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La notizia è di quelle clamorose che possono cambiare la storia dell’umanità. Dopo anni di tentativi, la scienza è riuscita a clonare un mammuth che in questo momento sta girando libero nel bioparco di Villa Borghese a Roma.

Credereste a una notizia del genere? Fareste bene a non crederci, perché si tratta di una fake news. Una notizia falsa, insomma. Inventata completamente.

Ci sono molti modi per diffondere false notizie nell’opinione pubblica oppure in gruppi chiusi di persone: lettere anonime, una confidenza al bar, ma anche la propaganda di un regime dittatoriale, una fotografia ritoccata e pubblicata su un giornale, un post su Facebook.

Più è veloce il mezzo, più è veloce la diffusione dei contenuti. Più è estesa la platea dei primi destinatari, più questa platea si amplia in progressione.

In Italia internet si diffonde nei primi anni Novanta, ma il fenomeno delle fake news ha raggiunto livelli allarmanti solo negli ultimi anni, quando la diffusione capillare del web, in ogni luogo del Paese e in ogni fascia di età e ceto sociale, rendono ormai la rete una “nazione virtuale” vera e propria.

È come se ci fossero due Italie composte dalle medesime persone ma su due piani della realtà differenti: il piano online e il piano offline. Sono due Italie con gli stessi cittadini, con gli stessi problemi e gli stessi pregi e difetti. Nella realtà offline, però, adottiamo regole di comportamento dettate da abitudini e convenzioni sociali, e anche dal timore nell’osservare le leggi, regole che nella realtà online scompaiono.

La facilità dell’anonimato, la velocità di trasmissione delle informazioni, la dimensione della massa dei destinatari dei nostri messaggi, danno a ciascuno di noi un grande potere che, senza responsabilità e senza leggi ad hoc, può trasformarsi in un’arma pericolosa per la società: l’arma di diffondere false informazioni.

Cosa sono le fake news

Facciamo un passo indietro e proviamo a definire cosa sono le fake news. Traducendo letteralmente dall’inglese, sono notizie false, quelle che comunemente in Italia chiamiamo bugie o, più coloritamente, bufale.

Melissa Zimdars insegna comunicazione al Merrimack College del Massachussett, negli Stati Uniti, ed ha definito fake news quelle fonti che “inventano del tutto le informazioni, disseminano contenuti ingannevoli, distorcono in maniera esagerata le notizie vere”.

Il vocabolario online della Treccani (l’autorevole Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti) più semplicemente ma in modo altrettanto efficace, definisce fake news “Notizie false, con particolare riferimento a quelle diffuse mediante la Rete”.

Possiamo, quindi, parlare di fake news quando ci troviamo davanti a contenuti mediatici che sono stati generati proprio con lo scopo di diffondere false notizie e ingannare la platea dei destinatari, condizionando e orientando su larga scala idee e comportamenti dell’opinione pubblica.

Fake news su Facebook

È Facebook, suo malgrado, il maggior diffusore di fake news. La popolarità del social network permette, a chi vuole adottare una strategia di propagazione di false notizie, di raggiungere il più alto numero di persone possibile.

Il fondatore Mark Zuckerberg ha annunciato di recente il suo buon proposito per il 2018: prendersi cura del «benessere» dei due miliardi di utenti del social network. Come? Grazie al nuovo algoritmo saranno visualizzati meno articoli provenienti dalle pagine pubbliche che seguiamo, meno video o meme virali.

Non a tutti piace la soluzione che adotterà Facebook, poiché è sì un modo per arginare il diffondersi di fake news, ma allo stesso tempo colpisce anche chi propone notizie vere e interessanti.

Non solo, ma il nuovo algoritmo potrebbe, paradossalmente, favorire la diffusione di quelle fake news che intende bloccare. Se saranno privilegiati i post di amici e parenti, mentre i contenuti provenienti da editori e aziende saranno separati o comunque meno visibili, il risultato sarà di aumentare la circolazione delle fake news, poiché esse sono proprio quelle più condivise dagli utenti. Una volta che le pagine pubbliche dei principali giornali, ma anche quelle delle istituzioni, saranno relegate in secondo piano, sarà molto più difficile venire a conoscenza della smentita della bufala di turno.

