Matteo Renzi sul Riformista: Così l’omicidio stradale è diventato legge, la battaglia vinta dal papà di Lorenzo Guarnieri
Articolo di Matteo Renzi su "Il Riformista" del 28.06.2023
Stefano Guarnieri, tu sei considerato il vero padre della legge sull’omicidio stradale. Ma sei soprattutto il padre – anzi il babbo – di Lorenzo, che tredici anni fa fu ucciso da un pirata della strada. Ricordare ciò che accadde alle Cascine, il parco di Firenze, in quella terribile notte significa rinnovare un dolore che non avrà comunque mai fine. Ci racconti che cosa è successo?
«Quando meno te lo aspetti la vita può svoltare dove non vorresti mai andare. Ricevi una telefonata: “È successo un incidente a Lorenzo”. Corri sul posto e vedi un corpo a terra e dalle scarpe riconosci che è tuo figlio, la persona che ami più al mondo. All’inizio non hai tempo di pensare. Poi lentamente, a poco a poco, ti rendi conto che non è stato un incidente, ma un omicidio. Chi ha ucciso Lorenzo guidava contromano, in stato di ebrezza e sotto l’effetto di cannabis; 46 anni l’omicida, 17 Lorenzo ma non ci sono dubbi su chi fosse l’adulto».
Insieme a tua moglie Stefania e a tua figlia Valentina avete iniziato un lavoro incredibile. Io ero sindaco e sono rimasto senza parole. I primi ad aiutarti furono i tuoi colleghi di due importanti multinazionali, la Eli Lilly e Mc Kinsey.
«Uno dei primi pensieri che abbiamo avuto è stato: “Come possiamo fare per evitare che quello che è accaduto a Lorenzo accada ad altri?” Potrà apparire strano ma è un pensiero comune a tanti familiari di vittime di violenza stradale. Ci siamo messi quindi subito al lavoro e ho chiesto aiuto ad amici che sapevo avere grande cuore e grande cervello. Fra di loro cito per tutti Gioia Ghezzi, allora partner di McKinsey a Londra. Non potevamo accettare che quello di Lorenzo fosse chiamato “incidente”. Pur essendoci una chiara responsabilità personale, lo Stato, l’amministrazione, la comunità avrebbero potuto fare tante azioni diverse per prevenire l’omicidio di Lorenzo. E se vogliamo un cambiamento non possiamo aspettare che siano gli altri a farlo, ma dobbiamo in prima persona impegnarci affinché si avveri».
All’inizio non capivo il tuo taglio molto manageriale. Mi colpì una delle slide in cui insistevi per dare obiettivi numeri e monetizzare i costi degli incidenti…
«Se vuoi cambiare qualcosa devi darti un obiettivo. E l’obiettivo deve essere specifico, misurabile, raggiungibile, rilevante e definito nel tempo. Mi stupiva la totale assenza di obiettivi locali di questo tipo nell’ambito della sicurezza stradale. Si diceva dobbiamo ridurre i morti e i feriti gravi: di quanto? In quanto tempo? In quale dominio? L’obiettivo scelto fu quello di dimezzare i morti e feriti gravi in dieci anni a Firenze. Sul monetizzare, appena inizi a studiare il fenomeno della violenza stradale, ti accorgi subito di quanto grande è. Ogni anno si bruciano quasi due punti percentuali di PIL. Se avessimo i risultati sulla sicurezza stradale dei paesi del nord Europa o UK, avremmo ogni anno 15 miliardi di euro da spendere in più, ad esempio sulla sanità».
In realtà la prima volta che ci siamo sentiti, al telefono, ti lamentasti molto di come il Comune aveva gestito le drammatiche ore post incidente. Soprattutto l’assenza totale di supporto psicologico.
«Una delle cose che ti colpisce di più dopo l’evento è la contrapposizione fra la vicinanza della tua comunità, dei tuoi colleghi e amici e la lontananza dello Stato. Stupiva la totale assenza di supporto ai familiari, che si trovano ad affrontare un percorso difficile per chiunque, figurarsi per chi è biologicamente debole per aver perso in maniera traumatica, improvvisa ed evitabile un caro. Fortunatamente adesso le cose sono cambiate. Anche grazie alla nostra spinta iniziale la Fondazione ANIA mette a disposizione un servizio gratuito di pronto soccorso psicologico in tutta Italia. Il numero verde 800 893 501 è a disposizione per le vittime e i loro familiari».
