Piano per il Sud

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Quante volte abbiamo ascoltato, letto o adoperato l’espressione “questione meridionale”? Sono più di 150 anni che la politica italiana, da quella del Regno d’Italia a quella repubblicana, si interroga sullo sviluppo e sulla condizione delle regioni meridionali. Il problema Sud è stato sviscerato, studiato, affrontato in cento modi diversi, ma in epoca recente dobbiamo riconoscere al governo e al Pd a guida Matteo Renzi di essere usciti dalla logica dell’emergenza, del “piagnisteo neoborbonico” e di aver puntato su politiche che trasformino il Sud, valorizzando le buone prassi e innovando.

In fondo, la differenza tra il riformismo del Pd, il conservatorismo di Forza Italia e Lega, e il populismo del M5Stelle risiede proprio qui. Le destre sfruttano la retorica delle lamentale e della commiserazione (“il povero Sud che non ce la fa”) per mantenere tutto così com’è. I grillini usano la medesima retorica per fomentare rabbia senza tuttavia smuover nulla. I riformisti, invece, lavorano sul terreno delle opportunità, vincono i falsi luoghi comuni del Meridione eternamente sottosviluppato, e progettano il futuro di quella che è una delle più belle e potenzialmente interessanti macroregioni europee: il Mezzogiorno, con 20 milioni di abitanti, vera grande risorsa dell’Italia e dell’Europa.

Le politiche del PD e il Sud

Tutti gli indicatori, dai dati Istat allo studio Confindustria- SRM confermano che il Sud è forza di traino. Il PIL del Mezzogiorno è cresciuto più di quello del centro nord. Ci sono segnali incoraggianti dalla ripresa della industria manifatturiera con un più 7%, oltre il doppio della media Italia. Aumenta anche il numero delle start up innovative (il 31,1% in più nel II trimestre del 2017 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), un dato migliore di quello registrato al Centro-Nord (+22,4%).
Insomma, il Mezzogiorno è ripartito. È ripartito grazie alle zone economiche speciali. Grazie alle misure per i giovani imprenditori. Grazie alla formazione di alto livello e alla riqualificazione dei lavoratori di aziende in crisi. Grazie a quello che Matteo Renzi fece un giorno d’estate del 2015…

Masterplan per il Sud

Alla fine di luglio del 2015 la Svimez pubblica il suo rapporto sui dati 2014 dell’economia del Sud. Un disastro: drammatica situazione di immobilismo, disoccupazione, depressione imprenditoriale. Che fare?
Dopo pochi giorni, Matteo Renzi, segretario del Pd e presidente del Consiglio in carica, convoca la direzione nazionale del Partito Democratico per affrontare le criticità del Mezzogiorno.
È da quelle riflessioni e da quel dibattito che prende il via il Masterplan per il Mezzogiorno che contiene le linee guida di un piano da 95 miliardi di euro, fino al 2023: un’operazione di cultura economica e di gestione del territorio, prima ancora di essere uno straordinario e concreto volano per lo sviluppo.
Insomma, non sono le risorse che mancano, ma ci voleva una guida politica come quella di Matteo Renzi prima e Paolo Gentiloni poi, per indirizzarle e per renderle a loro volta attive per disseminare buone pratiche.

Come sarà il futuro? Si legge nello studio Confindustria- SRM: “Le condizioni per una ripresa più robusta, già nel 2018, ci sono tutte, grazie ai recenti provvedimenti per il Sud e all’avvio effettivo dei Programmi 2014-20 da parte delle Regioni, che stanno creando condizioni di effettivo vantaggio per gli investimenti nel Mezzogiorno. La combinazione di condizioni favorevoli e dinamismo imprenditoriale può fare del 2018 un anno davvero chiave per le prospettive future dell’economia del Mezzogiorno”.

Le misure per il Sud

Incentivo Occupazione Sud

Oltre 90 mila rapporti di lavoro nell’ambito della misura “Occupazione Sud”.

ZES Zone Economiche Speciali

Le ZES (Zone Economiche Speciali) hanno una dotazione di 200 milioni di euro per attrarre investimenti nelle aree retro portuali. Oggi realtà come Gioia Tauro, Taranto, Cagliari, possono usufruire di uno strumento importante per attrarre investimenti industriali.

Resto al Sud

È lo strumento gestito da Invitalia e offre incentivi fino ad un massimo di 40 mila euro (di cui il 35 percento a fondo perduto) per i giovani che vogliono creare attività imprenditoriali nelle regioni del Mezzogiorno. La dotazione finanziaria complessiva è di 1 miliardo e 250 milioni di euro dal Fondo Sviluppo e coesione. L’incentivo è destinato anche alle cooperative con un tetto massimo di 200 mila euro a progetto.

Banca delle terre incolte

È una misura fondamentale, tenuto conto che nelle regioni meridionali l’agricoltura è il settore che ha fatto registrare il maggior incremento di occupati. Promuove l’imprenditoria nel settore agricolo tra gli under 40 e ha l’obbiettivo di recuperare alla produttività le aree di territorio incolto.

Piano investimenti e altre opportunità

Ci sono molte altre misure, e non solo economiche, che i governi Pd hanno destinato al Sud. Giusto per citarne alcune: le risorse per la decontribuzione, per il credito d’imposta, le azioni per combattere l’abbandono scolastico, il Reddito di Inclusione che interesserà prevalentemente il Mezzogiorno nel contrasto alla povertà o la possibilità per i comuni del Sud di utilizzare i beni immobili confiscati alle mafie anche per scopi sociali, ad esempio per esigenze di alloggi.

Il protagonismo del Mezzogiorno non si costruisce con le promesse mancate o con i complottismi: è un lavoro duro, faticoso, fatto di speranze e anche di errori. Oggi le condizioni per rimettersi in gioco e porsi come traino della crescita del Paese ci sono tutte. I governi Renzi e Gentiloni hanno dimostrato che le regioni del Sud Italia hanno le carte in regola per relegare la ‘questione meridionale’ ad argomento di studio.