Enews 395, sabato 25 luglio 2015

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In questo lungo e caldo mese siamo stati impegnati su più fronti. Le due parole d’ordine sono sempre le stesse: riforme e crescita.

Sul fronte economico, tra mille problemi, tanti segnali sono positivi, finalmente positivi: la produzione industriale a maggio ha fatto più 3% sul maggio 2014, la cassa integrazione è drasticamente ridotta, Banca d’Italia ha alzato le previsioni del PIL 2016-2017 addirittura oltre le stime del Governo, i consumi hanno interrotto un’emorragia pluriennale. E quando è arrivato il momento più duro della crisi greca in molti continuavano a insistere con le preoccupazioni sul contagio: “Vedrai, anche l’Italia sarà messa nel mirino”. Abbiamo visto che le cose non sono andate così. L’Italia non è più il problema dell’Europa, come nel recente passato.

Tutto questo sta accadendo in un contesto internazionale non semplice (Mediterraneo, Grecia, Ucraina), ma l’Italia è economicamente al sicuro perché il Parlamento ha dimostrato di poter finalmente mantenere i propri impegni, realizzando le riforme. Se l’Italia non avesse fatto in questo anno il JobsAct e le riforme istituzionali (legge elettorale e province, per adesso, ma sono in arrivo Senato, Titolo V e pubblica amministrazione), le pene più dure sulla corruzione e le banche popolari, gli 80 euro e l’Irap sul costo del lavoro, e via dicendo saremmo stati considerati dagli osservatori internazionali e dai mercati come i soliti parolai. Non è così, non è più così. L’Italia è tornata, gioca il proprio ruolo nel mondo (a cominciare dall’Africa, che è la scommessa più intrigante e difficile dei prossimi anni) e riacquista credibilità ogni giorno. Questo ci dà ossigeno per tornare a crescere. Cosa che non accadeva da anni.

Certo la sfida non è facile, anche perché c’è una costante tentazione del sistema Paese a autoflagellarsi. In tanti dicono che va tutto male, sempre male, solo male. Scommettono sul fallimento. Noi no. Ci proviamo. Ogni giorno. Passo dopo passo.

Ecco perché la foto di copertina di questa enews è una foto inattesa, forse: vede aziende, sindacati, governo, regioni festeggiare a Palazzo Chigi. Non credo che la troverete su molti giornali: è una buona notizia! Riguarda l’accordo Whirlpool, che ha salvato – tra l’altro – la fabbrica di Carinaro a Caserta, operazione che sembrava impossibile solo due mesi fa. Non è l’unica buona notizia di ieri: abbiamo firmato 8 miliardi di contratti con l’Egitto in vari settori, otto miliardi di euro passati nel silenzio più assordante; abbiamo ottenuto un investimento di 500 milioni nel settore agricolo-tabacco tra Benevento, Caserta, Toscana, Umbria e Veneto; abbiamo ricevuto l’ennesimo dato positivo sulla riduzione del numero dei cassaintegrati. Bene.

Ma tutto questo ha senso solo se ci ricordiamo il nostro obiettivo: noi non vogliamo solo tirare fuori l’Italia dalla crisi. Vogliamo riportarla al posto che merita: alla guida dell’Europa. E costi quel che costi, ce la faremo. Perché l’Italia si merita di più.

Non vi intaso la posta con troppe parole. Mi limito allora a segnare:

  1. Chi ama il dibattito sull’Europa, qui trova il video e il testo del discorso all’Università di Humboldt (“Ritorno al futuro”, 1 luglio)
  2. Chi ama il dibattito su Israele e il Medio Oriente, qui trova il video e il testodel discorso alla Knesset (“Domandate pace per Gerusalemme”, 22 luglio)
  3. Chi ama la discussione sul PD e il futuro dell’Italia, qui trova il videoe il testodel discorso all’Assemblea (“Restituire valore ai valori”, 18 luglio)
  4. Chi ama l’Africa e le sue potenzialità – e sopporta il mio inglese – qui trova il video del discorso all’Università di Nairobi (15 luglio)
  5. Chi ama la montagna, l’ingegneria e l’innovazione trova il video del mio intervento all’inaugurazione della funivia SkyWAY (Courmayeur, 23 giugno)

