C'è un mostro a casa mia

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colloquio con Matteo Renzi di Natalia Aspesi per "il venerdì"

MILANO. Anche Gianni il portinaio è compiaciuto. «Lei è più alto di quel che pensavo» gli dice ammirato. E Beatriz, la signora salvadoregna che si occupa con un certo disordine della mia sopravvivenza, si incanta: «Bello! E anche educato. In televisione fa più rumore, invece è un signore!».

Indubbiamente Matteo Renzi di persona è meglio che in video e in foto. Se non si volesse passare per vecchie dementi, e dimenticando per un attimo i molti orrori, dico orrori ed errori, che gli vengono attribuiti, si potrebbe persino definirlo attraente. (Evitare linciaggio a bastonate, o magari mediatico, anche se tanto quello non mi tocca). Oppure diciamola così: è meno triste del ministro Sangiuliano, tanto per dirne uno.

Si chiederanno i molti perdigiorno che si chiedono e chiedono al mondo cose prive di interesse: ma perché il senatore Renzi non solo accetta di parlare con una giornalista dalla frivolità d'antan, mai da lui vista prima, e non autorizzata a intervistare personaggi della politica, e per di più andando a casa sua per questo inusuale incontro? Forse perché la signora appartiene al secolo scorso, e ancora si ricorda di Berlinguer, e di De Gasperi, e ovviamente di Moro? Per fare un'opera buona. O per curiosità? È per parlare della nuova edizione aggiornata del suo Il Mostro, bestseller di cui ha già doviziosamente discusso tra l'altro a Metropolis con Gherardo Greco e il direttore di Repubblica Maurizio Molinari, un testo tipo Fantasma dell'Opera in cui Matteo Renzi denuncia le tante ordalie di magistrati e politici — e nessuno, almeno per ora, che l'abbia querelato.

Io non leggo mai questo tipo di libri, quelli in cui il politico parla di sé, in quanto noiosissimi. Anche perché del politico se ne sa già fin troppo, essendo scomparsa qualsiasi altra notizia da ogni mezzo di informazione. Ma aspettando la sua gentile visita, il libro di Renzi, non tutto, per carità, ma almeno le 75 pagine della nuova introduzione, ho dovuto leggerlo, tanto per ricordarmi di tutte le malefatte contro di lui e quelle a lui imputate.

Ne ha davvero passate di ogni colore, dottor Renzi. Non dico come Jean Valjean perseguitato dal poliziotto Javert, ma insomma...Voglio dire: Putin è peggio di lei. Ma è quasi più criticato lei di Putin. Come se lo spiega?

«Un po' me la sono cercata. Perché, nel momento di massima forza, ho sbagliato a pensare che i fatti fossero più importanti del modo in cui uno si dovesse porre. Io vedevo i risultati, e i risultati c'erano. E mi dicevo: come fanno ad attaccarmi se ho aumentato di un milione i posti di lavoro - perché Berlusconi lo diceva, ma io l'ho fatto - come fanno ad attaccarmi se abbiamo varato la prima misura contro la povertà, la legge sull'autismo, la riforma del Terzo settore, la legge sulle unioni civili. Pensavo, sbagliando, che queste cose fossero più importanti del mio modo di essere. E quindi sì, sono stato arrogante. Forse c'entra anche che ero giovane, il più giovane premier d'Italia. Ma c'entra pure il fatto che ero convinto di avere diritto a una vita fuori dalla politica. Cioè: io sapevo che il giorno in cui avessi smesso, avrei ricominciato un'altra cosa. E quindi mi sentivo libero».

Mi faccia capire lei davvero non pensava che la politica fosse tutta la sua vita?

«Non l'ho mai creduto, non lo credo neanche adesso, la vita può offrire altro e molto di più anche a me. E quindi vivevo in uno stato d'animo libero. E sentendo crescere attorno a me un malumore che non capivo, pensavo: beh, se non mi vogliono peggio per loro. E questo è un atteggiamento di arroganza vergognoso».

Mi scusi,ma allora perch é non ha smesso? Forse perché è dispettoso?

«La verità è che forse per la prima volta nella mia vita, quando ho lasciato Palazzo Chigi dopo aver perso il referendum costituzionale, non voglio dire che ho perso lucidità, ma ero davvero molto combattuto. Io volevo smettere del tutto. E oggi sono convinto che se lo avessi fatto per me personalmente sarebbe stato molto meglio. Gentiloni, che stava diventando presidente al posto mio, mi disse: se smetti, non sai che cosa ti faranno. Ma non è stato questo decisivo. Decisivo è stato il fatto che in quei giorni arrivarono 27 mila email che mi chiedevano di restare. Così come me lo chiedevano tutti i miei amici. E poi il referendum io l'ho perso, ma quelli che avevano detto Sì alla riforma erano stati comunque 13 milioni di italiani. Voglio dire: così come tanti mi odiavano, una parte minore, ma comunque rilevante, mi voleva bene. Ma può anche darsi che queste fossero soltanto scuse che mi sono dato. Resta il fatto che mi sono fatto convincere che il mio mondo avesse bisogno di me, e invece non era vero niente. E lei ora fa bene a ridere!».