Le fake news sono pericolose?

La domanda è retorica: sì, le fake news sono pericolose. Bisogna, ovviamente, distinguere il target cui si rivolge la fake news. Se faccio circolare su una chat di Whatsapp, costituita da un gruppo di buoni conoscenti, una notizia burla su un mio amico, la fake non solo sarà scoperta poco dopo, ma la platea dei destinatari sarà minima e nessuna l’incidenza sull’opinione pubblica.

Se invece facessi circolare la notizia che in una pizzeria si consumano crimini pedopornografici e convincessi qualcuno a imbracciare un fucile e ad entrare in quella pizzeria armi in pugno, allora sarebbe ben diverso. E questa non è una fake: è accaduto davvero, quando ai primi di dicembre del 2016, un giovanotto del North Carolina parte alla volta di Washington armato di un fucile da guerra AR-15 e una pistola calibro 38. Cerca una pizzeria, la Comet Ping Pong. Entra nel locale, lo perquisisce armi alla mano, terrorizzando i clienti, poi alla fine si arrende alla polizia. Stava cercando il luogo dove l’allora candidata democratica alle presidenziali Hillary Clinton avrebbe organizzato un traffico di prostituzione minorile.

Era tutto inventato, completamente, perfino in modo approssimativo, poiché nelle fake news si indicava, come centro dove avvenivano i crimini, uno scantinato che in realtà non esiste. Eppure qualcuno ci ha creduto.

Le fake news sono pericolose perché, in modo strumentale, cambiano la percezione della realtà e influenzano le opinioni delle persone. E su internet le masse di utenti si comportano esattamente come la folla di una piazza, dove si rischia di perdere la cognizione di se stessi per restare preda degli istinti più irrazionali e, spesso, più brutali.

Quali sono gli obbiettivi di chi diffonde fake news

Posso creare e diffondere fake news per calpestare la dignità di avversari politici, per infangare concorrenti negli affari, per dirottare buona parte dell’opinione pubblica contro qualcuno o contro qualcosa, per portare traffico sul mio sito e guadagnare con la pubblicità, per sovvertire il sistema politico di un paese. Posso anche studiare fake news a tavolino per affondare commercialmente un prodotto, per screditare una teoria scientifica, per far crollare azioni in borsa, per pilotare le elezioni politiche.

Tutti obbiettivi che si prestano perfettamente per una campagna in rete, dove la diffusione di massa delle fake news è abbastanza semplice.

Chi progetta fake news, sa bene, infatti, che può “usare” gli utenti dei social network per diffondere rapidamente, attraverso loro, false notizie: ad esempio, su Facebook basta cliccare su “condividi” per distribuire a tutti gli “amici” qualunque contenuto, vero o falso che sia.

Come si costruisce una fake news

Siamo nel 1982. Internet è ancora lontano e noi vogliamo architettare una campagna pubblica di false notizie contro un nostro avversario politico. Quali sono i mezzi per farlo? Il passaparola, ma richiede tempi molto lunghi. Un comunicato stampa inviato tramite telefax alle redazioni dei giornali? Pessima idea, perché in un batter d’occhio la polizia postale risalirebbe a chi ha spedito il fax. Potremmo passare in segreto una velina a un giornale amico, il quale poi la pubblicherà senza specificare la fonte. In quel caso, però, ad andarci di mezzo sarebbe il direttore responsabile del giornale e così accadrebbe con la radio e con la televisione.

Insomma, nel 1982 far circolare una fake news sarebbe stato possibile, ma non facilissimo.

Oggi la rivoluzione copernicana del web ha rovesciato tutto. Se creare un giornale cartaceo costa e costa molto, aprire un sito internet lo si fa gratuitamente o con poche decine di euro. Facebook, poi, non ha costi.

Chiunque può accedere a molte fonti di informazione e allo stesso tempo creare un contenuto informativo con bassi costi e alte potenzialità di distribuzione.

Non c’è nessun controllo rispetto ai media tradizionali: non c’è bisogno di un direttore responsabile che sia iscritto all’ordine dei giornalisti, non c’è di registrare la testata giornalistica in tribunale, non c’è bisogno di avere una redazione fisica e neanche giornalisti professionisti con regolare contratto di lavoro.

