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Tra il 2013 e il 2017 il Partito Democratico, attraverso i suoi governi, ha fatto emanare 8 provvedimenti a favore di 172.466 esodati, lavoratori che, in seguito alla Riforma Fornero del 2012, rischiavano di rimanere senza stipendio né pensione per un lungo periodo di tempo per effetto di quella famosa politica dell’austerity contro la quale il governo Renzi ha combattuto fin dall’inizio.

Parliamo di persone che versavano in grave, talvolta gravissima, situazione economica. Persone che erano uscite dal mondo lavorativo a seguito di pesantissime crisi aziendali. Persone, generalmente over 50, senza lavoro, per aver dato le dimissioni in cambio di un incentivo economico nell’attesa di raggiungere la pensione e che, all’improvviso, avevano visto allungarsi di parecchio l’attesa per ottenerla.

Persone alle quali una riforma varata nel pieno della peggiore crisi economica che l’Italia avesse mai affrontato dal dopoguerra a oggi si erano ritrovate con la vita distrutta. In questi anni il Partito Democratico si è fatto carico di questo dramma ed è riuscito a restituire dignità e speranza a questi cittadini. Vediamo come ripercorrendo tutta la storia dall’inizio.

Quando nel novembre del 2011 Mario Monti nominò il suo governo, l’Italia aveva appena trascorso un’estate drammatica: spread alle stelle, esplosione della crisi del debito, Ue che ci imponeva una cura draconiana. Di fronte a questa situazione l’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi appariva totalmente impotente.

Tra i ministri nominati dall’ex commissario europeo, tutti tecnici e professori universitari, anche l’economista e accademica Elsa Fornero nominata ministro del Lavoro e che darà il nome alla riforma del sistema pensionistico in cui si annidò “l’errore esodati”, come lo definì lei stessa pur non ammettendone mai la responsabilità.

LA RIFORMA FORNERO

La riforma Fornero ha innalzato i requisiti anagrafici e contributivi per andare in pensione e introdotto un meccanismo, che nel tempo, incrementa ulteriormente questi requisiti adeguandoli alla speranza di vita. Al netto delle varie deroghe (lavori usuranti, lavoratori precoci e quelle previste da APE social e APE volontario) per quanto riguarda la pensione di vecchiaia, nel 2018 il limite minimo sarà, per tutti i lavoratori, di 66 anni e 7 mesi di età e di almeno 20 anni di contributi versati. Per quanto riguarda invece la pensione anticipata, i contributi versati hanno un peso prevalente rispetto all’età e pertanto, raggiunto un determinato requisito contributivo, si potrà andare in pensione anche con meno anni d’età: 41 anni e 10 mesi di contributi (42 e 10 mesi per gli uomini) a prescindere dall’età anagrafica.

GLI ESODATI: CHI SONO

Quando nel 2012 la riforma Fornero innalzò di colpo di circa 2 anni il requisito anagrafico per andare in pensione, quei lavoratori che avevano firmato il licenziamento volontario in cambio dell’indennità di mobilità nel lasso di tempo che sarebbe intercorso fra l’abbandono del lavoro e l’arrivo dell’età della pensione, si sono ritrovati all’improvviso senza pensione, senza stipendio e senza ammortizzatori sociali. Una situazione che ha riguardato centinaia di migliaia di persone. Quante con esattezza?

ESODATI: I NUMERI

Sul numero esatto degli esodati c’è sempre stata una grande diversità di vedute. Il decreto emanato nel 2012 dall’allora governo per “mettere una toppa” al problema ne calcolava 65 mila; una prima stima dell’Inps parlava di 130 mila esodati mentre per i sindacati erano 300 mila. Poi il dato arrivò il dato definitivo dell’Inps che alzò il numero fino a quasi 400 mila persone.

COSA HA FATTO IL PD PER GLI ESODATI

Sia nella scorsa che nella attuale legislatura il Partito Democratico si è preso carico fin dall’inizio del destino di queste persone e delle loro famiglie. Il primo atto è stato quello di proporre la costituzione in Senato di una Sottocommissione che si occupasse esclusivamente degli esodati. In collaborazione con l’Istat è stato inoltre predisposto un questionario per chiedere, ai diretti interessati, quali potessero essere le misure più idonee per venire incontro alle loro necessità.

LE 8 SALVAGUARDIE PER GLI ESODATI

Successivamente il Pd si è fatto promotore dell’adozione di una serie di strumenti normativi per consentire agli esodati di andare in pensione con i requisiti precedenti alla legge di Riforma del 2011. A partire dal 2012 si sono succedute 8 salvaguardie: quattro nella precedente legislatura e altri quattro nell’attuale. Ecco chi ne ha potuto beneficiare:

  • lavoratori collocati in mobilità sulla base di accordi sindacali che maturino i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità;
  • lavoratori titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore;
  • lavoratori per i quali sia stato previsto da accordi collettivi il diritto di accesso ai predetti fondi di solidarietà;
  • lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione;
  • lavoratori in esonero dal servizio;
  • lavoratori in congedo per assistere figli con disabilità grave, a condizione che maturino, entro ventiquattro mesi dalla data di inizio del predetto congedo, il requisito di anzianità contributiva di 40 anni.

I RISULTATI: OLTRE 170 MILA ESODATI “SALVATI”

Dagli ultimi dati INPS a oggi sono più di 100mila gli esodati che, rientrando negli otto provvedimenti fin qui approvati, hanno iniziato a percepire l’assegno previdenziale. E sono in tutto 172.466 quelli messi in salvo dalle otto norme di salvaguardia che si sono succedute in questi anni. I dati aggiornati sono consultabili sul sito dell’INPS.