Renzi: "Basta polemiche, ora un patto per la crescita. Se il Pd vuole suicidarsi, lo dica"

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Intervista di Stefano Cappellini, 8 novembre 2019, "la Repubblica" 

Senatore Matteo Renzi, lei è stato primo ispiratore della nascita del Conte bis. Di questo passo quanto manca alla fine prematura del governo?
«Sto viaggiando tanto in tutto il mondo, Nessuno si domanda se ci sarà una nuova recessione ma solo quando. L'Italia concentri su questo le sue attenzioni, non sulle risse quotidiane. Se, come penso, Trump e Xi chiuderanno l'accordo sul commercio tra Usa e Cina avremo mesi di tranquillità in più. Non vanno sprecati. Serve un grande patto politico per la crescita, non le polemiche di queste ore».

Parla di crescita ma il governo è diviso su quasi tutto, a cominciare dal caso Ilva.
«Ho passato notti insonni per tenere aperta Ilva quando eravamo a Palazzo Chigi. Abbiamo fatto dodici decreti, ci siamo presi gli insulti di avversari ed ex compagni di partito, abbiamo lottato con persone straordinarie come Andrea Guerra, Federica Guidi, Teresa Bellanova. E mi piace ringraziare il Procuratore di Milano, Francesco Greco, che è stato decisivo. Invece tanti che adesso fanno i professorini allora stavano zitti, Tutto questo non può essere interrotto sul più bello per la ingordigia del signor Mittal».

Calenda le ricorda che è anche responsabilità di Italia Viva se ad Arcelor è stato tolto lo scudo penale.
«Lo scudo penale non è la causa del recesso ma l'alibi dietro al quale la proprietà indiana sí nasconde, grazie anche all'appoggio inspiegabile di parte dell'establishment italiano. Non è questo il motivo che spinge Mittal ad andarsene, bensì la richiesta di cinquemila esuberi. Lo scudo penale è stato introdotto da Gentiloni e tolto dal governo Conte-Salvini, non da noi. Calenda fa l'avvocato difensore di Mittal, noi facciamo gli avvocati difensori dei lavoratori».

Ma i senatori di lv hanno seguito l'iniziativa della grillina Lezzi che ha stralciato lo scudo dal decreto Salva imprese.
«La responsabilità dell'attuale maggioranza sta nel non aver reintrodotto lo scudo, su richiesta del governo che in Aula ha assicurato non ve ne fosse bisogno. Detto questo, se c'è una norma generale che agevola chi bonifica i siti industriali, noi ci siamo. Davanti a migliaia di licenziamenti un Paese civile lavora insieme, senza sciacallaggio politico. Togliamo l'alibi dello scudo, ma togliamo anche le fake news: il problema di Mittal è la crisi dell'acciaio, non lo scudo penale. Siamo seri».

C'è una cordata alternativa? Lei ha fatto credere nel possibile ritorno di Jindal, che però si chiama fuori. La nazionalizzazione è una possibilità?
«Ora dobbiamo chiedere, tutti insieme, che Mittal onori il contratto che ha firmato. Quanto a Jindal: sta investendo a Piombino. Evitiamo di immaginare ora scenari di piano B».

Ilva, Alitalia: tutte questioni impostate male dai gialloverdi che ora però sono rogne di questo Governo. Valeva la pena?
«Sì, perché questo è il destino delle persone serie. Il populista fa danno e cerca capri espiatori. Il riformista fa fatica ma cerca soluzioni. L'alternativa era dare a Salvini i pieni poteri, magari per uscire dall'euro. Meglio faticare e risolvere problemi al governo che avere la verità in tasca stando all'opposizione».

Ha letto Ezio Mauro? Se un governo non ha un'anima, è inutile accanirsi per tenerlo in vita.
«II tema che pone Mauro è serio, va oltre la discussione sul governo e tocca il punto centrale della politica di oggi. Come coniugare ideale e compromesso? Qualche giorno fa Barack Obama ne ha parlato in toni belli e pragmatici ai giovani a Chicago. Trovare un compromesso è fàticoso, ma è un dovere. La purezza ideologica di chi vuole tutto e subito lascia il Paese agli estremisti. Quando governavo ho subito il processo di chi non mi riteneva abbastanza di sinistra e dopo di me è arrivato Salvini. Dicevano fossi timido sui diritti civili, che la crescita non fosse sufficiente, che il milione di posti di lavoro del Jobs Act fosse poco. A forza di chiedere di più si sono aperte le porte alla Lega, non all'Internazionale Socialista. Allo stesso modo oggi: questo governo non è il mio. Ma è comunque meglio dell'alternativa: il voto, la destra, il Quirinale ai sovranisti, l'Italia in bilico sull'euro. Chi volendo di più vagheggia nuove elezioni forse si mette in pace la coscienza, ma mette a terra il Paese».