Basta creare un sito web e saperlo promuovere sui social media con una buona strategia Seo e contenuti accattivanti. La fake news circola velocemente e può facilmente avere una espansione mondiale.

Ma come si costruisce una fake news? La notizia, innanzitutto, deve sembrare vera sia nel contenuto sia nella forma. Se scrivo che ho visto un asino volare, è improbabile che la fake abbia successo. Se innesto la mia fake in uno dei filoni che toccano la sensibilità degli utenti, ad esempio, l’avversione per i politici, sarà più facile credere alla notizia che il presidente del Consiglio Gentiloni abbia dichiarato «gli italiani imparino a fare sacrifici e la smettano di lamentarsi». È una falsa notizia, Gentiloni non ha mai proferito quelle parole e neanche un concetto simile, ma nel 2017 iniziò a circolare e, pure se smascherata, è probabile che ci sia ancora qualcuno che la ritenga vera.

Oltre al contenuto è importante il ‘vestito’ che la fake news indossa, perché nel caso delle fakes possiamo rovesciare il detto popolare e sostenere che sia l’abito a fare il monaco.

La bufala, quindi, va scritta, impaginata e posizionata in modo da assomigliare al vero giornalismo. Ci sono siti costruiti ad arte come giornali online e che invece hanno la finalità di diffondere false notizie.

Per avvalorare la notizia, possiamo aggiungere citazioni di scienziati, intellettuali, esperti, anch’esse inventate di sana pianta.

Anche il corredo documentario è importante per avvalorare la notizia che ho inventato e online ci sono numerosi tools che mi permetteranno di comporre dal falso scontrino alla ricetta medica posticcia, dal falso ritaglio di giornale al biglietto aereo fasullo.

Posso costruire fake news anche facendo a meno del testo: una fotografia manipolata oppure un audio o un video tagliati e rimontati ad arte avranno un effetto ancora più forte.

Strategico è il ruolo dei social media, Facebook in particolare ma non solo, sia per la diffusione dei contenuti falsi sia per la creazione degli stessi. Esistono, infatti, anche tools che generano tweet fasulli con tanto di avatar (è l’immagine che correda il profilo twitter) della persona che vogliamo colpire oppure che ricreano esattamente i post di Facebook: in questo modo posso mettere in bocca alla mia vittima qualsiasi frase che vorrò, spacciandola per autentica.

Perché crediamo alle fake news

Internet ha reso i saperi orizzontali: non c’è più, cioè, una “autorità” che ci dica se una cosa è vera o falsa, o meglio l’unica autorità è il web stesso, insomma è il mezzo che valida il contenuto. Come un tempo si sosteneva “l’ho visto in televisione, è vero di sicuro”, così oggi si dice “l’ho letto su Facebook, dunque è vero”.

Il problema è che la notizia, prima di arrivare ad essere letta da un giornalista durante il telegiornale, ad esempio, era sottoposta a più di un controllo e relative validazioni: insomma, c’era un’autorità o più autorità che ne accertavano la veridicità.

Sul web non c’è nessuna autorità che, in qualche modo, renda tracciabile e verifichi la notizia: tutto è lasciato alla responsabilità degli utenti.

Nel marketing c’è una regola che potremmo definire di affinità tra l’utente e il prodotto: se qualcosa mi piace, la considererò più valida di altre. È normale: siamo esseri viventi e al pari di altri animali viviamo anche di istinti, emotività. Non tutto viene filtrato, esaminato, soppesato dalla razionalità: se una notizia mi piace, sarà molto più probabile che io la consideri vera.

Se ci sono informazioni che sono discordanti con le nostre convinzioni, la mia prima reazione è quella di rifiutarle o, comunque, ritenerle meno credibili. Insomma, non sono i fatti che modificano o stabilizzano le mie opinioni, ma sono le mie opinioni preconcette a determinare nella mia coscienza se quel fatto è più o meno vero. Ecco perché le fake news attecchiscono con tanta facilità.

