Renzi: “Riapriamo subito per evitare la carestia”

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Intervista di Marino Smiderle, "il Giornale di Vicenza", 22 aprile 2020. 

L'ultimo a echeggiare tre volte un verbo all'infinito era stato Francesco Saverio Borrelli: resistere, resistere, resistere. Erano tempi complicati, tempi da resa dei conti, quelli che seguivano la caduta della prima repubblica, tempi di conflitti di potere tra una magistratura accusata di far tintinnare le manette e una politica sospettata di voler difendere i mariuoli. Sono tempi tremendamente complicati anche questi, molto più complicati se si pensa che lo tsunami del coronavirus si è già portato vie decine di migliaia di vite, non solo in Italia, e sta mettendo alla carità l'economia globale. Quanto basta per indurre il senatore Matteo Renzi, già presidente del Consiglio e leader di un nuovo partito, Italia Viva, che fa dell'europeismo la sua bandiera, a raccogliere il grido di allarme che da giorni esce ad alto volume dagli ambienti dell'industria, del commercio e dell'artigianato di Vicenza e del Veneto. E, ricalcando lo schema dialettico usato dal compianto procuratore generale di Mani Pulite, scandisce un altro verbo all'infinito, per tre volte: «Riaprire, riaprire, riaprire». Lo fa nel giorno in cui il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, conferma in parlamento che se ne riparlerà il 4 maggio, come da decreto. «Aprire prima - sostiene il premier del governo sostenuto dallo stesso Renzi - sarebbe irresponsabile». Renzi digerisce ma resta della sua opinione. E parla con II Giornale di Vicenza dei pericoli che vede all'orizzonte.

Gli imprenditori veneti fremono: avevano chiuso un accordo su precisi e condivisi protocolli di sicurezza per gestire le aziende in tempi di coronavirus il 14 marzo e si sono visti sbarrare i cancelli: non pensa che l'emergenza economica induca di provvedere al più presto alla riapertura?
Assolutamente sì. Rischiamo di passare dalla pandemia alla carestia. E il mondo delle imprese venete lo sa benissimo. Dunque bisogna riaprire, riaprire, riaprire. In sicurezza, ma riaprire. Chi fa politica non deve pensare a ciò che succede oggi o domani, ma guardare lungo. E se non riapriamo subito all'ecatombe dei nostri anziani causato dal coronavirus si sommerà una carneficina occupazionale. Non si rendono conto di che cosa stiamo rischiando.

La burocrazia si è imposta anche nella fase di emergenza: gestire l'economia a colpi di codici Ateco, salvo deroghe prefettizie, non pare una buona idea. Italia Viva qualche pugno in più sui tavoli del governo poteva tirarlo?
Bisogna far riaprire chi rispetta le regole: può riaprire chi ha mascherine, guanti, distanze di sicurezza e se possibili test sierologici a tappeto sui lavoratori. Non è possibile mettere in quarantena le libertà costituzionali e non bloccare almeno allo stesso modo le follie burocratiche. Quanto a Italia Viva: siamo stati i primi a chiedere di riaprire e per questo mi sono preso gli insulti da destra e sinistra. La cosa più gentile che mi è stata detta è che sono irresponsabile. Italia Viva più di così non poteva fare. Sarebbe irresponsabile aprire una crisi in questa fase: cerchiamo di dare una mano senza troppe polemiche. Verrà il tempo della discussione politica, ora diamo una mano agli italiani.

Dal punto di vista sanitario in Lombardia, senza per questo volersi accanire contro la regione più vivace e industriosa d'Italia grazie anche al grande sviluppo di Milano, qualcosa è andato storto. ln Veneto, pur aggredito dall'inizio dal virus, i risultati sono stati migliori. Lei che differenze ha notato tra il modello Fontana e il modello Zaia?
La strategia veneta è stata ottima. E chi lo nega è in malafede. Ho fatto anche personalmente i complimenti a Zaia e soprattutto all'equipe a cui lui si è affidato, a cominciare dalla struttura padovana guidata dal professor Crisanti. Non faccio nessuna polemica con la Lombardia o con altre regioni o con le amministrazioni centrali: quello che è accaduto sarà verificato con una commissione parlamentare di inchiesta. Perché davanti a venticinquemila morti, la commissione di inchiesta è il minimo. Politici e tecnici che hanno sbagliato dovranno pagare, a tutti i livelli: nessun salvacondotto per i responsabili degli errori.

Per ripartire da questa botta clamorosa l'economia italiana ha bisogno di iniezioni potenti di denaro e risorse. Pensa che i decreti di Conte, in particolare l'ultimo legato alle garanzie statali per i crediti (400 miliardi potenziali), siano una misura sufficiente?
Il principio del decreto liquidità è giusto. Le modalità concrete di attuazione sono però troppo complicate, troppo burocratiche. A fine mese arriverà un nuovo decreto e sono fiducioso che le critiche che abbiamo mosso - anche noi - all'impianto burocratico del decreto liquidità siano superate. Io sono molto fiducioso e ottimista sul futuro dell'Italia dal 2022 in poi: il mondo del post-coronavirus ci vedrà protagonisti. Ma troppe aziende rischiano di non arrivare vive al 2022 e dunque servono liquidità, cancellazione di alcune tasse, strumenti per ripartire.

