Enews 471, martedì 2 maggio 2017

La parola grazie ha solo sei lettere, ma un’infinità di significati.
È anche una delle parole più belle: detta sinceramente ti fa sentire in debito con gli altri. Se detta col cuore ti costringe all’umiltà e alla responsabilità.
Vorrei inviarvi un grazie non scontato, un grazie fatto di umiltà e responsabilità come ho detto dalla terrazza del Nazareno domenica scorsa dopo la vittoria delle primarie 2017.

Mi piacerebbe che fosse un grazie personalizzato a chi ha montato un gazebo, saltato il ponte per organizzare le primarie, rinviato una partenza per dare la propria preferenza, accompagnato l’anziana mamma al seggio. E a quei sedicenni che hanno votato per la prima volta (con mio figlio che mi ha detto: “Ma non si potevano fare le primarie quindici giorni dopo che votavo anch’io?”). Grazie: avete smentito tutte le previsioni catastrofiche e avete smontato tutte le polemiche.

La politica è passione, relazione umana, sangue. Non bastano gli editoriali e gli algoritmi: ci vogliono le persone, con le loro storie, con la loro forza.
Il vero modo di bloccare il populismo è coinvolgere il popolo.
Il bagno di partecipazione delle primarie è la vera risposta ai signori dei salotti che immaginano di poter determinare la storia tenendo a debita distanza il consenso.
Noi siamo quelli che credono nella democrazia. E credono che la politica abbia bisogno di più confronto democratico. Per questo non ci stancheremo di proporre più democrazia, a cominciare dall’Europa. Dove proporremo di rilanciare le primarie nel Partito Socialista Europeo.

C’è però un aspetto umano che vorrei condividere con voi. Non basta avere discusso per mesi di mozioni, se poi non si condividono anche le emozioni. E io prima di conoscere i risultati, mentre scendevo a Roma in treno, ho scritto su Facebook questo pensiero:

Prima di tutto, prima di sapere come andrà a finire, devo dirvi grazie.
In molti pensano che quelli che fanno politica siano robot.
Non è così. Anche se non sembra, siamo umani anche noi.
Persone in carne e ossa, con le nostre emozioni, con i nostri dubbi, con le nostre difficoltà.
Ho vissuto cinque mesi non facili dopo la sconfitta referendaria.
Rifarei domattina quella battaglia. Una battaglia persa non è una battaglia sbagliata. Sono più convinto oggi di cinque mesi fa che l’Italia avesse bisogno della svolta istituzionale che proponevamo. Sia detto col massimo rispetto per i cittadini che allora si sono espressi in modo chiaro: se fosse andata diversamente oggi l’Italia sarebbe più forte, in Europa e non solo. E la politica non stagnerebbe in una palude di imbarazzanti ritardi, a cominciare dalla melina sulla legge elettorale.
Ma il popolo ha deciso e il popolo ha sempre ragione.
Mi sono dimesso da tutto. In qualche giorno sono uscito da Palazzo Chigi come c’ero entrato: libero. Senza vitalizio, senza immunità, senza indennità. Ma con uno smisurato senso di gratitudine per il mio Paese che mi ha concesso un onore immenso nel servirlo. Sarò un inguaribile romantico ma io mi emoziono a cantare l’Inno di Mameli e provo un brivido davanti alla bandiera simbolo di una comunità.
Quando mi sono dimesso, volevo davvero mollare tutto.
Dopo anni di impegno totalizzante per la cosa pubblica, volevo pensare a me, ai miei, ai fatti miei. Non mi vergogno di dirlo: volevo mettere al centro il mio futuro.
Sono stato circondato dall’affetto, dalla cura, dall’esigente attesa, anche dalla rabbia di tantissime donne e uomini. La maggioranza di queste persone non le conosco personalmente ma è come se fossimo amici da sempre. Perché siamo simili: simile l’idea del futuro, simili i valori, simile l’attaccamento all’Italia. E in questi anni abbiamo camminato sullo stesso sentiero.
Debbo molto a queste persone perché mi hanno costretto a guardarmi in faccia. Mi hanno costretto a fare i conti con la parola responsabilità. Rispondere, appunto, non solo a se stessi ma a una comunità. Tra le tante canzoni che ho sentito in questi mesi, fatti di letture, di poesie, di pensieri ma anche di tanta musica, una di Ligabue mi ha colpito a cominciare dal titolo “Ho fatto in tempo ad avere un futuro, che non fosse soltanto per me”.
E allora ho ripreso il trolley e ho girato, dalla Locride alle periferie della nostra città, da Taranto al quartiere Sanità a Napoli. Dal profondo nord fino alla mia Firenze che ho ricominciato a girare in bicicletta, finalmente. Ho ripreso a girare ascoltando i ragazzi che combattono in comunità contro la ludopatia o chi lavora all’ombra dalle vele di Scampia.
E insieme alle persone che condividono questo sogno splendido di mandare avanti l’Italia, senza lasciarla nelle mani di chi sa solo protestare, contestare, urlare, ci siamo rimessi in gioco. Per andare avanti, insieme. Stanotte sapremo come è andata la grande sfida delle primarie. Sapremo se come canta ancora il Liga faremo in tempo “ad avere un futuro che fosse molto più grande di me: magari ne merito un altro di nuovo, dove comunque ci sei anche te”
Quello che però voglio dirvi, adesso, a seggi chiusi ma prima di sapere il risultato delle primarie, è che io stasera prima di tutto vi devo un gigantesco grazie. Anche nel tempo dei social e dell’intelligenza artificiale, non c’è niente che valga più dei rapporti umani. La politica è innanzitutto umanità. E io in questi cinque mesi sono stato incoraggiato, sostenuto, accompagnato da un’ondata straordinaria di umanità. Restituire questo affetto non sarà facile. Ma sarà uno dei miei impegni più grandi per il futuro, comunque vada stasera.
Ci sentiamo più tardi per i risultati, intanto un abbraccio e un sorriso.