In anni di pregiudizi e di risentimenti, di crisi e di incertezze, con molta facilità ricerchiamo e accettiamo per veri quei fatti che non solo non mettano in discussione le nostre convinzioni, ma anzi le rafforzino. Insomma, nelle fake news si trova spesso la conferma del nostro odio, dei nostri sospetti, delle nostre idee prevenute, della nostra intolleranza. E questo, purtroppo, ci fa sentire a nostro agio.

C’è anche un altro motivo per cui facilmente le fake news trovano un pubblico pronto a reputarle vere ed è legato al contenuto delle notizie: le fakes contengono quasi sempre accenni a teorie complottistiche. C’è sempre un grande vecchio, una casta di intoccabili, una élite di capitalisti, un gruppo di multinazionali o un paese straniero che cerca di dominare il pianeta intero, che immette sul mercato vaccini pericolosi, che nasconde da qualche parte gli extraterrestri catturati, che vorrebbe farci credere che l’uomo sia andato sulla luna, che cela al mondo la cura per il cancro, che nasconde la verità sulle scie chimiche, che controlla i nostri comportamenti attraverso un chip.

Se scoprire una fake news alla lunga è sempre possibile, ben più difficile è scardinare le teorie complottiste fatte circolare attraverso le fakes. Spiega Rob Brotherton, ricercatore in psicologia alla Columbia University: «Le teorie del complotto non solo sono immuni alla confutazione, ma se ne alimentano: se una cosa sembra una cospirazione, lo è. Se invece non sembra una cospirazione, allora lo è ancora di più, perché fa pensare che chi voleva coprirla abbia fatto bene il suo lavoro. Le prove che contraddicono la teoria sono viste come atti di disinformazione dei cospiratori. Ossia, paradossalmente, prove del complotto stesso».

Ma perché crediamo ai complotti, anche se sono assurdi e assolutamente improbabili? Perché il complotto ci semplifica il mondo e ci deresponsabilizza. E come esseri umani, se possiamo, scegliamo sempre la strada più facile. Il complotto ci rende più semplice la spiegazione di situazioni e fenomeni che facciamo fatica ad accettare o comprendere, riduce la complessità del mondo e, alla fine, ci tranquillizza.

Il complotto, inoltre, implica che la colpa di ciò che accade sia di qualcun altro, il complotto ci assolve, ci fa dire “io non c’entro”. Il complotto prevede sempre la creazione del nemico e noi abbiamo bisogno di un nemico per avere certezze, per sopire le nostre angosce più profonde.

Scriveva il filosofo francese Jacques Derrida: «Senza nemici io divento folle, non posso più pensare».

Le fake news nel passato

Le fake news sono sempre esistite e hanno inciso negativamente sugli equilibri mondiali. Dalla falsa lettera dello spartano Pausania al persiano Serse all’altrettanto falsa donazione di Costantino.

Alcuni casi più recenti sono non solo curiosi, ma testimoniano quali pesanti effetti possono avere le fake news nelle dinamiche economiche e politiche della società.

Nel 1814 ci fu un vero e proprio caso di insider trading. A Londra venne diffuse la notizia della morte di Napoleone, ucciso dai cosacchi. La Borsa balzò immediatamente in avanti, sembrava non fermarsi mai. Il mercato finanziario fu disorientato da un fatto così clamoroso, ma era una fake news provocata ad arte e l’ammiraglio Thomas Cochrane fu arrestato e degradato per aggiotaggio.

Oltre ai guadagni in borsa, le fake news sono state utilizzate per far vendere più copie ai giornali. Il New York Sun pubblicò in prima pagina per ben sei giorni, dal 25 al 31 agosto 1835, le straordinarie scoperte di Sir John Herschel che, col suo nuovo telescopio posizionato a Capo di Buona Speranza, aveva osservato sulla Luna forme di vita extraterrestre: i lunariani. Secondo il giornale, quei resoconti erano scritti dal Dr. Andrew Grant dell’Edinburgh Journal of Science. Era una fake e il povero Sir John Herschel (che stava davvero lavorando al suo nuovo telescopio in Sudafrica) solo dopo un po’ di tempo venne a sapere che il suo nome era stato usato per una gigantesca truffa giornalistica.

