Renzi: «Redditometro? Errore da mediocri. Che bugia incolpare il mio governo»

Intervista a Matteo Renzi per "Il Corriere della sera" del 25-05-2024

di Maria Teresa Meli

ROMA

Matteo Renzi, cosa pensa di questa vicenda del redditometro?

«L'ennesimo errore di un governo mediocre. C'è un problema di metodo e merito: nel metodo nessuno a Chigi e al Mef si è accorto del pasticcio del decreto e questo la dice lunga sul funzionamento della macchina di Giorgia Meloni, a cominciare dal ruolo del sottosegretario Mantovano. Nel merito, con una sola mossa Meloni ha sconfessato decenni di battaglia per un fisco amico e, come se non bastasse, ha pure mentito dicendo che era colpa del governo Renzi. Pensavo fosse Giorgia e invece era Pinocchio. Con il nostro governo noi eliminammo dal redditometro la media spese Istat, il meccanismo diabolico che il governo Meloni voleva reintrodurre. Una misura illiberale e statalista che vessa inutilmente i contribuenti. Il governo, in confusione, dovrebbe abbassare le tasse e invece aumenta la burocrazia».

Secondo lei il governo è in affanno?

«È in folle, per utilizzare l'espressione delle macchine con i vecchi cambi manuali: non portano a casa un solo risultato. C'è una premier che comunica bene, che anche per questo farà un buon risultato alle Europee, ma c'è un governo che non porta a casa un solo risultato. Hanno scambiato la Gazzetta ufficiale con Twitter. A loro basta annunciare le riforme con un post per pensare che tutto sia arrivato, ma le uniche norme che sono arrivate in Gazzetta ufficiale sono il decreto Rave e il decreto Ferragni. Non c'è traccia di una riforma che sia una e anche sulla giustizia, vedrete, non si farà nulla. Meloni è una buona influencer e una pessima premier».

Tajani punta alla doppia cifra ... a quanto pare voi moderati che venite dal centrosinistra non riuscite a conquistare quei voti...

«I conti li farei dopo le elezioni: con Berlusconi era Forza Italia, con Tajani è Debolezza Italia. Sbandiera i sondaggi come fosse un grillino, ma per il momento ci sono solo vuoti e mediocri slogan offerti all'opinione pubblica. Sulle tasse, sulla giustizia e sulla cultura liberale, Forza Italia poteva fare la differenza in questa maggioranza, ma è totalmente a rimorchio dei sovranisti e di Meloni».

Il Pd sembra privilegiare i rapporti con Conte e Avs. Secondo lei i riformisti dem resteranno nel partito?

«Il Pd andrà meglio del previsto, perché i riformisti sono candidati in tutte le circoscrizioni e dunque faranno valere la forza delle preferenze, ma quello che è certo è che Elly Schlein con il risultato che otterrà sposterà ulteriormente a sinistra gli argomenti del partito. Se, come io credo, Stati Uniti d'Europa farà un buon risultato e se, come io credo, la Cgil raccoglierà le firme, il momento chiave della nascita di un vero partito riformista in Italia, di una sorta di Margherita 2.0, sarà con il referendum sul Jobs Act tra qualche mese. Lì si vedrà chi tra i riformisti avrà il coraggio di lasciare il Pd e iniziare con noi e i delusi da Forza Italia una strada nuova».

Alla guida della Commissione europea secondo lei ci sarà di nuovo von der Leyen?

«Si scrive Tajani si legge Ursula, si scrive Stati Uniti d'Europa si legge Draghi. La riconferma di Ursula è il sogno di Forza Italia, ma è l'incubo delle aziende italiane: chi vota Forza Italia, vota Ursula von der Leyen, la donna che non ha saputo riformare l'Europa, ma che soprattutto ha messo in ginocchio le aziende italiane, con il Green deal. Secondo me chi vuole bene ai posti di lavoro in Italia spinge per Draghi Presidente della Commissione. Potrebbe fare anche il Presidente del Consiglio europeo ma su questo vedo ben posizionato anche il socialista Antonio Costa che ho incontrato qualche giorno fa a Lisbona».

L'Italia dovrebbe riconoscere la Palestina?

«Riconoscere la Palestina adesso è un atto ideologico, privo di forza politica. Noi dobbiamo arrivare ad attuare il principio dei due popoli, due Stati e possiamo farlo con un'operazione complessa ma giusta che abbia il proprio fulcro nell'Arabia Saudita e negli accordi tra Riad e Tel Aviv. Tutti i Paesi arabi devono riconoscere il diritto di Israele ad esistere e contemporaneamente finanziare la nascita della Palestina. Con i soldi dati alle scuole, non ad Hamas. Se questo accadrà — con un primo ministro israeliano diverso — sarà un passo decisivo verso la pacificazione e l'equilibrio dell'area. Ma detto che io non sono convinto di Netanyahu, il fatto che si mettano sullo stesso piano Netanyahu e Hamas, Israele e Hamas, è una vergogna, una bestemmia per utilizzare le parole come sempre illuminate di Liliana Segre».