“Governo incapace ma la Ue firmi l’intesa”

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“Lotto contro i populisti, però è sbagliato bocciare il deficit al 2%”: intervista a Matteo Renzi di Davide Nitrosi – Quotidiano nazionale

Dicono: Matteo Renzi racconta in tv Firenze come metafora dell’Italia.

«No, io racconto la mia città perché era il mio sogno da bambino poterlo fare. Ringrazio Lucio Presta che l’ha reso possibile. Avevo cominciato da presidente della Provincia con il Genio fiorentino, abbiamo fatto tante iniziative come sindaco e anche quando sono stato presidente del Consiglio, tutti, anche gli avversari, hanno riconosciuto il mio amore viscerale per Firenze».

Tanto da diventare guida televisiva della città.

«L’amore per la città è diventato un documentario, 4 puntate, in totale sette ore. Le ho girate d’estate rinunciando alle ferie. Racconto tante storie delle città. Davanti alla Madonna del Cardellino o dove ci fu la strage dei Georgofili mi sono commosso davvero».

Una nuova professione?

«No, è un atto d’amore per la città, non farò il conduttore da grande. Però la cultura serve, non valgono solo tweet e messaggi semplicistici. La bellezza salverà il mondo. Mi sarebbe piaciuto Lucio Dalla avesse potuto vedere il documentario, lui che era appassionato di Firenze. Lo conobbi davanti alla Madonna del Lippi. Mi interrogò: ma non sai niente?».

Anche questo è un modo per fare politica?

«Certo. Io sono senatore della mia città. Persino nell’ora più dura, nel momento in cui il Pd ha perso tanto, qui abbiamo vinto nel mio collegio e oggi rappresento tutti i cittadini di Firenze al Senato. Significa incarnare la sfida politica non più nella dinamica del congresso o delle primarie, dove ho già dato, ma facendo sforzo educativo e culturale».

A proposito: per chi voterà alle primarie del Pd?

«Se dicessi per chi voto, entrerei a piedi uniti nel congresso. Non lo farò. Vinca il migliore».

E perché lei non si è candidato’?

«Perché basta così. Tutto ha un inizio e una fine. Le due volte che mi candidai e vinsi il giorno dopo partì il fuoco amico. Non farò il candidato e nemmeno una corrente. No, tutti liberi ho detto. Non è un problema di uscire dal partito: si tratta di uscire dal chiacchiericcio quotidiano. Lascio la totale libertà perché questo congresso non sia incentrato su di me ma sulle questioni politiche».

Non vuol fare un altro partito allora?

«Questo tema non è all’ordine del giorno. Finiamola: se mi candido alle primarie dicono che voglio comandare, se non lo faccio allora voglio fare il mio partito. Mamma mia, smettiamo di vivere ossessionati da me e cerchiamo di parlare di Italia».

Perché tutti dicono che non c’è opposizione?

«Chi lo dice deve giustificare il fatto che gli anni scorsi attaccava noi tutti i giorni. Dicevano che non fossi abbastanza riformista. Adesso con Salvini vediamo che cos’è un governo di estrema destra. Ma attaccano me, continuano a prendersela col Matteo sbagliato. Certo, noi rispettiamo le istituzioni. L’opposizione c’è, ma con proposte. Non faremo mai l’opposizione saltando sui banchi del governo come i grillini. Faccianio una controproposta alla legge di bilancio, abbiamo firmato emendamenti sul dopo di noi, lo spreco alimentare, la diminuzione delle tasse dei comuni. Un’opposizione seria, non una polemica interna al Pd».

Lei dice che l’Europa deve riconoscere la diminuzione del deficit al 2,O4%. Un’apertura al governo?

«No, io sono convinto che siano incapaci, incompetenti e anche cialtroni. Sono orgoglioso di avere bloccato l’accordo Pd-5Stelle e dico che la manovra col deficit al 2,4 è stata un errore tragico. Ma tutto ciò premesso, se il governo passa dal 2,4 al 2%, l’Europa deve andare incontro all’Italia. Una procedura con un 2,04% suonerebbe come una provocazione. Sono senatore dell’opposizione, ma anche cittadino italiano e so quanto male farebbe la procedura alla nostra economia».

Il populismo comincia a segnare il passo?

«L onda del populismo al governo va sgonfiandosi in tutta Europa. Bisogna lavorare con controproposte».

Firenze nella storia ne ha visti di populisti…

«Già ma finiscono tutti male. In esilio o sul patibolo. E Firenze peraltro aveva populisti con ben altro spessore culturale, da Giano della Bella a Savonarola».

Ieri è arrivata una richiesta di rinvio a giudizio per Lotti sul caso Consip. Come l’ha presa?

«Luca è per me molto più di un amico. Ma proprio per questo conosco il suo rigore e so di chi parlo: lui in questa roba non c’entra niente e lo dimostrerà. Il tempo è galantuomo. E la verità prima o dopo viene a galla».