Novità sulle pensioni 2018

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Il sistema previdenziale e pensionistico di una nazione è la cartina tornasole per misurare quanto quel Paese sia unito e solidale.

In Italia milioni di lavoratori più giovani sostengono con la loro generosità le generazioni più anziane che non lavorano più.
È un grande, complesso meccanismo che non solo ci unisce in un patto generazionale indissolubile, poiché nessuno può fare a meno dell’altro, ma garantisce equità e sostenibilità sociale.

Non è un sistema immune da errori e in passato ne sono stati commessi. Si è andati dalle maglie larghe delle baby-pensioni negli anni Settanta alle estreme rigidità della riforma Fornero, causa del fenomeno degli ‘esodati’.

I governi guidati da Renzi e Gentiloni non solo hanno risolto il problema degli esodati, ma hanno fatto in modo che il sistema delle pensioni sia più flessibile, senza creare scompensi alla finanza pubblica.

Non tutto è stato risolto, ma la strada intrapresa dal PD è quella giusta: garantire chi non lavora più e non penalizzare le giovani generazioni. E proprio ai giovani il nuovo governo dovrà offrire più sicurezza sul livello minimo della pensione.

Pensioni novità 2018

La legge di bilancio 2018 rafforza il patto fra le generazioni e consente, ai lavoratori e alle lavoratrici in possesso di certe condizioni, di ritirarsi prima dal lavoro.

Grazie al buon governo del PD, da gennaio 2018 è tornata l’indicizzazione delle pensioni e quindi gli assegni che i pensionati riceveranno sono rivalutati in base all’inflazione del 2017 (stimata, in via preventiva, all’1,1%): insomma più soldi nelle tasche dei pensionati.

Voglio andare in pensione prima, è davvero possibile?

Oggi la risposta a questa domanda è “sì, è possibile”. Per la prima volta nella storia del nostro Paese non si è fatto ricorso a generalizzate riduzioni dell’età pensionabile (le ‘bay-pensioni’, appunto). Se così fosse stato, il costo sarebbe gravato tutto sulle giovani generazioni.

I governi Pd hanno studiato forme flessibili di uscita dal mercato del lavoro che fossero socialmente selettive. È stata così offerta ai lavoratori con 63 anni la possibilità di poter andare prima in pensione utilizzando tre nuovi strumenti: Ape Sociale, Ape Volontaria e Rita.

APE Sociale

L’Ape sociale è un’indennità a carico dello Stato, pari alla pensione maturata per un massimo di 1.500 euro.
È riservata a chi si trova in situazione di disagio sociale o lavorativo (disoccupati senza ammortizzatori, invalidi, lavoratori che prestano assistenza a familiari disabili) oppure ai chi ha fatto lavori gravosi.
Ci sono due ottime novità introdotte dalla legge di bilancio 2018 che ha allargato la platea dei beneficiari. Ora a usufruire dell’Ape Sociale possono essere 15 categorie di lavoratori, mentre prima erano 11.
Inoltre, per le mamme lavoratrici la possibilità di accedere all’APE Sociale viene misurata in base ai figli (APE Rosa). E’ previsto uno sconto sull’età per andare in pensione pari ad un anno per ogni figlio, con un tetto complessivo di 2 anni.

APE volontaria

L’Ape volontaria è un prestito finanziario a condizioni molto favorevoli che consente di anticipare fino a tre anni e mezzo il trattamento pensionistico.
Funziona così: lo Stato si fa carico della metà del costo degli interessi e dell’assicurazione (detrazione fiscale), l’Inps eroga le mensilità, il lavoratore può andare in pensione dai 63 anni (con un’anzianità contributiva di 20 anni) e restituirà l’anticipo in 20 anni, attraverso la sua futura pensione.

RITA

RITA è un bel nome femminile ma anche l’acronimo di Rendita Integrativa Temporanea Anticipata. Si tratta di un provvedimento dei governi PD che garantisce una rendita a quei lavoratori che hanno cessato l’attività lavorativa ma che non possiedono ancora i requisiti per richiedere la pensione.
Devono essere lavoratori che hanno almeno 20 anni di contributi e un’età non lontana più di cinque anni dalla pensione.

Pensioni più eque

Gli interventi dei governi PD sono novità rilevante innovazione nelle politiche pensionistiche e invertono la tendenza rispetto agli interventi restrittivi degli anni passati.
Dal blocco dell’aumento dell’età pensionabile per 15 categorie di lavori gravosi alla riduzione degli anni necessari per il pensionamento per i lavoratori precoci (coloro, cioè, che hanno iniziato a lavorare prima dei 19 anni) e per chi ha svolto un lavoro usurante, sono tutti segnali che restituiscono speranza e dignità ai lavoratori.

Anche la cancellazione del sistema iniquo di Berlusconi, che prevedeva ricongiunzioni onerose dei contributi versati in diverse gestioni, va in questa direzione, grazie all’istituzione del cumulo gratuito dei contributi, senza oneri anche per i lavoratori con le carriere più diversificate e flessibili, elemento, questo, di particolare importanza soprattutto per i giovani.

Pensioni e lavori part time e pensione

A volte la qualità della vita, le esigenze familiari impongono di trasformare il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
Grazie all’attività dei governi Pd, è possibile farlo con una copertura pensionistica figurativa e la partecipazione del datore di lavoro al sostegno del reddito del lavoratore.
Inoltre, sono state eliminate definitivamente le penalizzazioni per l’accesso al pensionamento di anzianità prima dei 62 anni.

Più forza alle pensioni

Uno degli impegni dei governi PD è stato quello di migliorare la situazione dei pensionati con i redditi più bassi. Lo abbiamo fatto in tre mosse:

Quattordicesima mensilità: è stata raddoppiata la quattordicesima mensilità per i pensionati con pensioni basse ed è stata estesa a coloro che hanno fino a 1.000 euro al mese;

Abbassamento delle imposte sui pensionati al minimo: aumento dell’area non tassabile fino a 8.000 euro annui;

Sistema di indicizzazione delle pensioni più favorevole per le pensioni medie e basse.

Altri interventi di riforma importanti e innovativi sono stati l’abbassamento dei contributi pagati alla gestione separata dai professionisti senza albo (dal 33% al 24%) e gli interventi di miglioramento della previdenza integrativa per il lavoratori pubblici.