Negli anni successivi hai usato la tua esperienza di manager internazionale per aiutare la città di Firenze a fare un salto di qualità sulla sicurezza stradale. I nostri concittadini non potrebbero essere più grati a te e alla tua famiglia per un impegno strepitoso. Ci racconti che cosa avete pensato e abbiamo fatto insieme.
«Ho provato solo ad imparare dai più bravi. Fra questi ci sono senza dubbio gli inglesi. Nell’ambito della “safety” da sempre dicono che occorre lavorare sulle 3E: Education, Enforcement ed Engineering. L’approccio italiano alla sicurezza stradale è sempre stato (e ancora lo è) ideologico e non scientifico. Ogni politico ha la sua soluzione unica: mancano i controlli. Oppure non c’è educazione nelle scuole. Oppure le infrastrutture sono pericolose e così via. La realtà è più complessa. Ci vogliono tutti questi elementi ma ben coordinati fra di loro e una visione strategica. Da questa idea nacque nel 2011 il progetto DAVID, piano strategico per la sicurezza stradale 2011-2020 che consegnammo a te, Sindaco di Firenze, come regalo dell’Associazione Lorenzo Guarnieri nel giugno del 2011».
Diamo dei numeri: che cosa è cambiato per Firenze, che obiettivi avete e abbiamo raggiunto.
«Delle 60 iniziative indicate nel piano DAVID alcune sono state effettuate (come, ad esempio, l’onda verde sui viali di circonvallazione, le modifiche per la sicurezza in via Pistoiese, la protezione dei passaggi pedonali, campagne di comunicazione ed educazione stradale alle superiori, la legge sull’omicidio stradale) e altre no, come spesso accade. I piani sono sempre diversi dalla realtà, ma il fatto di per sé di avere un piano aiuta. Perché indica una direzione. E questa direzione ha portato Firenze nel 2019 ad avere con 6 deceduti la mortalità più bassa per 100.000 abitanti fra le grandi città con una riduzione del 76% rispetto ai 25 morti del 2010 (fra cui Lorenzo). Una riduzione ben più alta del 23% registrata a livello italiano. Dal 2019 in poi è finito l’abbrivio iniziale e il COVID ha portato tutti gli altri problemi in secondo piano. Per cui adesso sarebbe necessario ripartire».
Quando abbiamo lanciato la proposta dell’omicidio stradale c’era il governo Monti. Sembrava impossibile raggiungere l’obiettivo. Io pensai: levati dalla testa l’idea che possiamo cambiare davvero qualcosa. Stiamo facendo una battaglia educativa utile per le nuove generazioni ma non cambierà nulla. E invece voi siete stati molto bravi e siamo stati fortunati. L’idea della legge è tua, anche se scegliesti di non venire alla foto perché avevi un impegno di lavoro ma soprattutto perché volevi far passare il messaggio che era una vittoria di tutte le associazioni. Io, nel frattempo, avevo lasciato Palazzo Vecchio per Palazzo Chigi, ricordo che la mano mi tremava nel firmare il testo.
«Direi che è stato un successo spiegabile così: tanta determinazione e tanto lavoro della nostra e di tante altre associazioni (fra tutte fammi citare l’Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale); altrettanta determinazione del tuo governo che ha messo per ben due volte la fiducia durante il percorso parlamentare. La fortuna è stata quella di poter sfruttare il momento in cui da Sindaco eri diventato Presidente del Consiglio. Da parte tua c’è stata la volontà di rispettare la promessa fatta alla festa dei 18 anni di Lorenzo, fatta di fronte a centinaia di ragazzi sgomenti per la perdita del loro amico».
Oggi ci sono in discussione nuove modifiche al codice. Stiamo andando nella direzione giusta?