Domenica 7 maggio l’Assemblea Nazionale ufficialmente darà il via al mandato 2017-2021 della nuova segreteria. In quella sede illustrerò le mie proposte di lavoro ai mille delegati. Umiltà e responsabilità significa che c’è un grande lavoro da fare e con Maurizio Martina lo faremo volentieri. Lo faremo con l’impegno e la passione che ci riconoscono anche i nostri avversari. Lo faremo insieme a voi.

Alcune considerazioni extra primarie.
1. Vi ricordate le polemiche sul commissariamento di Bagnoli? Bene, dopo tante chiacchiere, l’arenile è a disposizione dei cittadini. Sottotitolo: le scelte coraggiose di chi vuole andare avanti battono gli slogan demagogici di chi voleva tenere tutto fermo. Cliccate qui per saperne di più.
2. Siamo stati a Bruxelles con tanti giovani, come ricorderete. E abbiamo fatto proposto per cambiare l’Europa. E a chi si lamenta dei nostri toni considerati anti europei vorrei ribadire che noi crediamo all’Europa ma vogliamo cambiarla. Noi però siamo quelli che più di tutti hanno ridotto le infrazioni europee, segno che non siamo sfasciacarrozze europei: con i dati di oggi le infrazioni sono 66, erano oltre 120 quando il mio governo si è insediato.
3. Tante polemiche ma anche i dati di oggi dicono che la disoccupazione giovanile scende al 34% dal 44% del 2014, l’indice delle Piccole Medie Imprese torna ai massimi del 2011, il piano industria 4.0 con i suoi bonus sta funzionando molto bene (+22%, secondo le stime del primo trimestre)

Nessuno si accontenti. Ma la realtà è che le cose stanno cambiando. La verità è più forte delle polemiche. Bisogna avere un po’ di pazienza, ma come diceva quello, «i fatti sono argomenti testardi».

Pensierino della sera.
Sono molto colpito da quello che accade in Venezuela, l’ho già scritto e lo ribadisco. Un Paese meraviglioso che meriterebbe ben altro destino. La responsabilità deriva dalle scelte assurde del regime che qualche aspirante statista italiano definiva un modello e un punto di riferimento. Ne parlano in pochi e mi fa male. Vi chiedo una cortesia: per favore guardate questo video. E capirete perché dobbiamo invitare tutti insieme la comunità internazionale a far sentire la propria voce in Venezuela.

Un sorriso,
Matteo
blog.matteorenzi.it
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