Renzi: "Bisogna fare un salto di qualità, la crisi morde"

Le attività ed i successi che portiamo avanti dipendono dall'impegno di ognuno di noi. Ogni contributo è importante.
dona italiaviva

Intervista di Maria Teresa Meli, "Corriere della Sera", 18 novembre 2020. 

Senatore Matteo Renzi, va raccolto il segnale di apertura di Forza Italia?
«Penso che l'idea di Goffredo Bettini di chiamare all'impegno "le migliori energie del Paese" sia una proposta saggia. Molti sottovalutano la vastità del problema economico alla fine della pandemia: debito pubblico al 160% del Pil, spesa bloccata per decenni, disoccupazione. Il tutto in un quadro internazionale frastagliato dove dalla Libia ai Balcani, dalla Cina agli Stati Uniti, molto è in divenire. Davanti a questo scenario se Forza Italia offre la disponibilità a superare il populismo fanno bene i dirigenti del Pd a dire andiamo a vedere le carte. Oggettivamente questa disponibilità può produrre una novità politica».

È sicuro che ciò accadrà?
«No. In Forza Italia convivono due anime: c'è il gruppo che possiamo chiamare il fronte del Nazareno, che vuole accordi bipartisan e si colloca nello scenario del Ppe guidato dalla Merkel, e c'è il gruppo che definiamo il fronte di Pontida che vuole l'alleanza solo con la Lega. Vedremo chi prevarrà. Secondo me nell'anno delle Amministrative, Berlusconi per come lo conosco — non mollerà Salvini e Meloni. Se lo facesse, tuttavia, sarebbe una svolta di grande valore. Un'apertura c'è stata. E dunque condivido con Zingaretti: noi rendiamoci disponibili in modo serio. Se sono rose fioriranno».

E Forza Italia entra in maggioranza?
«Abbiamo creato una coalizione che ha messo in un angolo i populisti di questo Paese. E questa maggioranza vuole eleggere un presidente della Repubblica che metta il Quirinale in salvo fino al 2029 tenendo la barra dritta sull'alleanza atlantica e sull'Unione europea. Per Berlusconi questa è l'occasione per dimostrare che Forza Italia è alleata della Merkel e non della Le Pen. Concretamente questo può portare anche ad allargare la maggioranza, ma dipende da chi vincerà la sfida interna tra il fronte del Nazareno e quello di Pontida».

Al Senato avete numeri risicati: perciò volete coinvolgere Forza Italia?
«Sui numeri al Senato non vedo preoccupazione. Finché c'è Italia Viva, questo governo non ha un problema di numeri. C'è però da fare un salto di qualità, nella gestione sanitaria, sul Recovery Plan, nello sblocco dei cantieri. Molto dipenderà dalle conclusioni del tavolo politico, appena insediato. Questa legislatura arriverà comunque al 2023: io vorrei che ci arrivasse con una maggioranza politica che tiene fuori i sovranisti di destra. E del resto la vittoria di Biden riapre una speranza per tutte le famiglie democratiche e progressiste».

Il premier non sembra seguire la strada indicata da lei e Bettini. E Vito Crimi ha chiuso...
«Il premier in questi mesi ha spesso apprezzato la sponda istituzionale di Forza Italia. Quanto a Vito Crimi, guida un partito che nel 2019 andava dai gilet gialli e nel 2020 si prepara a entrare nel partito di Macron: può tranquillamente cambiare idea anche sul doppio relatore alla Legge di Bilancio. E naturalmente ci auguriamo che i grillini cambino idea velocemente sul Mes: abbiamo una sanità pubblica sotto sforzo, assurdo rinunciare a investimenti vantaggiosi solo per ragioni ideologiche».

Bettini nella lettera al «Corriere» parla di rimpasto.
«Questo è un punto aperto anche in caso di mancato ingresso di Forza Italia. Noi stiamo scrivendo il nuovo contratto di governo. Ora è il momento di concentrarsi sui contenuti. Poi — se troveremo gli opportuni accordi — arriverà il momento di guardarci negli occhi e di dirci se va tutto bene come sta andando o possiamo irrobustire taluni ministeri».

Dicono che Conte tema che così lo si voglia far fuori. Se la sente di rassicurarlo?
«Sì. Nella maggioranza in tanti chiedono qualche modifica alla squadra di governo per fare un salto di qualità, ma nessuno propone un nuovo premier. Detto questo, per me il tema non sono i ministri da cambiare ma dove portiamo il Paese nei prossimi ventiquattro mesi, come facciamo funzionare ciò che non funziona, come definiamo regole condivise costituzionali e non, come creiamo posti di lavoro. Vedo la crisi mordere e ancora di più vedo le opportunità del dopoguerra: perché quando il vaccino arriverà nel mondo scatterà un'euforia da dopoguerra. Dove sarà l'Italia, allora? A me interessa questo, non il totonomi».

I riflettori della magistratura sono nuovamente accesi sudi lei e su Open. Ci sono state polemiche anche per delle frasi sessiste che le sono state attribuite e poi sono state smentite...
«Prima o poi qualcuno troverà il tempo e il coraggio di raccontare che cosa è accaduto alla mia vita in questi anni: dal depistaggio alla vicenda Tempa Rossa, dalle banche all'arresto dei miei genitori, dal sequestro dei telefonini dei finanziatori fino alla surreale vicenda della Fondazione Open dove il problema non è il finanziamento illecito — che non esiste, essendo tutto bonificato e tracciato — ma il fatto che la Leopolda fosse organizzata da una fondazione e non da un partito. Quando poi leggi che le carte dell'accusa contengono gossip e notizie prive di valore probatorio capisci il livello dell'inchiesta. Siamo ben oltre l'assurdo. Ma credo nella serietà della stragrande maggioranza dei giudici e del resto la Cassazione si è già espressa due volte sul tema».

Che pensa della vicenda del commissario della Sanità calabrese?
«Sta diventando una barzelletta che non fa ridere. Non entro nel merito delle vicende pregresse: qui c'è la disponibilità di un medico e uomo autorevole. Si chiama Gino Strada. È uno che non guarda in faccia nessuno: guarda negli occhi tutti ma non guarda in faccia nessuno. Mi ricordo quando dieci anni fa davanti a un panino con il lampredotto in Palazzo Vecchio mi diceva che la sfida per lui più importante nella sanità si giocasse nel Mezzogiorno italiano prima che in Africa. Oggi ha la possibilità di dare una mano, non lo lascerei fuggire. Fossi Conte e Speranza non farei troppi discorsi: firmerei il decreto e porterei Gino Strada a Catanzaro domani stesso. Questa telenovela è già durata troppo. E gli unici che se la godono sono gli uomini della 'ndrangheta».