Chi ha pagato col sangue il potere distruttivo delle fake news è stato il popolo ebraico, da secoli oggetto di odio costruito di volta in volta su false notizie. All’inizio del secolo sorso, in epoca zarista, sul quotidiano russo di estrema destra Znamya furono pubblicati a puntate i Protocolli dei Savi di Sion. Fuffa propagandistica antisemita, ma furono spacciati come autentico resoconto di riunioni segrete di fine ‘800, dove gli ebrei progettavano di instaurare un nuovo ordine mondiale (nulla di diverso dalle teorie complottiste dei nostri giorni…). Falsità costruite ad arte dalla polizia zarista che avevano un obbiettivo ben definito: scatenare l’odio contro gli ebrei. Quei Protocolli, nonostante nel 1920 siano stato provato la loro falsità, hanno continuato a circolare come autentci per decenni – Hitler li adorava – col risultato che prima sono arrivati i pogrom, poi i campi di sterminio.

Il nazismo, poi, nella sua terribile e funzionante macchina del consenso, fu un regime che visse di fake-news, tanto che le parole adoperate dal presidente del Reichstag Hermann Goering davanti al Tribunale di Norimberga risuonano ancora oggi tremende e ammonitrici: «Le persone possono sempre essere portate agli ordini dei leader. Tutto quello che devi fare è dire loro che sono stati attaccati (…) Funziona allo stesso modo in tutti i Paesi». Il meccanismo del nemico e del complotto, insomma, funziona sempre.

Le fake news nel 2017

Mariya Gabriel, commissaria dell’Unione europea per l’economia e la società digitali, lo scorso 16 gennaio, ha messo sull’avviso in merito agli effetti devastanti delle fake news: «Le false informazioni si diffondono ad un ritmo inquietante – ha dichiarato – e minacciano la reputazione dei media, il benessere delle nostre democrazie, e i nostri valori democratici. Per questo dobbiamo elaborare meccanismi per identificare le fake news e limitarne la circolazione. Se non prendiamo misure a livello europeo, il rischio è grande che la situazione si avveleni».

È un S.O.S. fondato sui fatti oppure si tratta di allarmismo esagerato dietro al quale c’è un tentativo strisciante di censurare la rete? La circolazione delle fake news nella società contemporanea, comunque la si pensi e qualunque idea politica si abbia, rappresenta un problema.

Nell’anno appena trascorso il fenomeno ha avuto il suo picco massimo, tanto da preoccupare i governi di tutto il mondo e l’Onu. Il cinquantunesimo rapporto Censis, presentato a dicembre 2017, ha rivelato come il 52,7% degli italiani abbia ammesso di aver creduto a qualche notizia che si è poi rivelata una fake news, e la percentuale sale fino al 58,8% tra i più giovani.

Si tratta di numeri impressionanti che dimostrano la permeabilità della società italiana ai tentativi di condizionamento digitale.

Sia che si tratti della ‘bufala’ pubblicata dal quotidiano britannico The Guardian sul Prosecco che fa male ai denti (ed evidentemente anche all’import di prodotti dall’Europa verso il Regno Unito…) sia che si tratti della fake di pessimo gusto sulla sorella della Boldrini che gestisce 340 cooperative di migranti (mentre, purtroppo, la sorella della presidente della Camera è deceduta qualche anno fa e non si era mai occupata di migranti), le false notizie nel 2017 si sono annidate in ogni settore della vita del Paese, avvelenandola e condizionandola. Rimane sempre da chiederci a vantaggio di chi.

Donald Trump e le fake news

Sarà ricordato come il primo esempio di condizionamento reale di una elezione presidenziale americana, l’utilizzo di fake news che è stato fatto durante la campagna elettorale che ha visto il repubblicano Donald Trump prevalere sulla democratica Hillary Clinton.

Nei mesi precedenti le votazioni, centinaia di siti – la maggior parte con base in Russia – bombardano gli utenti americani con notizie false, notizie spesso sfruttate dall’attuale presidente degli Stati Uniti e da suoi sostenitori per screditare la candidata democratica e l’amministrazione Obama.