Scusi eh...! (ride). E che cosa avrebbe fatto se avesse deciso di smettere di far politica?

«Avevo delle offerte per andare a lavorare in America, a lavorare nel mondo della finanza, come sempre in questi casi. Andare a fare un po' di soldi, insomma, e un'esperienza all'estero. Col senno di poi è stato un grosso errore».

E successo questo. Per vaneggiamento o innocenza, mesi fa, rispondendo ad una lettera della mia canuta posta sul Venerdì, osai dire che - forse - alle elezioni politiche di settembre avrei votato Renzi. Non che a Natale avrei mandato un panettone gigante a Putin o aderito al gruppo cristiano Ammazza il gay", avevo solo espresso un pensiero, in tempi in cui se non ti adegui al popolo che decide cosa è bene e cosa è male, rischi minimo l'abominio. La montagna di lettere che ho ricevuto e continuo a ricevere (anche oggi 13 dicembre!) a danno fatto e per ora non riparabile, è impressionante. Non più di una decina per fortuna quelle stile ayatollah. Le altre, pur affrante per la mia follia, non offensive: Signora, lei mi ha deluso! Non la riconosco! Sono rimasto basito! Mi sembra che lei le spari grosse! La sua confusione mentale! La caratteristica di quasi tutte le email in lacrime era la ricca informazione sulle malefatte del Renzi, parecchie a me ignote: praticamente da parte sua un tentato omicidio della demo- crazia italiana. E nessun neppur minuscolo merito, tipo appunto le unioni civili sempre chieste e mai ottenute se non dal suo governo tremendissimo. Forse in eterno lei sarà accusato di aver manomesso il Pd. E cioè quel che era ritenuta la sinistra e adesso non si sa più se lo sia ancora o se ci basta cambiare nome e segretario; ma anche noi poverini, di sinistra praticamente dal concepimento, non sappiamo più se lo siamo e perché mai dovremmo esserlo. Però lei, Renzi, non è nato a sinistra: giovinetto faceva parte del Partito popolare, dove c'era anche Buttiglione, poi è passato alla Margherita, quella di Rutelli, che alla fine è confluita nel Pd. Voglio dire: proprio di sinistra non lo è mai stato. E comunque, è diventato segretario del Pd quando la sinistra era ormai già scomparsa da tutto il mondo. Insomma: se di sinistra non è mai stato, perché nel Pd le imputano di non esserlo?

«E però guardi, nel Partito popolare c'erano anche Mattarella e Martinazzoli, e io stavo da quella parte lì. E comunque, più che con la Margherita, io nasco con tre miti. Bill Clinton, che da oscuro governatore dell'Arkansas diventa presidente degli Stati Uniti. Tony Blair, giovane segretario del Labour e premier della Gran Bretagna. Ma nel mio Pantheon c'è soprattutto la memoria di Bob Kennedy, che manda l'esercito per consentire a un ragazzo di colore di entrare all'università. Io vengo da quella storia lì, e ci metto dentro anche il mio essere cattolico. Quindi, certo, più centrista che sinistrorso. Ma quando Veltroni dice "Facciamo il Pd",io ci credo davvero, credo davvero al sogno di una cosa nuova. E poi, scusi, cosa significa davvero essere di sinistra? Penso al Panzeri del Qatargate che uscì dal Pd quando io ero segretario perché non ero abbastanza di sinistra. Poi ci tornò al mio abbandono per unirsi con D'Alema in Articolo Uno. Del resto, scusi eh, ma secondo lei chi è che davvero ha distrutto quel sogno che poteva essere il. Pd? Io credo proprio D'Alema, che nel Pd vedeva la fine del proprio potere. Perché D'Alema è uno che dice "Capotavola è dove mi siedo io"».

E Goffredo Bettini no? Non ha anche lui delle responsabilità?

«Ma Bettini è uno che arriva dopo, è uno che si compiace del ruolo di presunto intellettuale. E il fatto che venga considerato un intellettuale dice molto della crisi del Partito democratico, oltre che della lingua italiana».

