Matteo Renzi: "Se decide Schlein ci siamo. La giunta Bucci non è un tabù”
Intervista a Matteo Renzi per «La Stampa» del 2-09-2024
di Paolo Griseri
Ho i piedi in due scarpe? «Spazziamo il campo da ogni ambiguità: se per creare l'alternativa al governo Meloni serve uscire dalla maggioranza di Genova, parliamone. Ma è davvero questo il punto o è un alibi per rompere?».
Matteo Renzi risponde così alla provocazione di Elly Schlein sulla posizione di Italia Viva. La Liguria è il primo appuntamento elettorale dopo l'inchiesta che ha travolto Giovanni Toti. Ma la proposta del leader di Italia Viva è a livello nazionale: «Prepariamo un programma in grado di convincere il ceto medio».
Conte sostiene che allearsi con lei equivale a fare harakiri...
«Ho fatto un fioretto: non voglio parlar male di lui. Conte non ha ancora digerito la scelta di indicare Draghi come presidente del consiglio. È fermo al 2021. Io mi occupo di futuro: Dobbiamo creare un'alternativa alla Meloni. Per farlo, Elly Schlein ha proposto di smetterla coi veti. Chi mette veti attacca Schlein, non Renzi. Io dico a tutti che il Matteo avversario si chiama Salvini».
Sintesi: tocca fare dei compromessi...
«Diciamolo: il bipolarismo ha vinto. Il nostro tentativo di superarlo non ha funzionato».
Ci avete messo del vostro però.
«Già. Non sono io che ho rifiutato la lista unitaria alle europee».
Che cosa deve fare il centro nelle due coalizioni?
«Il centro non ha oggi prospettiva di vita autonoma ma è decisivo per le coalizioni. Lo è stato nel Regno Unito per Starmer e lo sarà per Kamala Harris: vince chi convince i moderati».
Ecco, in politica estera il terreno è minato. Conte non ha voluto esprimersi su chi sia preferibile tra Harris e Trump...
«Penso che il sostegno a Harris debba essere il minimo comun denominatore di tutte le coalizioni progressiste nel mondo. Proprio il minimo. Ma continuo a rispettare il fioretto su Conte».
Fermiamoci all'Italia. Che cosa dovrebbe contenere un programma per il ceto medio?
«Intervenire su scuola (8 milioni di ragazzi tornano in classe) su sanità e lavoro. Su questi temi si vince, non sull'ideologia. Mi hanno preso in giro per anni sugli 80€ in busta paga. Ma oggi bisogna detassare il lavoro per mettere nelle buste paga almeno il doppio, con questa inflazione. Sarebbe una spinta alla ripresa dei consumi».
Il centrodestra ha promesso di ridurre le accise sulla benzina.
«Promessa ridicola: con Meloni le accise sono aumentate rispetto Draghi».
Schlein dice che ci si può alleare con voi se smettete di tenere i piedi in due scarpe. Si riferisce nello specifico a Genova dove sostenete la giunta di centrodestra di Marco Bucci e intendete entrare nella coalizione di centrosinistra per le regionali. Che cosa farete?
«Spazziamo via le ambiguità: non intendiamo tenere i piedi in scarpe diverse e dunque siamo pronti a separare la nostra strada da quella del pur bravo Marco Bucci. Tanto bravo che, ricordo, Conte lo ha giustamente nominato commissario per la ricostruzione del ponte Morandi. Siamo pronti ad essere presenti in una lista riformista senza simboli di partito. E a sostenere la candidatura di Andrea Orlando, con cui ho posizioni diverse ma che ho comunque nominato ministro».
Ma?
«Ma basta che non siano alibi. Inutile girarci intorno. In Liguria il problema non è Italia Viva, ma le divisioni degli altri. C'è un Paese in crisi, il piano Transizione 5.0 non funziona, il ministro Sangiuliano che dovrebbe andare a casa domattina, una legge di bilancio da fare: e noi litighiamo? Basta chiacchiere, lavoriamo».
Dunque voi sarete nel centrosinistra ligure?
«Se la linea la dà Elly Schlein, noi ci siamo. Se la linea la dà Conte, allora stiamo fuori. Ma la posta in gioco oggi non è su Italia Viva quanto sulla leadership della coalizione. Il Pd ha aperto, noi ci siamo. Non siamo in coalizione perché ce l'ha ordinato il dottore, ma perché ce l'ha chiesto la segretaria del Pd».
Ci sono due temi come si dice oggi divisivi nel centrosinistra. Partiamo dal lavoro. Il suo scontro con la Cgil sul Jobs Act è stato durissimo. Come ricucirete?
«Ognuno su quello mantiene le sue posizioni. Invece insieme bloccheremo l'autonomia differenziata, un provvedimento dannoso perché aumenterà la burocrazia. Penso che in questa battaglia si debba coinvolgere la stessa Confindustria, non solo i sindacati. Alle imprese questa autonomia fa male».
Il referendum contro il Jobs Act?
«Lì invece sarò orgogliosamente dalla parte opposta della CGIL: il Jobs Act ha creato più di un milione di posti di lavoro, basta ideologie».
L'altro tema divisivo è la politica estera...
«Quello è divisivo per tutti».
Dobbiamo mandare armi agli ucraini anche se le usano sul territorio russo?
«La questione non è l'utilizzo. Se mandi le armi, e io ho votato a favore, è giusto che gli ucraini le usino. Non puoi dire: ti do le armi, ma non le usi. Dopo di ché è chiaro che accanto alla strada delle armi è indispensabile la via diplomatica per giungere a una pace giusta. E l'Europa dorme, purtroppo. Ma è ipocrita dire le anni sì ma solo in Ucraina, come dice Tajani. Che è sempre più imbarazzante come ministro degli esteri».
Vale anche in Medio Oriente?
«In Israele c'è un capo del governo democraticamente eletto che persegue politiche duramente contestate anche all'interno. Dall'altra parte c'è un gruppo terroristico di macellai estremisti. Non sono sullo stesso piano. Io penso che la soluzione non possa che essere quella di due popoli e due stati e che per arrivarci sia indispensabile il ruolo dei Paesi dell'area: Arabia Saudita, Qatar, Emirati e Egitto».
Anche Arabia?
«Soprattutto l'Arabia. Chi conosce la politica estera sa che il ruolo dei sauditi è sempre più importante».
Sembra fallito il suo complotto contro Giorgia Meloni e la sorella Arianna.
«Ma quale complotto. È stato il solito piagnisteo di questa Premier. Nei giorni scorsi Meloni mi ha cercato per dirmi di Fitto. Mi ha chiesto: "Dove sei?" Le ho detto: sono a organizzare il nuovo complotto contro di te. Lei ha riso ma l'aggressione contro di me delle sorelle Meloni non è stata simpatica. Evidentemente hanno più problemi di quello che pensavamo».