«Bella domanda, a saperla la direzione. Al momento mi sembra un Pot-pourri di misure, alcune giuste e altre meno. Il Codice della Strada avrebbe bisogno di una riforma organica, basata anche sulla definizione di nuovi principi guida, adatti a una mobilità moderna. Al ministero dei trasporti potrebbero studiare il nuovo codice inglese dove viene definito chiaramente una priorità di utenti della strada. Pedoni e ciclisti, in quanto più vulnerabili, devono avere maggiori protezioni (anche di norme) e priorità sui mezzi a motore. La strada non è delle auto, è di tutti. Non è un concetto nuovo. In mare le barche a vela hanno sempre la precedenza su quelle a motore: il più debole in mare ha la precedenza da secoli».
Abbiamo discusso tra te e me tante volte, anche sugli autovelox a Firenze. Io ho detto che secondo me il Comune esagera a multare quelli che vanno a 51. Tu mi hai rimbrottato sulla stampa cittadina. Ma la verità è che siamo d’accordo sul fatto che i soldi andrebbero messi sulla sicurezza stradale. I comuni si stanno comportando bene?
«Siamo molto d’accordo su questo e purtroppo la sensazione è che non stia succedendo. Su questo la nostra associazione con ASAPS ha fatto uno studio su quanto dichiarato dalle 14 città maggiori in Italia. Vengono fuori molte stranezze. Su 309 milioni di euro dichiarati come destinati alla sicurezza stradale, circa un terzo (106) non sono correlati alla sicurezza stradale. Per l’educazione nelle scuole, campagne di comunicazione, formazione della Polizia Municipale si spendono solo le briciole (lo 0,027% del totale). Non mancano le stranezze come acquisto di armi, lezioni di tiro, ventilazione gallerie, spese veterinarie e tanto altro. Firenze non brilla per chiarezza dichiarando nel 2022 di aver intensificato i controlli su strada per 22 milioni di euro pari a due terzi del costo del personale della municipale. Difficile dire di averlo visto da cittadino. Non c’è progettualità e i proventi delle multe assorbono i costi fissi delle amministrazioni. Emblematici sono i proventi dedicati all’illuminazione: se le multe andassero a zero i nostri comuni sarebbero tutti al buio. Tanto lavoro da fare su questo tema. I soldi non mancherebbero, mancano volontà politica, competenze e leadership per investirli veramente in sicurezza stradale».
Sulla vicenda del piccolo Manuel in molti chiedono più regole per gli Youtuber e i social. A me sembra che il problema sia non mettersi alla guida drogati o ubriachi. Tu interverresti normativamente anche sui social?
«Sinceramente, a parte casi estremi che riguardano violenza e pedofilia ad esempio, vedo difficile definire delle forme di controllo sui contenuti social. Difficile indicare la linea su cosa è giusto e cosa no. La censura è sempre un atto pericoloso. Molto più semplice quando si ha a che fare con le regole della strada. Velocità, tasso alcolemico, droghe i limiti sono universalmente riconosciuti. È semplice capirli. E se non li rispetti è un gesto volontario che può facilmente ucciderti e uccidere».
Mia figlia Ester aveva 4 anni quando la vostra vita è stata ferita così drammaticamente. Oggi ha la stessa età che aveva Lorenzo quando è stato ucciso. E proprio ieri pensavo al fatto che il dolore che vivete voi genitori di vittime della strada è indescrivibile. Tecnicamente innominabile: ti muore il padre sei orfano, ti muore la moglie sei vedovo, ti muore il figlio non sei. Perché non ha un nome quel dolore lì. Avete avuto la forza di andare avanti e dai luoghi della città che lui ha frequentato fino al Brasile di Agata Smeralda avete fatto delle cose meravigliose per ricordarlo. Qual è il ricordo suo che ti torna in mente più spesso, se posso chiederti?
«Lorenzo è stato solo bambino e ragazzo. Quando ogni anno arrivava il primo caldo ci manca tanto la sua euforia per la fine imminente della scuola e l’inizio dell’estate. È difficile riuscire a raccontare come era contento quando indossava i suoi pantaloncini corti e usciva con gli amici. Chi lo ha conosciuto ricorda ancora quanta serenità e fiducia per la vita era capace di diffondere intorno a sé. Sicuramente si sentiva così anche quella sera, il 2 giugno 2010, che però è stata l’ultima della sua bellissima vita».