Anche dagli sguardi pensosi della mia gatta, il portinaio Gianni, Beatriz ed io sospettiamo che le colpe del senatore siano gravate dal fatto che pare tutto fuorché un politico, soprattutto quelli di oggi, che pur rimessi in ordine dagli stessi staff degli influencer, appaiono stremati, sdrusciti, un po' sformati, con calvizie avanzate, piccolotti o al contrario giganti; i nuovi ministri maschi, poi, un po' in là con glí anni e barbe di ispirazione fascista, tengono quasi sempre gli occhi bassi e questo non giova all'aspetto decisionista; non parliamo di quelli che fanno i giovanotti, con magliette e giubbotti tesi sulle pance sempre più instabili. Renzi invece è un figurino, redingote blu e sotto completo blu (Scervino? La Tessitrice? Al momento non trova l'etichetta) camicia bianca così ben stirata da guardare con rimprovero la Beatriz più propensa alla stazzonatura, collo (della camicia) che pare marmo e come sempre niente cravatta. Dalle immagini inty si capisce che Salvini,perlo stress politico di chi è in discesa, sta lottando strenuamente contro il suo corpo che si gonfia, e si è fatto ingrigire la barbetta per oscurare le guanciotte: lei ha una testa inappuntabile, qualche sfumatura di grigio ben piazzato sulle tempie. Un po' si tinge?

«Guardi che ho querelato per molto meno! In gennaio compirò 48 anni, e il grigio dicono faccia sexy. Più che altro sto attento al peso. Quando sto bene oscillo tra gli 81 e gli 82 chili, 90 quando sto male. Adesso sono a 85. Posso mangiare troppo oppure niente, sono bulimico, come in politica. Ginnastica? Non ho costanza. Però ho fatto due maratone: ma li il cervello conta più delle gambe».

Non ha voluto un caffè, non il tè, non tocca l'acqua minerale,non ha sfiorato neppure la scatola di cioccolatini. Sta pensando ai rimproveri di sua moglie?

«Quando lo fa mi secca, ma ha sempre avuto ragione in tutti i passaggi chiave. Una sera stavo giocando con i miei figli alla playstation, e passandomi accanto mi disse: guarda che il referendum lo perdi — e badi che in quel momento tutti i sondaggi mi davano vincente. Quella sera persi anche alla play, ma questa è un'altra storia, forse meno grave. Come si può immaginare non sono stati anni facili per noi, ma una delle cose che ho apprezzato più di mia moglie in questi anniè stata la sua fermezza nel contrastarmi quando sapeva di aver lei ragione e io torto. Nessuno ci crede, ma davvero nel febbraio del 2014, quando dissi a Letta "Stai sereno", ero sicuro che Napolitano l'incarico l'avrebbe dato a lui. Poi comincio a pensare che forse no, e una settimana prima che la notizia diventi ufficiale dico ad Agnese: si parte, si va a Roma, tutti quanti, io tu e i ragazzi. E lei, con assoluta fermezza, mi risponde: no, io resto qui, i ragazzi restano qui, non li sottopongo a questo stress. Ero molto arrabbiato, e ho molto insistito. Ma non c'è stato niente da fare, e la mia famiglia è rimasta nel paesino tra Firenze e Pontassieve».

Però sua moglie le è stata vicina come first lady ogni volta che è stato necessario.

«È stata impeccabile ovunque andassimo: al G20, al G7, alle visite di Stato, alla Scala, al San Carlo, al Maggio, con Obama, all'Expo. Ha fatto tutto quello che le veniva richiesto, perfettamente. Ma ha scelto di mettere al centro della sua vita l'educazione dei ragazzi e io la devo ringraziare per questa sua saggezza. Oggi abbiamo tre figli, una al liceo e due grandi all'università, tutti e due studiano Economia, uno a Firenze e l'altro non vuole che si sappia dove, perché quando gli chiedono "Sei figlio di quel Renzi" lui nega, dice di Renzi a Firenze ce n'è a centinaia. Siamo riusciti a mantenere in famiglia tutto ciò che riguarda la famiglia, le nostre discussioni, le nostre molte discussioni. Agnese ed io abbiamo trovato un modo nostro di stare insieme. Ed è un modo che funziona».

Italia viva è all'opposizione: l'opposizione deve essere sempre contro o, come mi pare faccia il suo sodale Calenda, è permesso dialogare?

«Io non starò mai con questa premier e con questo governo. Però devo dire che Meloni è stata brava ad insistere per avere come ministro della giustizia Nordio. Certo è un personaggio di destra, ma di una destra civile, liberale, come c'è nel resto del mondo. La destra giustizialista sarà in imbarazzo, io no. Dopodiché tra me e l'attuale governo c'è una differenza abissale. Per dire: una delle cose di cui vado più fiero è il bonus che porta i diciottenni in libreria. E loro lo vogliono togliere».

E un governo che durerà?