Nel Pd cresce il fronte di chi pensa sia meglio tornare al voto.
«Assurdo. Ma leggo come lei le voci dal Nazareno fuggite. E allora siamo chiari. Se il Pd vuole votare, lo dica. Se i parlamentari del Pd hanno deciso di andare contro il muro hanno il dovere di comunicarlo al Paese e palesarlo in Aula. Per me è una follia, un suicidio di massa. Italia Viva pensa che si debba votare nel 2023, alla scadenza naturale, dopo aver eletto il nuovo Presidente della Repubblica. Vogliamo impegnare questi anni per abbassare il costo degli interessi a 50 miliardi, erano 77 miliardi l'anno quando sono arrivato a Palazzo Chigi, per incidere in Europa, per costruire l'alternativa al sovranismo no euro. Se qualcuno pensa di fare come in Umbria anticipando le elezioni, faccia pure: con questa scelta si perdono tutti i collegi uninominali e si causano sonore sconfitte in Emilia Romagna, Toscana e Lazio. Non so che nome dare a questa ipotesi politica, in psicologia si chiama masochismo».

Sta dicendo che, in caso di voto anticipato voluto dai dem, non correrete insieme al Pd?
«Se vogliono votare, ognuno andrà per la propria strada. Se come spero si andrà avanti, facciamo insieme un grande patto per la crescita».

Il Pd accusa Italia Viva di minare la stabilità del governo. Avete dato via libera a plastic tax e tassa sulle auto aziendali e poi avete fatto campagna per toglierle. Anzi tra i dem si dice che quella sulle auto è una idea del vostro Marattin.
«Eh no, basta con questa storia. Italia Viva non può essere l'alibi per le altrui debolezze. Il governo precedente ha azzerato la crescita con misure sbagliate quale reddito di cittadinanza e quota 100. Ci è stato detto che non si possono toccare. Stiamo solo evitando ulteriori danni: l'aumento dell'Iva, le tasse sui cellulari, sul gasolio, sulla casa. In pubblico ci danno di sfasciacarrozze, in privato ci danno ragione. Adesso stiamo lavorando per eliminare quelle sulle auto aziendali e quelle contro le imprese dell'Emilia Romagna. Gualtieri si è impegnato a rimediare e io sono con lui. Capisco che dobbiamo tenere gli errori del passato per un fatto politico, ma almeno non aggiungiamo anche gli errori del presente. Noi abbiamo proposto anche le soluzioni. Se sposti di due mesi il cuneo, non ci sono tasse in più. Se riporti la spesa per i beni al livello del mio governo, non ci sono tasse in più. Se abbassi il costo degli interessi non ci sono tasse in più. Il cittadino non è il bancomat della politica. Si taglino le spese, si può fare».

Franceschini chiede a lei e Di Malo un patto di maggioranza. Un altro penultimatum?
«Noi siamo pronti a salvare il Paese più che salvare la maggioranza Dopo la legge di bilancio il Pd ci faccia sapere che vuol fare. Sblocchiamo i cantieri, apriamo le porte a chi vuole investire qui, irrobustiamo le nostre piccole e medie imprese, investiamo sui ragazzi. Possiamo farlo. Noi come Italia Viva ci siamo. Stiamo crescendo in tutte le città, nei sondaggi, tra la gente. Ma la priorità è far crescere l'Italia».

II Pd vuole trasformare il governo con il M5S in una coalizione stabile. Magari con Conte come federatore di un nuovo centrosinistra. Italia Viva ci starebbe?
«Evitiamo troppi film e aiutiamo Conte a fare il premier oggi: è già un lavoro impegnativo così. Ciò che accadrà in futuro è difficile da prevedere. E comunque Italia Viva può arrivare all'accordo coni grillini fino al 2023, alla fine della legislatura, per tutto ciò che sappiamo e che è successo. Ma oltre non è possibile: ci presenteremo separati. Non siamo nati per fare la sesta stella, non siamo soci della Casaleggio, non siamo utenti di Rousseau, noi».

Italia Viva debutterà alle regionali della Toscana. Avete paura di presentare il simbolo anche nelle altre Regioni?
«Italia Viva correrà in Toscana, sicuramente. Ma anche in altre regioni. Abbiamo scelto di non presentarci in Emilia Romagna d'intesa con il presidente Bonaccini. Se poi qualcuno vuole aiutare Stefano, anziché aumentare le liste regionali abbassi le tasse nazionali. Noi siamo con lui».

II suo recente monito a Conte, "avanti con o senza di lui", è il nuovo "Enrico, stai sereno"»?
«Non è un monito, è la Costituzione. In Italia è il Parlamento che tiene in vita il governo. E quando cade un governo se ci sono i numeri si va avanti. Non a caso ci sono state 18 legislature e 66 governi nell'Italia repubblicana: sono numeri, non opinioni. Detto questo, pensiamo a dare una mano a Conte, oggi. Del doman non v'è certezza, diceva un fiorentino di qualche secolo fa, Lorenzo de' Medici».