Renzi: “La priorità del Paese è ripartire”

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Intervista di C. Muzzi, "Giornale di Brescia", 3 maggio 2020.   

È la voce critica nel Governo, il pungolo della maggioranza: L'ex premier Matteo Renzi rilascia un'intervista al nostro giornale parlando di Fase 2 e chiarendo le sue dichiarazioni recenti su Brescia e Bergamo.

Senatore Renzi, come vede la situazione del Paese alla vigilia della Fase 2 e dopo un mese e mezzo di lockdown?
Gli italiani sono stati bravissimi. Nonostante una tragedia di proporzione immane - con più di trentamila morti - i cittadini hanno risposto con disciplina, i medici e gli infermieri con eroismo, la popolazione in modo impeccabile. Qualcosa non ha funzionato purtroppo mascherine, tamponi, zone rosse, sottovalutazioni. Ma ne parleremo a tempo debito. Ora la priorità è ripartire, ripartire, ripartire. Perché altrimenti il rischio è che alla carneficina di vite umane segua una lunga serie di fallimenti e licenziamenti.

Ha polemizzato con il Presidente del Consiglio per l'utilizzo eccessivo dei DPCM. Lei per mille giorni è stato premier, che strada avrebbe scelto?
Conte ha rassicurato gli italiani nella fase della crisi e questo é stato positivo. Ora che stiamo ripartendo non possiamo continuare con questo stile di deroghe costituzionali Che senso ha fare un DPCM per cui un cittadino deve spiegare al poliziotto se la persona che sta per vedere è la fidanzata stabile o quella saltuaria? O se l'amico che incontra é - cito testuale un membro del governo - un amico vero o no. Che senso ha? Chi decide? Se c'è un'emergenza si può obbligare tutti a usare le mascherine o a tenere la distanza ma una volta che si è data questa regola non é consentito a nessuno - nemmeno al Premier - di decidere chi si può incontrare e chi no. Il problema é che Conte usa i DPCM, facendo tutto da solo. Mentre invece se usasse i decreti legge dovrebbe discuterli in CdM e poi in Parlamento. Suggerisco questa seconda strada, altrimenti é forte la polemica costituzionale. Spero che il Premier cambi metodo.

Può fare chiarezza una volta per tutte sulla battuta sulle vittime di Bergamo e Brescia e sulla necessità di ripartire? Per il nostro territorio questi due mesi sono stati molto dolorosi e anche una metafora può ferire o suonare come una mancanza di rispetto.
Sono molto dispiaciuto se qualcuno é rimasto ferito e mi colpisce la strumentalizzazione del mio discorso. Invito i vostri lettori a sentirlo. Non ho fatto alcuna battuta, ma ho detto che la gente di Bergamo e Brescia si è sempre spezzata la schiena perché laboriosa e tenace. E che dunque ripartire è un modo per onorare la memoria non per dimenticarli. Lo avevo già detto un mese fa, sempre in Aula, e nessuno si era scandalizzato. Sandro Pertini dopo il terremoto del 1980 disse «Il miglior modo per ricordare i morti é pensare ai vivi». Volevo esprimere un concetto analogo. E chiunque mi conosca sa che per me questa tragedia è devastante per molli motivi. Ma se anche solo una delle famiglie delle vittime si fosse sentita offesa, mi scuso con chi ha subito un lutto. Invito però ad ascoltare, io ho detto altro. E ho chiuso citando un grande bresciano come Mino Martinazzoli.

Quali sono i prossimi passaggi che chiede al Governo?
Correre, correre, correre. Sulla liquidità per le aziende, sulle riaperture, sui soldi a fondo perduto, sulle scuole soprattutto per la maturità e per l'edilizia scolastica. lo non dico di riaprire tutto. Dico di riaprire in sicurezza ma di non perdere posizioni rispetto ai nostri competitor internazionali. E vorrei più attenzione alle donne. Il rischio è che in troppi pensino che i figli a casa siano un problema solo delle mamme: invece sono un problema della società nella sua interezza. La questione scolastica è una questione enorme: molti pensano che si tratti di una questione di serie B. Io che sto da due mesi in lockdown con una moglie insegnante e tre figli studenti, di cui due devono fare gli esami, mi rendo conto che questa è la questione più importante per il futuro della nostra società, la questione educativa.

Quali sono le condizioni che pone Italia Viva per continuare a sostenere il Governo?
Una sola condizione. Che Conte faccia sul serio. Se ha voglia di lavorare davvero per gli italiani noi saremo con lui. Ma basta populismo e annunci buoni solo per aumentare i followers su Facebook: la vera sfida sono i posti di lavoro, non i fans su Facebook. Dipende da Conte, non da noi. Noi non abbiamo nulla da chiedere solo da portare: idee e entusiasmo.

È soddisfatto della risposta dell'Unione Europea all'emergenza?
Sì. Se non ci fosse stata la Bce saremmo già falliti. Le risposte sulla BEI, sul programma sulla disoccupazione, sul Recovery Fund vanno bene. Adesso bisogna correre. E naturalmente usare il MES, soldi che servono per la nostra sanità e che non hanno le condizionalità di cui parlano i populisti leghisti e grillini. Intanto pensiamo all'economia: non dimenticando mai, peraltro, che la provincia di Brescia fa da sola più Pil di alcuni stati europei.