Pensierino della sera.
Le tasse. Molte polemiche perché ho detto che il PD non sarà mai più il partito delle tasse. Già in passato si era discusso sul principio “Le tasse sono belle”. Non voglio riaprire una discussione filosofica. La metto così. In Italia paghiamo troppe tasse. è folle continuare così. La strategia è chiara: intanto combattiamo l’evasione. Se paghiamo tutti, paghiamo meno. Nel primo anno di Governo la lotta all’evasione ha prodotto come risultato un lusinghiero più 7% di entrate rispetto all’anno preceente (e questa è la risposta a quelli che dicono “Renzi non parla mai di evasione”: per noi parlano i fatti, amici!). Ma abbassare le tasse si può fare a tre condizioni.
La prima, la curva debito/PIL deve scendere. In soldoni: il nostro debito non è drammatico come viene descritto. Abbiamo infatti ricchezza privata che è il doppio del debito pubblico (nessuno è come noi, su questo, al mondo); abbiamo una percentuale di debito estero non elevata; abbiamo un sistema previdenziale che sul medio-lungo periodo è il più sostenibile in Europa; abbiamo un surplus primario costante da anni e una spesa pubblica che sarà ancora limata ma non è più tra le peggiori d’Europa. E tuttavia il debito è ancora troppo alto. Dunque, occorre che la curva del debito/Pil torni a scendere. E questo – lo abbiamo promesso – comincerà dal 2016. Da qui ai prossimi anni, tutti gli anni, il debito dovrà scendere un po’. Non lo facciamo perché ce lo chiede l’Europa: lo facciamo perché è giusto verso i nostri figli. Altrimenti lasciamo a loro i cocci di uno Stato, come hanno fatto con noi. E noi vogliamo essere più seri di chi ci ha preceduto.
La seconda, bisogna sbloccare i cantieri. Ci sono venti miliardi di investimenti pubblici fermi. Per non parlare dei denari privati che sono dispersi nei vicoli della burocrazia, delle sospensive, dei ricorsi. Magari anche nel vostro comune, nella vostra città avete in mente esempi precisi in questo senso (chi vuole segnalarmi qualcosa in particolare, può farlo attraverso la consueta email: [email protected]). Tutto ciò costituisce una gigantesca follia. Se da qui al 2016 riuscissimo a spendere i venti miliardi bloccati, immediatamente tutta l’economia – a cominciare dal settore dell’edilizia drammaticamente in ginocchio – ne risentirebbe positivamente.
La terza, il fisco. Nel primo anno abbiamo restituito 80 euro a 10 milioni di persone, partendo dunque dalle famiglie. Nel secondo anno abbiamo eliminato la componente lavoro dall’Irap, come ci chiedevano (giustamente) gli imprenditori. Nel terzo anno elimineremo tutte le tasse sulla prima casa (tasi e imu). Nel 2017, quarto anno, incideremo sull’Ires per abbassare le tasse alle imprese. Nel 2018 toccheremo scaglioni Irpef e pensioni minime.
A chi dice: “non ce la farete mai”, voglio che arrivi il mio grazie più sincero. Sono gli stessi che dicevano: 80 euro? Non ce la farete mai. Legge elettorale? Non ce la farete mai. JobsAct? Non ce la farete mai. Expo? Non ce la farete mai. Alto rappresentante UE? Non ce la farete mai. Divorzio breve? Non ce la farete mai. Responsabilità civile dei magistrati? Non ce la farete mai. Centomila assunzioni sulla scuola? Non ce la farete mai. Questo ritornello ormai ci fa compagnia. E ci porta fortuna. Quindi, grazie.
Se le riforme andranno avanti – e io ci credo – riusciremo a abbassare il debito, sbloccare i cantieri, abbassare le tasse. Il disegno è chiaro, non resta che realizzarlo! E il PD non sarà mai più il partito delle tasse. E il PD deve parlare con i cittadini, dei problemi che li riguardano. Ogni giorno leggo di trame, scenari fantasiosi, polemiche interne. Un partito ha senso solo se si occupa delle questioni dei cittadini, non delle polemiche interne dei propri dirigenti.
Matteo

PS In questo mese ho avuto il piacere di scambiare alcune opinioni sul futuro con molte persone, tra cui due italiane straordinarie. Samantha Cristoforetti, la prima astronauta italiana, appena rientrata in Italia dopo il rientro sulla Terra. E Fabiola Gianotti che ci ha accolto a Ginevra al Cern, nel luogo dove si sperimenta il futuro, studiando e innovando. Sono solo due esempi. Ma c’è molta Italia nel mondo che va avanti. Molta Italia. Dobbiamo imparare a volerci più bene. E a far funzionare ancora meglio le cose. Perché – potrà sembrare un paradosso – è l’intera comunità internazionale che ha bisogno che l’Italia funzioni bene. C’è tanta Italia che funziona.

Anche per questo vedere che dopo tutto il lavoro fatto per salvare il sito e quindi i posti di lavoro a Pompei un’assemblea sindacale blocca all’improvviso migliaia di turisti sotto il sole o vedere che dopo le nottate insonni per coinvolgere Etihad e evitare il fallimento di Alitalia, gli scioperi dei lavoratori di quell’azienda rovinano le vacanze a migliaia di nostri concittadini, fa male. Intendiamoci, per evitare le polemiche di domani: nessuno mette in discussione il diritto all’assemblea sindacale o allo sciopero. Sono diritti sacrosanti. Ma c’è anche bisogno di buon senso e di ragionevolezza, di responsabilità e di rispetto. In un momento come questo tenere migliaia di turisti venuti da tutto il mondo, sotto il sole per un’assemblea sindacale a sorpresa significa volere il male di Pompei. Significa fare il male di Pompei. Io non ce l’ho con i sindacati. Ma se continua così dovremo difendere i sindacati da se stessi. L’assemblea di ieri a Pompei, in quelle modalità, in quelle forme, è semplicemente scandalosa. Continueremo a lavorare per Pompei, nonostante loro.