Matteo Renzi sul Riformista: Al centro la scuola, non le intercettazioni

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Articolo di Matteo Renzi su "Il Riformista" del 1.06.2023

Possono gli apparati dell'intelligence ascoltare le telefonate di giornalisti o parlamentari? La domanda può sembrare banale. Ma da ieri - grazie anche alla cover de "Il Riformista" col fotomontaggio di Giorgia Meloni come protagonista del bel film "le vite degli altri" - questo tema è formalmente sul tavolo istituzionale. Il Copasir pare essere stato ufficialmente investito del problema e l'Autorità delegata, Alfredo Mantovano, che per noi è un galantuomo, ha rassicurato con un puntuale comunicato ufficiale. Mi colpisce che dopo la denuncia di Bisignani e Madron molti abbiano preferito tacere e che sia stato necessario il nostro intervento per richiedere il rispetto di una regola basica di cultura istituzionale: una democrazia che intercetta, senza comprovata ragione e autorizzazione, parlamentari e giornalisti smette di essere una democrazia. Quello che stupisce è una certa rassegnazione di tutti a considerare naturale ciò che naturale non è. È come se si fosse smarrita quella cultura istituzionale che non impedisce di menarsi come fabbri sul ring della politica ma che permette di farlo solo nell'alveo di regole condivise. Altrimenti diventa tutto lotta nel fango. Ciascuno dovrebbe migliorare il proprio campo di gioco, lo sappiamo. I politici per avere rappresentanti delle istituzioni più onorevoli, cioè più degni di onore. I giornalisti per sapere riconoscere i veri scandali dai petardi di giornata. I funzionari pubblici per essere all'altezza delle sfide amministrative del nostro tempo. Ma in generale la sensazione è che abbiamo una classe dirigente più mediocre del passato. E non lo scrivo solo perché ieri ho ascoltato le banali considerazioni finali del Governatore della Banca d'Italia Visco e subito ho avuto la nostalgia di quando la Banca d'Italia era la Banca d'Italia, guidata da autorevoli personalità, capace di costituire un pilastro del sistema Paese. Quando insomma le considerazioni finali erano talmente piene di senso da tracciare i confini del dibattito politico. Non come oggi, insomma. Lo scrivo anche perché in tutti i settori avvertiamo la difficoltà di avere una generazione di burocrati, dirigenti, manager e politici che ci sappia far fare il salto di qualità. Manca sovente quella cultura istituzionale che ha permesso tra mille divisioni all'Italia di tornare grande nel dopoguerra. Inutile aspettarsi i miracoli dal singolo Governo. La verità che serve al Paese è tornare a mettere la scuola al centro del villaggio, dando alla questione educativa priorità assoluta. Abbiamo provato a farlo in questi giorni dopo la violenta aggressione alla professoressa di Abbiategrasso, ci torniamo oggi e ci torneremo presto. Senza restituire valore alla scuola e prestigio agli insegnanti, questo Paese non ha futuro. E su questa sfida il Riformista intende - nel proprio piccolo - fare la propria parte.