Renzi: Politici e giornalisti spiati ora il governo faccia chiarezza

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colloquio con Matteo Renzi di Giuliano Foschini per "Repubblica"

«In gioco c'è la tenuta democratica di un Paese, il nostro». E non ha il tono di chi sta utilizzando un'iperbole. «In quel libro c'è scritta una cosa molto chiara che mette il Governo e l'Autorità delegata, Alfredo Mantovano, davanti a due sole strade possibili: dire che è stata scritta una bugia, smentendo ufficialmente. Oppure venendo immediatamente a spiegare al Copasir cosa è accaduto, da quanto tempo e cosa sta accadendo ora». Il senatore Matteo Renzi ha appena finito di leggerei- potenti al tempo di Giorgia, il volume (edito da Chiarelettere) da poche ore in libreria scritto dal giornalista Paolo Madron e da Luigi Bisignani, condannato definitivamente durante Tangentopoli e poi ancora nel 2012 nell'ambito dell'inchiesta sulla cosiddetta P4 e ciò nonostante grande navigatore di governi o, meglio ancora, sottogoverni. Madron e Bisignani scrivono, facendo riferimento anche a un'inchiesta della procura di Roma: "Prima di arrivare a Palazzo Chigi, pare avessero detto a Giorgia Meloni che esistevano forme di controllo telematico di vari personaggi che ruotavano attorno al suo mondo. Si parlava di oltre 400 utenze captate". «Parlano di intercettazioni preventive. Quel lavoro, cioè, che l'intelligence può fare in assenza di un'inchiesta giudiziaria, ma quando si ritiene che sia in qualche modo in pericolo la sicurezza nazionale», afferma Renzi. È uno strumento previsto dal nostro Codice che però le consente soltanto in presenza di un'autorizzazione preventiva da parte del procuratore generale della Corte di Appello.

Perché è così preoccupato, senatore Renzi?

«Quello che scrive Bisignani è molto chiaro. Ed è l'esito di quello che da mesi gira in certi ambienti. E cioè che vi siano giornalisti o politici intercettati senza le garanzie costituzionali di una indagine ma dai servizi segreti. Mi spiego meglio: data l'autorizzazione iniziale della Corte si procede a strascico, senza ulteriori autorizzazioni, e si arriva a intercettare giornalisti e politici. In questa maniera ogni settimana si potrebbe capire quello che accade nelle redazioni o quello che avviene nei palazzi della politica. Se questo fosse vero, ci troveremmo di fronte a una cosa di una gravità inaudita. Sarebbe minato alle basi il nostro equilibrio dei poteri che fonda il sistema democratico».

Le norme prevedono però sistemi di controllo molto chiari. Si commetterebbero dei reati gravi qualora quei controlli venissero elusi.

«Io parlo di qualcosa che conosco, essendo stato a Palazzo Chigi. Non posso evidentemente svelare particolari coperti da segreto, di ufficio e di Stato, ma posso dire qual era stata sempre la mia linea: ero stato irremovibile nel dire che esiste un confine di etica della democrazia che impedisce ai Servizi di intercettare giornalisti e parlamentari in questo sistema di intercettazioni preventive a strascico. Di più: non ho mai visto una sola riga che riportava intercettazioni preventive. Di quelle si occupava l'Autorità delegata. Ora chiedo: la premierMeloni e il sottosegretario Mantovano la pensano come me o diversamente? A Palazzo Chigi in questi anni è successo altro?».

Che vuole dire?

«Io non so cosa è accaduto ai tempi di Conte premier e Vecchione capo dell'intelligence. Non so come sono state utilizzate le intercettazioni preventive. Non so cosa sta accadendo ora, con il governo Meloni. Ma suggerisco che Mantovano smentisca in modo chiaro che queste vengono effettuate su parlamentari e giornalisti. Io di giornalisti ne ho querelati tanti, non ho un buon rapporto con la categoria. Ma qui in gioco è il sistema democratico del Paese, mi sembra di essere tornato ai tempi in cui bloccai la nomina di Elisabetta Belloni a presidente della Repubblica perché il capo dei Servizi non può diventare capo dello Stato. Non ci possono essere opacità su questo tema: vi sembra possibile che l'ufficio del premier possa avere report sui lavori di direttori di giornale, cronisti? O sugli avversari politici? Ma in che Paese siamo?».

Quella di Madron e Bisignani è però un'allusione, anche vaga. Non una certezza.

«Sia chiaro: il mio problema non è il governo Meloni perché se questa abitudine esiste, sono certo che bisogna andare indietro nel tempo. Io non voglio fare polemica con loro, non è un problema di gestione dell'intelligence. Stimo Mantovano e sono certo che faccia bene il suo lavoro. E non metto in discussione il diritto del governo di fare le nomine che preferisce scegliendo persone degnissime come Vittorio Pisani e Andrea de Gennaro, dal curriculum impeccabile. Ripeto: se però davvero sono stati intercettati preventivamente giornalisti e politici, sono state minate le basi della democrazia. Il Governo ha il dovere della verità. Non vedo l'ora che arrivi una smentita ufficiale»