Renzi: Non sono io il royal baby, occhio a Meloni

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colloquio con Matteo Renzi di Stefano Cappellini per "Repubblica"

 

Matteo Renzi, ricorda il libro di Giuliano Ferrara su di lei? "Il royal baby". L`erede di Silvio Berlusconi è un ex segretario del Pd?

«Berlusconi ha scelto consapevolmente di non avere un erede. Non ha mai considerato l`ipotesi di una successione a sé stesso. E aveva ragione, una personalità come la sua, eccezionale nel senso letterale del termine, non può essere sostituita».

Ma gli elettori di Berlusconi, prima o poi, si guarderanno intorno. Lei ci punta?

«Ci sarà sempre chi voterà per meno tasse e più garantismo, ma non ci punto e comunque sarebbe irrispettoso parlarne ora. Anche chi, come me, non l`ha mai votato deve riconoscere che era una figura totalmente fuori dagli schemi. Ha creato da zero un partito, un modello televisivo, un modello edilizio, un modello sportivo. Possono piacere o no, ma senza dubbio è stato un gigantesco innovatore».

A lei piacciono, si direbbe.

«Alcuni sì, altri meno. Si può non avere una memoria condivisa su Berlusconi, negare che abbia cambiato la storia d`Italia mi pare più difficile. Quando voleva diventare presidente della Repubblica in tanti, me compreso, gli dissero di lasciar perdere, che era impossibile. In quei giorni un suo amico molto stretto mi fece capire perché non avrebbe rinunciato: "Gli hanno già detto che era impossibile anche prima di Milano 2, delle tv, del Milan e di Forza Italia"».

Nel 2009 Berlusconi la invitò ad Arcore quando lei era ancora solo il sindaco di Firenze. Fu un incontro che creò grandi polemiche, nel Pd e non solo, anche perché si venne a sapere solo a giochi fatti.

«Il motivo ufficiale della visita era che io volevo l`introduzione della tassa di scopo, concessa a Roma, anche per Firenze. Ma è vero che si parlò un po` di tutto, pure di Max Allegri allenatore del Milan. Fu un incontro piacevole. A un certo punto Berlusconi mi chiese (qui Renzi ne imitala voce): "Ma lei ha capito perché i comunisti mi odiano così tanto?". Comunque, alla fine, portai a casa 20 milioni per la mia città».

Insieme al sospetto di avere stretto un accordo sottobanco con il capo della coalizione avversaria della sinistra.

«Sciocchezze. Ma è vero che ho sempre avuto un rapporto molto umano e cordiale con lui. La prima volta che lo incontrai ero presidente della Provincia di Firenze e l`ex capo della Croce Rossa Maurizio Scelli aveva organizzato una manifestazione per Forza Italia al Palasport di Firenze, che però era semivuoto. Allora Verdini cominciò un frenetico giro di telefonate per riempire qualche pullman e portare un po` di gente. Nell`attesa, Berlusconi era fermo da due ore in una stanza della Prefettura di Firenze. Io avevo la sede nello stesso palazzo e andai a salutarlo. Lui squadrò com`ero vestito e disse: "Ma lei che viene dal marketing e non dal comunismo non lo sa che non ci si veste mai di velluto marrone?"».

Berlusconi la voleva in Forza Italia.

«Questo è vero. Un anno prima dell`incontro ad Arcore ricevetti una telefonata di Denis Verdini, che non avevo mai sentito prima. Mi disse: i` mi capo l`è innamorato dite. Fu la prima di una serie di avance, tutte respinte».

Prima la corte di Berlusconi, poi capo della sinistra italiana. Cosa non torna?

«Siamo stati avversari ma non l`ho mai odiato e ne sono orgoglioso. A me, a differenza che a Letta e Gentiloni, il Cavaliere non ha mai votato la fiducia. Che non ci fosse nulla sotto è dimostrato dal fatto che mi ha stroncato la carriera, quando si sfilò dal Patto del Nazareno e di fatto mi mandò al referendum».

Il Patto del Nazareno sulle riforme e forse su altro: ci svela cosa prevedeva davvero?

«Era tutto molto trasparente, a me servivano i suoi voti, a lui serviva la legittimazione della maggioranza. Sul nome di Mattarella per il Colle saltò tutto».

Berlusconi voleva Amato.

«Gli dissi: proponilo tu Mattarella e te lo intesti. Io ti seguo. Non ci fu nulla da fare. Si infuriò»

Apprezzava anche la politica estera di Berlusconi?

«In parte sì, in parte no. Su Gheddafi aveva ragione ma non aveva la forza per imporsi su Sarkozy. Alcuni leader, come Blair, avevano di lui stima vera. Quando ci fu la polemica perché dopo un vertice europeo Berlusconi si era appartato al telefono e aveva disertato la foto di gruppo, si disse che stava al telefono con le fanciulle e lui si giustificò dicendo: Merkel mi ha chiesto di chiamare Erdogan. Non gli credetti e durante una cena con Merkel le chiesi se era vero. Mi disse di sì».

Poi ci sono i rapporti con Putin.

«Ma lì bisogna partire anche dal fatto che Berlusconi era sinceramente convinto di aver evitato la Terza guerra mondiale portando Bush e Putin a Pratica di Mare. Con Bush aveva un rapporto strettissimo. Solo con Obama non ci fu mai feeling».

Restano le zone oscure della biografia, i processi, le inchieste.

«Rivendico di aver introdotto nel Pd la novità di sfidare Berlusconi sul piano politico e non giudiziario. Dopodiché, se qualcuno alla procura di Firenze pensa che Berlusconi sia il mandante delle stragi del 1993, si deve curare».

L`affinità con Berlusconi si è cementata sulla comune visione della giustizia?

«No, ma quando arrestarono mia mamma mi telefonò subito. Disse: a noi possono farci quel che vogliono, ma le mamme non si toccano».

Meloni sarà più o meno forte in una destra senza Berlusconi?

«Presto per dirlo, però è chiaro che Meloni ha uno spazio più grande al centro da conquistare e mi stupirei se non provasse a occuparlo».

C`è dibattito sugli onori di Stato da tributare a Berlusconi.

«A Palazzo Chigi è stato più giorni di De Gasperi, Fanfani, Andreotti, Moro. I funerali di Stato sono doverosi».