Renzi: "Il populismo sta davvero finendo"

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Intervista di Concetto Vecchio, "la Repubblica", 29 maggio 2021.      

Senatore Matteo Renzi, come valute le scuse di Luigi Di Maio all'ex sindaco di Lodi, Simone Uggetti?
«È un passo avanti verso la civiltà. Piccolo passo per noi garantisti, grande passo per i grillini, che hanno costruito il proprio successo sul VaffaDay e sull'aggressione giudiziaria nei confronti degli avversari. Oggi il loro ex capo ammette l'errore e si scusa».

Pensa che sia sincero?
«Lo spero. Nel 2016 ci fu una strategica aggressione contro di noi. Tempa Rossa, dove furono attaccati Federica Guidi e Claudio De Vincenti, Banca Etruria, con il padre della Boschi poi archiviato da tutte le accuse, non ci fu solo Lodi. Quel clima, creato da Di Maio, Di Battista e Casalino contro il mio governo, ha portato i grillini alle vittorie di Roma e Torino prima e del referendum poi».

Coglievano lo spirito del tempo.
«Peggio, lo costruivano, radicalizzando lo scontro. Noi dipinti come i disonesti, loro i buoni. Ignorando il principio di Benedetto Croce: in politica la vera onestà è la capacità di fare le cose. Di Maio oggi riconosce che lui fu il primo responsabile di quella campagna. Con noi lo aveva già fatto privatamente, oggi c'è un'assunzione di responsabilità pubblica che mi sembra importante».

Perché Di Maio ha deciso proprio adesso di dire no alla gogna?
«Perché sta cambiando tutto. Il passaggio da Conte a Draghi - che Italia Viva ha voluto e promosso contro tutti - è un cambio d'epoca. Non ci sono più le chilometriche dirette Facebook e le aggressioni sui social a chi non la pensa come te. Oggi il Paese è più tranquillo e la gogna non funziona. Del resto può ritorcersi contro, come dimostra la vicenda del figlio di Beppe Grillo. Di Maio lo ha capito e prova a riposizionarsi».

Qual è la sua risposta politica?
«Dobbiamo incoraggiarli ad abbracciare il garantismo e respingere il giustizialismo per sempre. Noi che siamo state le vittime di quella stagione siamo pronti a tendere la mano a condizione che si riconosca la verità. E si cambi approccio».

Pensa di essere innocente rispetto a certi toni? La sua rottamazione non era una forma di populismo?
«Non scherziamo. Noi non solo siamo innocenti, ma siamo le vittime di un clima di odio che ha distrutto la vita anche alle nostre famiglie. La rottamazione era la ricerca di una radicale discontinuità politica, non un attacco alle persone. Ha prodotto il Jobs Act, la parità di genere al governo, le unioni civili, l'industria 4.0. La rottamazione era politica, il giustizialismo è barbarie».

Uno degli slogan della sua campagna referendaria era: "Meno poltrone, meno politici". Lo ridirebbe?
«Sì. Fin dalla prima Leopolda io dicevo meno politici e più politica: non è populismo, è buon senso. Oggi è sempre più chiaro quanto il referendum servisse: superare il titolo V e cambiare il ruolo delle regioni, garantire cinque anni alla stesso governo, eliminare la doppia fiducia, abolire enti inutili come il Cnel. Ma l'aggressione personale di allora rendeva impossibile un dibattito razionale. Ormai è passato, ma io credo che tornerà presto d'attualità la riscrittura delle regole, tutti insieme».

Nel 2013 lei aveva chiesto le dimissioni della ministra Cancelleri per l'interessamento al caso di Giulia Ligresti. Non era giustizialismo?
«No. Lì c'era un ministro - il cui figlio era dirigente dell'azienda sotto i riflettori - che telefonava alla famiglia di una persona imputata dicendo che l'inchiesta era assurda. Un ministro non fa una cosa del genere: mai. Garantismo significa rispettare gli indagati, non difenderli. Noi siamo andati in aula a dire che non ci si dimette per un avviso di garanzia, abbiamo fatto la legge sulla responsabilità civile, subiamo ancora una campagna contro che non finisce mai. Ancora ieri la Cassazione ha annullato per la quarta volta un provvedimento dei magistrati fiorentini su Open. Con un sorriso posso dire che mi aspetto tra quattro o cinque anni di ricevere un'altra lettera di scuse. Il tempo è galantuomo».

Toninelli ha detto che non bisogna chiedere scusa. L'M55 reggerà alla svolta di Di Maio?
«No. Ma la divisione tra Di Maio e Toninelli è effetto di questa situazione, non causa. Il Movimento ha cambiato idea su tutto: Olimpiadi, Tap, Europa, Ponte sullo Stretto, alleanze. Il giustizialismo era l'ultimo baluardo. Ora è crollato, il grillismo è morto. Nascerà una nuova cosa, con un nuovo simbolo e una battaglia tra Conte e di Maio sulla leadership, ma nulla sarà come prima».

È l'inizio della fine del populismo italiano?
«Magari bastasse la conversione di Di Maio. Il populismo è un fenomeno ciclico. Negli anni Novanta la Lega agitava il cappio in Parlamento. E già negli anni Settanta Aldo Moro diceva che la Dc non si sarebbe fatta processare nelle piazze. Il populismo purtroppo va e viene, ma non scompare mai».

Farebbe un'alleanza con i 5S?
«I Cinquestelle, così come li abbiamo conosciuti, sono finiti. Con giustizialismo e populismo noi non faremo alleanze, neanche elettorali. Da qui al 2023, penso, nasceranno forze nuove sia a destra che a sinistra. E i giochi si faranno dopo le elezioni del presidente della Repubblica. Se Draghi governerà bene, come io credo, anche la bolla mediatica di Giorgia Meloni si sgonfierà».