondo è totalmente diverso. Io credo che certi retaggi e certe paure del passato vadano superati. Questo vale per l`abrogazione di organi inutili come il Cnel. Ma vale anche per l`elezione diretta»