Esempi di fake news nelle presidenziali USA 2016

“Papa Francesco sconvolge il mondo e appoggia Donald Trump”; “WikiLeaks conferma che Hilary vende armi all’ISIS”; “Obama rifiuta di lasciare la Casa Bianca se Trump sarà eletto”. Ecco alcune delle fake news circolate prima dell’8 novembre 2016, l’Election Day forse più combattuto nella storia degli Stati Uniti.

Come entrano le fake news nella campagna elettorale italiana

Ci sono due siti che producono in media 20 contenuti redazionali al giorno ciascuno. Venti articoli: quindi il lavoro di una redazione giornalistica. Peccato che questi due siti mettano in circolazione contenuti pericolosi per la democrazia, notizie inquinanti, immondizia vera e propria che vuole danneggiare il nostro Paese. Sono due siti che guadagnano cinicamente con la pubblicità? No. Su quei siti non c’è traccia di pubblicità.

E qui arriva l’aspetto più inquietante della vicenda e comincia il nostro thriller politico, purtroppo ancora senza soluzione e senza colpevole. Quei due siti (due fra centinaia di siti simili) sono stati chiusi di recente dalla società che si occupava dell’hosting (e probabilmente avranno già riaperto da qualche altra parte). La loro attività “giornalistica” era senza dubbio professionale: pubblicare venti articoli al giorno, ottimizzarli in ottica Seo, condividerli sui social richiede il lavoro di una intera redazione.

Eppure quei siti non avevano pubblicità e non guadagnavano direttamente da quelle attività, quindi qualcuno pagava per far funzionare una struttura asservita alla propaganda politica. La domanda è: chi paga, e tanto, per diffondere odio e falsità in Italia?

L’allarme fake news in Italia è arrivato anche dalla Cia. Secondo quanto riportato dal quotidiano la Stampa nel novembre 2017, l’intelligence americana già nell’autunno 2016 aveva messo in allarme sull’offensiva russa per influenzare la politica italiana, quindi molto prima che le operazioni di Mosca per condizionare le presidenziali Usa diventassero note.

L’inchiesta di BuzzFeed, inoltre, ha portato alla luce una strutturata rete di siti e pagine Facebook in italiano il cui unico scopo è diffondere disinformazione, fake news finalizzate a destabilizzare la politica, colpire il governo, denigrare gli immigrati: un network di ben 170 domini internet e diverse pagine, tutte di proprietà di una società.

Basta aprire internet per rendersi conto che decine di pagine Facebook (che in qualche modo si richiamano a Lega e M5s) utilizzano link provenienti da siti spazzatura per diffondere vere e proprie bufale. Destinatario numero uno delle ‘notizie avvelenate’ è il Pd e naturalmente il suo segretario Matteo Renzi.

Fake news contro il Pd

Il PD è stato pesantemente bersagliato dalle fake news, provenienti soprattutto da siti un-official del M5Stelle, siti che si chiamano Virus5Stelle, M5SNews, Vogliamo il Movimento 5 Stelle al Governo.

Due casi valgano per tutti. Alla fine del 2017 circola la notizia di una riunione tra Renzi e il fondatore di Facebook Zuckemberg: i due si sarebbero incontrati per un’intesa sulla censura alla rete. La notizia è corredata da una fotografia e riporta anche altri dettagli: l’incontro sarebbe avvenuto a dicembre nella “villa” di Renzi a Firenze. È una fake news. L’incontro è realmente avvenuto ma ad agosto 2016, a Palazzo Chigi, e i due non hanno proprio parlato di fake news.

A fine novembre 2017, irrompe nel web una foto con Maria Elena Boschi, Laura Boldrini e altri rappresentanti del Pd al funerale di Totò Riina. Ovviamente si tratta di una clamorosa bufala, ma in tanti ci cascano. La fotografia, come spiega Francesco Verducci, anche lui presente nella foto, venne scattata in tutt’altra occasione: “Eravamo nel Duomo di Fermo – racconta Verducci – era domenica pomeriggio. Era il 10 luglio del 2016. Partecipavamo alle esequie di Emmanuel, ragazzo nigeriano che, fuggito dalla guerra, ha trovato una morte ingiusta da noi in seguito ad una colluttazione nata da un epiteto razzista”.