Capitolo Europa. Lei ha scelto di sostenere questo governo attraverso il suo nuovo partito dopo la "svolta" europeista dei M5s e per stoppare la politica sovranistadi Salvini. Ora però l'anima antieuropeista dei grillini è tornata: come farà a resistere un governo che ha un'anima che dice si al Mes corretto e l'altra, compreso Conte, che dice no?
L'anima europeista del governo è fuori discussione. Oggi (ieri, ndr)) Conte, in modo un po' fumoso ma chiaro, ha spiegato che useremo il Mes come era ovvio. L'Europa ha salvato l'Italia, non prendiamoci in giro. Senza la Banca centrale europea avremmo lo spread a 500 punti base. E useremo tutti gli strumenti utili del pacchetto: il Recovery Fund, il Mes, la Bei. Poi che ci sia qualche grillino fuori dal mondo che chieda di non usare il Mes non è rilevante: hanno cambiato idea su Ilva, sul Tap, sulle Olimpiadi, sulla Tav, sulle banche, sulle aziende partecipate. Adesso cambieranno idea anche sul Mes. Io non mi stupisco, non lo faccia neanche lei. Il governo è europeista, non è Di Battista.

L'Italia è un Paese della Nato ma nelle ultime settimane mesi abbiamo visto planare gli "aiuti" di Cina, Russia e Cuba con grande pubblicità del ministro Di Maio. Poi è venuto fuori che gli aerei russi carichi anche di militari ce li siamo pagati: non teme che ci sia qualcuno, vedi le uscite pro Cina Di Battista, che remi per stravolgere gli equilibri geopolitici del nostro Paese?
Cina, Russia e Cuba sono Paesi con cui abbiamo storiche relazioni diplomatiche. Sono stato il primo premier a fare visita ufficiale L'Avana e ho incontrato più volte sia Putin che Xi Jinping. Ma diciamola chiara: la nostra casa è l'alleanza atlantica, la nostra casa è l'Europa. Possono mandarci tutti i dottori che vogliono: gli equilibri geopolitici del nostro Paese sono immodificabili e frutti di decenni di storia. Nessun premier, nessuno ministro degli esteri ha da solo la possibilità di cambiare questa linea. Sono certo che Conte e Di Maio lo capiscano. Di Battista non so se lo capisce, ma in ogni caso non rileva: non ha molo, cerca solo piccola visibilità interna del tutto irrilevante per il governo e per il Paese.

Col senno di poi entrare a far parte di questo governo è stata una scelta saggia da parte vostra? L'idea di cambiare la guida, si è parlato di Mario Draghi, è qualcosa di compatibile col momento di emergenza che stiamo vivendo?
Se avessimo lasciato i pieni poteri al sovranismo salviniano e meloniano avremmo oggi un Governo simile a quello brasiliano di Bolsonaro. Dunque rivendico la scelta di agosto: abbiamo evitato una situazione di tensione maggiore. Penso che Mario Draghi sia un pilastro per la politica europea e che non vada tirato per la giacchetta. Quanto a noi: a me non interessa sapere quando Italia Viva uscirà dal governo. L'unica cosa che mi interessa è capire quando gli italiani usciranno di casa. Questo interessa agli italiani, non altro.

Le elezioni regionali e comunali si terranno in autunno. Pensa che questo condizionerà gli equilibri? E in Veneto Italia Viva su cosa e su chi punterà?
Ne parleremo a tempo opportuno. Francamente, le confesso, in questa fase le elezioni autunnali sono l'ultimo dei nostri problemi.

La tecnologia sta cambiando le abitudini degli italiani. Il lavoro ne uscirà stravolto anche quando usciremo dal tunnel: smart working, orari elastici, turni, ferie, come si dovranno coniugare queste novità con certe rigidità storiche del sindacato?
Dovremo investire molto nel futuro, sul futuro. Lo smart working è stato molto agevolato dalle riforme del mio Governo, a cominciare dalla riforma Madia e dal pacchetto normativo legato al Jobs Act. lo sono convinto che ci sia larga parte del sindacato pronta a fare accordi con il mondo delle imprese. Lasciamo stare chi vive di ideologie e di passato. E lavoriamo sul mondo di domani, tutti insieme: lavoratori e imprenditori. Si può fare, io ci credo.

Nella scuola regna la più totale incertezza sul futuro delle lezioni, sugli esami, sul rientro o meno in classe. Cosa dobbiamo aspettarci?
È il settore su cui il governo mi sembra in difficoltà. Non capiamo la strategia della ministra Azzolina. E lo abbiamo detto. Io vorrei tanto che almeno i ragazzi della. maturità e della terza media potessero fare un esame serio, in classe. Vorrei che fosse rifiutata la logica del sei politico. E vorrei che se davvero la ministra ha deciso di non tornare in classe fino a settembre almeno si mettano subito soldi sull'edilizia scolastica: da due: mesi le scuole vuote, lei sa quanti cantieri avremmo potuto aprire?

Chiudiamo con una faccenda tremendamente seria: come finirà il campionato di calcio?
Non ne ho la più pallida idea, ma spero che si torni in campo presto. Magari utilizzando anche strumenti innovativi: amerei vedere il finale con i playoff ma mi sembra una idea ancora lontana da realizzare. Ora la priorità è riaprire le fabbriche e far uscire i bambini, tornare a vivere. Il campionato di calcio contribuirà a ritornare alla normalità. Se invece la sua non è una domanda politica, ma un pronostico temo che la risposta sia la solita degli ultimi sette anni. E non essendo io juventino, capisce che la soffro un po'.