Renzi: «Casa Riformista sarà decisiva. Arriveremo al dieci per cento»

Intervista a Matteo Renzi per «La Stampa» del 14-10-2025

di Francesca Schianchi

«Il centrosinistra vince solo se ha una gamba riformista», gongola Matteo Renzi mentre, a spoglio ancora in corso, la sua lista si colloca intorno all’8,8 per cento. «Siamo il secondo partito della coalizione e il terzo in assoluto in Regione», sottolinea.

Però, Renzi, la Toscana è la sua roccaforte: è sicuro che bisserete il risultato altrove?

«Sì: Casa Riformista sarà decisiva anche in Campania. E il 4,4 fatto in Calabria, dentro a una sconfitta cocente, vale quanto il quasi 9 per cento toscano: dimostra che ormai siamo una realtà, non più solo una intuizione».

In Toscana però Casa Riformista era insieme alla lista Giani, sono confluiti voti diversi.

«Eugenio ha portato un contributo, certo: a noi come al Pd. Ma chi conosce la Toscana sa che siamo stati decisivi. Senza Italia Viva non c’è Casa riformista, e Casa riformista deve andare oltre Italia Viva. Non voglio nessuna primazia, metto il progetto a disposizione per raggiungere il 10 per cento nazionale».

Obiettivo ambizioso.

«Pd, Avs e M5S sono circa al 40 per cento. Per vincere alle Politiche basta fare un 6-7 per cento: ma io punto al 10, possiamo fare una nuova Margherita».

E come pensa di riuscirci?

«Bisogna aprirsi a tutti. Per questo alla Leopolda ho invitato Silvia Salis, Beppe Sala, Gaetano Manfredi, Alessandro Onorato… Sindaci, amministratori, figure civiche: questo è un progetto aperto».

Aperto anche ai delusi di Forza Italia?

«Sì: noi vinceremo alle Politiche solo se convinceremo anche i delusi di Forza Italia. E poi in giro per il Paese, nei comuni, ci sono tanti civici senza casacca: dico loro, venite a darci una mano».

Casa Riformista vuole stare al centro e guardare un po’ di qua un po’ di là o si colloca stabilmente nel centrosinistra?

«Stabilmente nel centrosinistra. L’ho detto dopo le Europee del 2024 e lo ribadisco».

Pensa che con questa nuova veste sarà più facile il suo rapporto con gli altri leader dell’area, in particolare con Conte, che a lungo ha detto «mai con Renzi»?

«Non mi interessano le polemiche personali del passato, mi sta a cuore il futuro di un Paese in cui crescono le tasse e scappano i giovani. Senza di noi si perde. In Calabria siamo arrivati prima di Avs. In Toscana prima di Avs e M5S. Chi si prende la responsabilità di dire “non vogliamo la seconda o terza lista della coalizione”?».

Quali sono i suoi rapporti attuali con Giuseppe Conte?

«Quando dice sì a Industria 4.0 o a interventi sulla sanità, sono d’accordo. Non condivido alcuni temi di politica estera. Ma il problema non è se ci parliamo io e lui, ma se parliamo al Paese. Servono idee, non veti».

Alle prossime Regionali farete una iniziativa tutti insieme su un palco?

«Non mi interessa un palco comune, mi interessa mandare a casa Giorgia Meloni. Per farlo bisogna insistere su tasse, sicurezza, lavoro. E senza di noi, non ci sono i numeri».

Sta dicendo che Casa Riformista è imprescindibile?

«Lo dice la matematica. Le elezioni si vincono al centro, e in Toscana abbiamo doppiato la Lega e preso un terzo in più di Forza Italia, perché quello spazio lo occupiamo noi».

L’evocato effetto Vannacci non c’è stato.

«Quest’estate pubblicò un video con un pesce dicendo “ecco la faccia della sinistra dopo le elezioni”: mi piacerebbe ripubblicarlo scrivendo “salutatemi il generale”. Vannacci torni a Bruxelles e liberi Viareggio».

L’ex premier Paolo Gentiloni sostiene però che il campo largo è ancora lontano da un’alternativa credibile.

«Ci vorrebbe più generosità. Paolo ha avuto tutto dal suo partito: l’ho salvato io candidandolo alla Camera nel 2013, ha fatto il ministro degli Esteri, il presidente del Consiglio, il commissario europeo. Se adesso anziché fare la morale a Schlein desse una mano a trovare i voti, sarebbe un po’ più credibile».

È molto duro.

«Non amo chi non si candida mai ma fa il commento del giorno dopo. Sono i professionisti di X: l’atteggiamento tipico di gente che non sa cosa sia il consenso ma vive nel mondo dei social. Come Calenda che non ha il coraggio di candidarsi ma commenta i risultati degli altri o l’affluenza. In politica contano i voti, non i tweet o le interviste».

Però Gentiloni pone un tema vero: su difesa europea e Ucraina c’è una divaricazione dentro al centrosinistra.

«Come c’è nel centrodestra: il punto è trovare una sintesi. Quando ci saranno le elezioni, lo scontro sarà tra Meloni e centrosinistra: basta vivere di fantasmi, possiamo batterla».

Quando ci saranno le elezioni la candidata premier sarà Schlein, cioè la leader del primo partito dell’area, o servono primarie per stabilirlo?

«Se rimarrà l’attuale legge elettorale, vale la regola del centrodestra: il leader del primo partito deve fare il candidato premier, ragionevolmente sarà Schlein. Se invece ci sarà una nuova legge elettorale con l’indicazione del nome sulla scheda, non vedo alternativa a primarie di coalizione».

Renzi, queste elezioni hanno segnato un crollo di affluenza notevole: perché più di un toscano su due non ha votato?

«Nel 2020 l’affluenza fu alta perché sembrava un testa a testa, ma ricordo comunque le lunghe conversazioni con Zingaretti, allora segretario Pd, per far di tutto per mobilitare gli elettori. Stavolta è scesa, ma vedrà: alle Politiche sarà tutta un’altra musica. E se Casa Riformista funziona, vinciamo noi».