Nonostante la spiegazione, e nonostante sia stato vietato il funerale per il boss capo dei corleonesi, il messaggio è passato. A diffondere l’immagine è stata una pagina chiamata “Virus5Stelle” che, anche se non ha legami ufficiali con il movimento di Grillo e Casaleggio, è molto vicina ai pentastellati e può contare su più di ottantamila fan.

Fake news sulla salute

Ci sono fake-news che fanno più male di altre. Quelle che riguardano la salute, ad esempio, colpiscono duro perché provocano rabbia in chi già soffre a causa di una malattia oppure perché si rivelano estremamente rischiose.

Il pericolo, ad esempio, si annida tra i siti che, senza nessuna competenza medica e scientifica, suggeriscono cure alternative. Sono i siti che più di tutti hanno contrastato, e continuano a contrastare, la legge sull’obbligatorietà dei vaccini.

Da questi siti sono partite le bufale sui collegamenti tra vaccini e autismo, che hanno allarmato migliaia di genitori e hanno prodotto un forte contrasto alla legge. Siti del genere sono una vera e propria insidia alla salute dei cittadini.

Ci sono anche fake che in modo crudele, non si fanno scrupolo di offendere le persone malate pur di colpire il governo Pd. A luglio 2017 circolò su un quotidiano la falsa notizia di una riduzione delle tutele per chi è affetto da “gravi patologie che richiedono terapie salvavita”. Una bugia vigliacca. E il governo è costretto a puntualizzare che questa tutela non solo c’è e continuerà ad esserci, ma in più, se ne aggiunge un’altra. Intanto, però, decine di migliaia di italiani sono caduti nella trappola della falsa informazione.

Esempi di fake news contro il governo e la politica

Di esempi ce ne sono a bizzeffe: ogni giorno, da qualche siti, ci sono persone pagate non si sa da chi che preparano ‘polpette avvelenate’ per il pubblico italiano. Citiamo soltanto due esempi.

Fine giugno 2017: in rete circola la notizia che il divieto di tacito rinnovo per le assicurazioni obbligatorie sarà abolito dal governo. Falso: il divieto non solo viene mantenuto, ma nel caso delle polizze RC auto obbligatorie viene esteso anche ai rischi accessori (kasko, furto, incendio, eventi naturali, cristalli ecc).

Luglio 2017: “L’ex presidente Napolitano si gode le vacanze dorate in Trentino Alto Adige, scortato dalla solita schiera di agenti di sicurezza e dai rinforzi inviati dalla Questura di Bolzano. Il soggiorno blindato di Re Giorgio, con tanto di volo blu e hotel di lusso, È uno scandalo insopportabile a spese degli onesti contribuenti” scrive in un post pubblicato dal blog di Beppe Grillo il deputato M5s Riccardo Fraccaro e poi ripreso dai quotidiani. Falso: Napolitano ha sempre pagato di persona, anche negli anni dei suoi mandati presidenziali, le spese delle vacanze trascorse da lui e dai suoi famigliari in alberghi privati.

Debunking: come riconoscere le fake news

Ci sono siti ed esperti il cui obbiettivo è scoprire le false notizie e smontarle pezzo per pezzo. Questa attività è definita dubunking, dal verbo inglese to debunk che significa ridimensionare, sfatare, smitizzare. Parte essenziale del debunking è il fact checking, il controllo dei fatti.

Anche i grandi del web, da Facebook a Google, stanno cercando di arginare il fenomeno producendo nuovi algoritmi per difendere i loro utenti da siti spazzatura, ma finché non ci saranno leggi specifiche e strumenti tecnici che filtrino e fermino le fakes, il compito fondamentale è lasciato all’utente che dovrebbe sempre esercitare un controllo critico su ciò che legge, vede, ascolta.

Cerca la fonte

Il primo controllo è sulla fonte: da dove arriva la notizia? Da quale sito, da quale dominio? Se, ad esempio, il sito non fosse repubblica.it ma republica.it (con una sola p) potresti trovarti di fronte a un sito che tenta di spacciarsi per un autorevole quotidiano online.

