Renzi: "Il reddito di cittadinanza ha fallito"

La lettera pubblicata da "la Stampa", 4 agosto 2021.  

Caro direttore,

lunedì scorso "la Stampa" ha pubblicato un editoriale in prima pagina a firma Chiara Saraceno titolato "Diritti di nascita e la teoria di Renzi". Nell'articolo la professoressa mi attribuisce pensieri e teorie che io non ho mai formulato. Sono semplicemente falsità, facilmente riscontrabili. Del resto l'editorialista si guarda bene dal portare non dico una prova ma quanto meno un indizio delle frasi diffamatorie che mi attribuisce.

In estrema sintesi il mio pensiero è molto semplice: il reddito di cittadinanza è una misura che non funziona. Lo dimostrano i numeri, inoppugnabili. Lo dimostra il fallimento dei navigator e la ingloriosa fuga del professor Parisi in Mississippi. Lo dimostra l'aumento della povertà che qualche ministro aveva abolito da un terrazzo di Palazzo Chigi. Lo dimostra l'allarme ripetuto dei sindaci italiani. Lo dimostrano le cronache giudiziarie dove sono sempre più numerosi i casi di criminali che ricevevano il Reddito.

Chiedere di cambiare è non solo politicamente legittimo ma per me anche moralmente doveroso: nei confronti di chi si trova in reale difficoltà e nei confronti dei cittadini che con le loro tasse contribuiscono, come è giusto che sia, alla redistribuzione delle ricchezze ma che hanno il sacrosanto diritto di vedere i loro denari stanziati in misure efficaci, non usati per riempire le tasche di molti, troppi furbetti.

La professoressa Saraceno ha tutto il diritto di non essere d'accordo e difendere una misura che io invece giudico scandalosa. Non è invece suo diritto affermare il falso su di me come quando dice che avrei osteggiato il reddito di inclusione, con una ricostruzione tanto falsa quanto diffamatoria. Quando sono diventato Premier era previsto uno stanziamento di 20 milioni di euro all'anno nel capitolo Lotta alla povertà. Mi sono dimesso dopo aver approvato una legge di Bilancio che vi destinava 2.7 miliardi di euro annui. Questi sono numeri e fatti cristallizzati in Gazzetta Ufficiale, quelle della Saraceno menzogne prive di fondamento. Quella legge - la cui approvazione è stato il mio ultimo atto da Premier - l'ho scritta e voluta io convintamente insieme ai miei collaboratori, scegliendo di stanziare accanto alle risorse destinate al Reddito di inclusione un gigantesco investimento in Industria 4.0. Perché il compito di uno Stato liberale deve essere quello di aiutare chi non ce la fa ma anche e soprattutto di creare opportunità per farcela con le proprie gambe.

Da Premier ho lanciato una campagna sulla povertà educativa chiedendo e ottenendo il sostegno di importanti fondazioni del settore, incaricando della gestione il professor Nannicini. Sulla povertà non ho mai utilizzato le parole banali e mediocri che la Saraceno utilizza mentre mi invita a studiare: nei libri che ho scritto ho più volte esposto la mia totale ammirazione per le valutazioni sulla povertà e sul modo di combatterla di Esther Duflo, insignita del Premio Nobel per l'economia nel 2019, insieme a suo marito Abhijit Banerjee. La Duflo spiega bene come lottare contro la povertà sia uno sforzo che va oltre il singolo sussidio, di come richieda un'azione politica coordinata e strategica. Altro che reddito di cittadinanza.

Una considerazione finale. Poche critiche degli accademici sono banali quanto quelle di chi non affrontando gli argomenti ridicolizza le idee degli avversari storpiandole. Se sei convinto di ciò che pensi, non fai caricatura delle opinioni di chi non la pensa come te: si chiama onestà intellettuale. Rispondo tuttavia anche a questo. Non credo al diritto di nascita ma al contrario ritengo che il principio di eguaglianza sostanziale sia il cardine della Costituzione repubblicana. E uguaglianza sostanziale significa fare in modo che a tutti siano date le stesse opportunità di farcela, di realizzarsi, indipendentemente dalla propria condizione di partenza. È un principio che porta con sé diritti inalienabili, ma anche doveri. Quei doveri di cui troppo spesso ci si dimentica. Mi sono laureato con una tesi su Giorgio La Pira nel periodo in cui aveva appena scritto "Le attese della povera gente" e conservo nel mio cuore il ricordo dell'incontro con don Helder Camara, colui che la Chiesa chiamava il Vescovo dei poveri. Sono stato il Premier che ha finanziato l'abbattimento delle vele di Scampia e che quando è andato in Sud America ha voluto incontrare il fondatore dell'operazione Mato Grosso, padre Hugo De Censi. La mia vita personale non è la gita di chi ha goduto di un diritto di nascita. Non mi è mai mancato nulla, grazie a Dio, ma un po' per scelta, un po' per necessità ho iniziato a fare quelli che vengono chiamati lavoretti durante le vacanze estive del liceo. Nel periodo dell'Università sono stato come tanti uno studente lavoratore che si alzava tutte le mattine alle cinque per distribuire i giornali. Ho molto da imparare e devo sicuramente ancora studiare, tanto: sono felice di riconoscerlo a differenza di chi pensa di sapere già tutto. Posso e voglio apprendere da tutti ma non prendo lezioni da chi afferma il falso.