«Non lo so, ma non credo. Dipende da troppi fattori. Per esempio dall'aspetto psicologico della presidente. E una ragazza che è stata brava a vincere le sue battaglie, e bisogna avere rispetto per quelli come lei. Ma riuscirà a sostenere questo peso? La immagino ogni mattina guardarsi allo specchio e dirsi: Ricordati che sei Giorgia. Ma Giorgia non funziona per il governo. C'è questa contraddizione tra ciò che lei è stata, ciò che vorrebbe essere e ciò che deve essere. Se vuole restare dov'è deve cambiare troppe opinioni».

Qualche mio collega che sa di politica e sta dalla sua parte un po' da carbonaro, pensa che lei abbia poche possibilità di tornare un giorno a governare.

«Me lo dicono in tanti. Ma viviamo in un tale caos che io non escludo niente. Per come è fatta l'Italia posso cadere nel dimenticatoio fra due mesi e per sempre, ma anche può succedere che con una congiuntura astrale straordinaria possa tornare ad avere un consenso molto superiore a quello di oggi. E poi non ci siamo solo noi, ci sono i giovani, e in questo momento sono loro la mia priorità: fare educazione politica con loro, far capire come si amministra una città, discutere di geopolitica e di futuro del mondo. Ai nostri incontri e alla nostra summer school vengono giovani under 30 malati di politica, e io sono innamorato di questa generazione. I sedicenni, invece, ancora non li inquadro. Ma li sto studiando».

Insomma, non sarà facile liberarsi di lei?

«La politica italiana è imprevedibile, lei avrebbe mai detto che sarebbe spuntato un signor nessuno chiamato Giuseppe Conte e che costui avrebbe governato prima con la destra, poi con la sinistra e avrebbe rifiutato Draghi? Credo che lo abbia sostenuto una parte del mondo vaticano, la stessa a cui non piaccio io. Ricordo che quando firmai la legge per le unioni civili, la settimana dopo c'erano dei manifesti con su scritto "Renzi ci ricorderemo!". Per chi come me è credente, una specie di anatema biblico. E una parte di cattolici che me l'ha giurata, ma io so di aver fatto bene, pur non essendo affatto un riferimento per il mondo gay. Ma quando due persone vanno in comune a promettersi amore davanti al sindaco, per la società questo è un passo avanti grandissimo. Che riguarda non soltanto i diritti, ma i doveri».

A proposito di Conte, sta avendo un gran successo, e magari adesso si mangia anche il Pd. A lei proprio non piace...

«Ma sa, lui considera usurpatori tutti quelli che vanno a Palazzo Chigi, che è roba sua e di nessun altro, per decisione divina. Pur di restare ha cambiato idea su tutto, da Trump a Biden, da Salvini a Letta, dal sovranismo alla si- nistra.11 momento chiave fu quando si sussurrava che avrei potuto diventare ministro del governo Conte per chiudere la crisi. E invece dissi di no, perché volevo Draghi presidente del Consiglio. Se lei mi chiede oggi quale è la mia soddisfazione più grande, oltre ad aver fatto il sindaco di Firenze e qualche buona leggina, è stato vedere Conte andare via da Palazzo Chigi. Perché ho la netta consapevolezza di aver difeso le istituzioni da una deriva pericolosissima».

Per chiudere il nostro cicaleccio. Oggi i giornali avevano in prima pagina tre tragiche notizie; da Bruxelles la vergogna ladresca; dall'Italia i ragazzi morti in automobile verso l'alba e l'uomo che ha ammazzato quattro condomini. Se fosse al governo, quale sarebbe il caso di cui si occuperebbe con più intransigenza?

«Sono tutte e tre vicende crudeli. La corruzione a Bruxelles è una vergogna. Ed è ovvio che, anche come padre, le tante notizie di ragazzi che muoiono negli incidenti d'automobile mi straziano: quando, da sindaco, mi trovavo di fronte a genitori che avevano perso i propri figli, mi sentivo male. E anche adesso - per quanto io possa essere arrogante - su un tema come questo non mi permetto di esprimere alcun tipo di valutazione: se non, come riflessione a margine, il fatto che noi siamo cresciuti quando se gli insegnanti ci davano una nota i nostri genitori si arrabbiavano con noi, adesso insultano l'insegnante. Però, se devo dirle, la notizia tra queste tre che più mi preoccupa è quella della strage romana, cioè il tema della salute mentale. E un tema che continua ad essere sottovalutato dalla politica. In America i casi sono molti di più per via dell'accesso facile alle armi da fuoco. Ma lo sa? Anche da noi la follia uccide».

Renzi ha perso con me quasi due ore, e non è finita lì: mezz'ora dopo mi arriva un mazzo di fiori di massima eleganza - e si sa quanto noi signore ne restiamo conquistate.