Renzi: “Per la scuola test obbligatori e prof in classe”

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Intervista di Carlo Bertini, La Stampa, 30 agosto 2020

«Noi siamo quelli che hanno mandato Salvini a casa ma che ora vogliono evitare che nella casa del centrosinistra entri Di Battista con la Taverna. Italia Viva non è contro il Pd, ma è un’altra cosa. Non vogliamo morire leghisti ma non vogliamo vivere grillini». È una sorta di alterità, la bandiera che sventola Matteo Renzi in questa campagna «comune per comune» nella sua Toscana, che l’ha portato a farsi pure una passeggiata a piazza del Campo a Siena, «che per un fiorentino non è una cosa qualsiasi».

Il tema che ora gli italiani sentono più concreto in questa campagna è però la scuola. Ce la farà a riaprire il 14 settembre?
«Ce la deve fare. C’è un aumento dei contagi, fisiologico, ma non dei morti: bisogna conviverci. Il virus non sarà sconfitto per mesi e chi continua a vivere di paura non si rende conto che si rischia di morire di fame».

Se invece fosse un disastro, la ministra dovrebbe dimettersi?
«In questa fase la priorità è far andare le cose bene, non evocare scenari».

Cosa voterà al Senato quando verrà calendarizzata la sfiducia di Salvini alla Azzolina?
«Penso che oggi sia fondamentale dare tutti una mano perché la scuola riparta. I conti di solito si fanno alla fine. Qui si faranno all’inizio. Dopo la riapertura».

Pensa che basterà l’assunzione dei precari o si rischiano buchi negli organici? «Dico che è molto più utile lavorare sulla formazione di un insegnante che non spendere milioni di euro per banchi a rotelle, tuttavia non basta questo: c’è un problema di programmazione e progettazione. Per questo chiedevamo a marzo di fare lavori col modello Genova anche nelle piccole scuole, dando i poteri ai sindaci. Se si fossero utilizzati questi mesi, invece di chiacchierare, avremmo un pezzo del problema risolto. Siamo stati i primi a parlare di riapertura delle scuole e ci dicevano che era troppo presto. Ma bisognava partire allora, non rincorrere».

Crede ci sarà la fuga degli insegnanti per paura del contagio?
«Ho stima per la categoria dei docenti, ma se farmacisti netturbini e cassiere lavorano da febbraio, non vedo perché i docenti debbano continuare a stare a casa».

Pensa che i professori debbano fare tutti i test?
«Assolutamente sì, di cosa hanno paura, di un prelievo? I professori devono fare test e tamponi, e anche il vaccino. Comunque sia, la scuola è la madre di tutte le battaglie in questa fase, insieme al lavoro».

Gli italiani infatti sono presi da questi temi e meno dal referendum sul taglio dei parlamentari, che però è oggetto di polemiche anche nella maggioranza. In queste stesse piazze dove ora fa campagna, nel 2016 lei metteva manifesti con scritto «basta un sì al referendum per tagliare poltrone e stipendi» e per «ridurre il numero di politici». Come fa oggi a dare libertà di voto?
«Ridurre il numero dei politici è sempre stato obiettivo anche della sinistra, ma noi lo abbiamo perseguito modificando le funzioni di Camera e Senato. Se sei una persona seria fai questa riforma superando il bicameralismo e semplificando il procedimento legislativo, se lo fai solo con un taglio lineare stai facendo uno spot populista. Finito il referendum si porrà il tema di come fare una nuova stagione di riforme, cui si lega la nuova legge elettorale. A Salvini, Meloni e a tutti dico: se volete fare un ragionamento serio, facciamolo insieme. Un appello a riforme bipartisan, fatte tutti insieme».

Non è che vuole mandare la palla in tribuna, aspettare le Regionali per contare i voti e poi vedere quale sistema elettorale conviene di più a Italia Viva?
«Italia Viva andrà molto bene. Più i sondaggi ci danno bassi, più sarà un piacere smentirli. E la cartina di tornasole sarà il teatro di battaglia nazionale del seggio senatoriale di Sassari. Era dei Cinque stelle, che oggi col Pd candidano un ingegnere grillino. Noi invece un ottimo professionista, l’avvocato Marras, che può fare un grande risultato. Italia viva sarà misurata dal risultato in Toscana e Campania ma anche in Sardegna: la grillinizzazione del Pd è un’occasione per noi che non vogliamo morire leghisti e neanche vivere grillini».

Ma dopo Regionali e referendum servirà un check alla squadra di governo? Il rimpasto esiste come possibilità?
«Certo, se guardo i dati, Italia Viva è il partito più sottorappresentato, noi abbiamo tre esponenti nel governo e il Pd ventisette, nove volte di più e al Senato hanno solo il doppio dei senatori. Avrei tutto da guadagnare a chiederlo, ma non mi interessa. Penso alla politica, non alle poltrone».

Se proverete a buttarlo giù, Conte venderà cara la pelle e farà un suo partito?
«Voglio tirare su il paese, non buttare giù il premier. Se governare con la paura riesce a tutti, dare speranza è più complicato. Poi se voglia fare il capo dei Cinque stelle o un nuovo partito non mi interessa: io lo incoraggio ad andare avanti a cominciare dalla richiesta del Mes per le spese sanitarie di cui le regioni hanno assoluto bisogno. E dico quelle che per me sono le priorità per il Recovery fund. Lavoro, da infrastrutture a incentivi per l’intelligenza artificiale. La grande gestione dei big data, innovazione personalizzata, che significa dare nuovi posti di lavoro. Terzo, ambiente e sostenibilità. Quarto, le donne: sviluppare la presenza femminile nelle aziende».