Un indirizzo web che termina con .com.co non va confuso con uno che termina in .com. Anche in questo caso potresti avere a che fare con un sito che ti regalerà fakes.

Inoltre, occorre controllare se la notizia è riportata da altre fonti accreditate. Purtroppo, trovare la notizia pubblicata ovunque non significa automaticamente che la notizia sia reale, ma certo è assai più probabile che lo sia rispetto a una notizia online solo su un sito, peraltro sospetto.

Chi scrive?

Non solo è importante il sito dove è pubblicata la news, ma è importante anche l’autore. Se l’articolo è firmato, va fatta una verifica sul nome dell’autore. Hai trovato altri suoi articoli nell’archivio del sito? È un nome conosciuto? Ha un profilo Facebook o LinkedIn o Twitter? Oppure, ha un nickname che puoi verificare su Google? Se non si trova nulla, potrebbe essere un autore anonimo specializzato in bufale…

Occhio al titolo

Le false notizie hanno spesso titoli roboanti, scritti tutti in maiuscolo, a volte con punti esclamativi: tutta questa esagerazione deve porti qualche dubbio. Dovresti chiederti se quel titolo non stia cercando attenzione tramite toni eccessivi.

Occhio alla formattazione

Molti siti di notizie false si possono riconoscere perché hanno layout che imitano malamente quelli di giornali online verificati e accreditati. Anche la scrittura del testo è un importante segnale: se ci sono articoli pieni di errori di ortografia, con un italiano incerto, è assai improbabile che siano stati scritti da un giornalista e abbiamo passato i controlli del capo servizio o del capo redattore.

Attenzione ai blog

Nulla contro i blog, naturalmente, ma sappiamo come alcuni giornali online autorevoli permettano ai loro utenti di aprire un blog con la medesima testata del giornale. Gli articoli che i blogger pubblicano, però, non sono autentici articoli giornalistici, ma commenti personali del blogger stesso: non sono sottoposti a nessun tipo di verifica e controllo editoriale, quindi potrebbero contenere falsità.

Controllare la spunta blu su Facebook e Twitter

Per contrastare la prassi dei falsi profili su Facebook o Twitter, accertati che ci sia il segno di spunta blu posto accanto al nome dell’utente, perché garantisce l’identità della persona o dell’azienda.

Verifica sui siti di debunking

Se hai dubbi su un sito o su una notizia, un buon modo per accertarti se sei davanti a una fake news è fare una verifica sui siti che si occupano di bufale. Ce ne sono numerosi, sia in Italia sia all’estero. Controllando i siti curati da esperti di debunking, potrai appurare se la notizia che sospetti essere una fake è segnalata o no.

Leggi criticamente la notizia. Sempre

Non possediamo un modo rigoroso, veloce e scientificamente certo per determinare la veridicità di una notizia, quindi molto del lavoro da fare spetta a te.

Come eserciti il tuo senso critico nei confronti della politica, così dovresti esercitarlo nei confronti di ciò che legge. Spesso una fake news è immediatamente riconoscibile per il fatto stesso di essere una fake. Ricordi l’esempio del mammuth a inizio articolo? Se la notizia ti sembra troppo sconvolgente (c’è un complotto mondiale per somministrare vaccini che fanno male alla salute) o eccessivamente positiva (una pianta per curare tutte le malattie del mondo) o esagerata (dirigenti e parlamentari del Pd al funerale di Riina), allora faresti bene a dubitarne.

Attenzione, però, perché molte fake news ‘sembrano’ assolutamente vere, anzi molte volte partono da una base di verità, da un fatto reale, per poi arrivare a tutt’altra conclusione. Molti siti di informazione online che fanno circolare fake news, non pubblicano esclusivamente fakes: sarebbe troppo facile scoprirli e additarli all’opinione pubblica come siti fasulli.

La maggior parte dei siti di fakes pubblicano buona parte di notizie attinte dalla realtà, ma raccontano ciò che è avvenuto in modo del tutto distorto e alla fine la presentazione dei fatti non è altro che un modo per avvalorare le tesi politiche del sito stesso, facendo crescere odio, intolleranza, manie complottiste, violenza.