Renzi: "Tra gli ideali e la poltrona, scegliamo gli ideali"
Intervista di Franco Bechis, "il Tempo", 13 febbraio 2020.
La condizione per venire a bordo dell'Abitacolo è stata una sola: «Guido io». Ecco le chiavi, Matteo Renzi. E speriamo di non andare a sbattere, eh? «Ma no, so guidare benissimo», garantisce il leader di Italia Viva. Che però non ha grande esperienza da automobilista a Roma. E già imbocca la strada sbagliata: «No, vada a destra!», gli grido. Lui ride: «Figurati se non mi diceva così il direttore de Il Tempo... Io invece giro a sinistra...». Ma poi cambia idea e cambia pure strada: «Vado di qui che voglio vedere piazza del Gesù e le Botteghe Oscure». Così è. Ci passiamo, e in un attimo con questo viaggio indietro nella storia siamo già a piazza Venezia, sotto il celebre balcone. Poi la Bocca della Verità dove gli strappo qualche parola sincera sul premier Giuseppe Conte che non gli deve stare così simpatico, soprattutto quando si chiude in stanza con il portavoce Rocco Casalino e poi «fa trapelare».
Renzi si ferma quasi inchioda in via del Plebiscito ridendo: «Un omaggio deferente al Cavaliere», perché sì, siamo sotto palazzo Grazioli residenza romana di Silvio Berlusconi. Gli fa simpatia il leader di Forza Italia. Un po' meno le sue truppe usate proprio da Conte come minaccia per rendere irrilevante per la maggioranza Italia Viva: «Volesse il cielo, venissero a votare prescrizione e reddito di cittadinanza», dice sarcastico Renzi. Il viaggio non finisce più, eccoci in direzione di piazza del Popolo. «Il popolo ha sempre ragione», sentenzia lui. Gli replico: «Sì, ma fate di tutto per non sentirlo. Avete paura che si esprima...».
Renzi si fa serio: «Mica si può votare una volta all'anno. E poi il popolo cambia spesso idea. Guardi lei, oggi è per Matteo Salvini. Ieri era per Luigi Di Maio, nel 2014 era per Renzi. E nel 2009 sembrava fosse tutto per Berlusconi. Fra un po' di tempo cambierà di nuovo idea. La gente ormai fa zapping...». Lo fermo: «Ma ora giri a destra perché piazza del Popolo è lì...».
Renzi, lei è stato l'unico a volere sedersi al posto di guida de L'Abitacolo. Non è che lì sotto il cappotto ha una puntina di tette?
(Ride...) «Come Berlusconi? Sì, la ricordo anche io la splendida battuta del maestro Enzo Biagi: "Se Silvio Berlusconi avesse una puntina di tette, farebbe pure l'annunciatrice". Comunque io non guido mai. A casa sì, ma a Roma di fatto da quando presi l'incarico di governo ho dovuto smettere di guidare. Anche perché la capitale la conoscevo poco...».
... E non le è piaciuto conviverci?
«Non dico questo, anzi. Roma l'ho sempre rispettata, al punto da dire "Non sarò mai capace di domare questa città. Perché questa città - le cene nei salotti, le principesse, i cardinali, gli attori e.. Te magna. Allora siccome io sapevo di essere più debole di Roma, ho preso e sono rimasto chiuso in casa. Però questa titubanza a vivere Roma mi ha portato l'ostilità dei salotti...».
Va bene, ma non la faccio divagare. Vado al sodo. Andiamo a questa estate, in cui lei è stato decisivo.
«Io? Matteo Salvini. Che io ho preso molto sul serio sulla rivendicazione dei "pieni poteri"...».
Ma no, che era una frase usata ai suoi tempi da Berlusconi che si lamentava degli alleati che gli bocciavano le sue riforme della giustizia e altre cose: "Se volete che governi fino in fondo dovete dare il 51% a Forza Italia". Ecco, i pieni poteri sono quelli.
«Guardi, il problema secondo me era molto più serio. Dopo che lui ha detto "pieni poteri" sono subito usciti Claudio Borghi e Alberto Bagnai a rimettere in discussione l'euro. Allora il pensiero è stato: Salvini chiede i pieni poteri. Salvini vince le elezioni con la maggioranza per cambiare la Costituzione. Poi cambia la costituzione e inserisce il referendum. Allora fa il referendum sull'Italexit. I pieni poteri avrebbero portato all'uscita dall'euro. E così è scattato l'allarme».
Mi sembra una esagerazione...
«Può essere che qualcuno esageri in questa lettura. Ma non è campata in aria».
E lei con questo timore ha chiamato Beppe Grillo per fare nascere quello che è stato definito il governo "Renzi-Grillo"?
«Mai sentito Grillo. La sola volta che l'ho visto e anche sentito fu quando ero a palazzo Chigi e venne a fare il famoso confronto in streaming. Da allora più nulla. Magari ci vedremo in tribunale?».
Ah sì?
«Sì, e gli chiederò anche i danni, perché mi ha dato del mafioso e questa cosa non mi piace. Perché finché mi dava dell'ebete o dell'ebetino... Non che mi piacesse, ma... Però se mi dai del mafioso mi fai davvero arrabbiare».
Va bene, ho capito. Non è un governo Renzi-Grillo come tutti hanno scritto.
«No, anche perché come è noto i nomi dei ministri, quello del presidente del Consiglio, la struttura del governo non le ho fatte io, ma Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio. Io ho solo lavorato per persuadere il Pd a fare il governo in senso anti-salviniano».
Era vero che Zingaretti e Salvini si erano sentiti mettendosi d'accordo per andare alle elezioni?
«Non so se si sono sentiti personalmente, e sono fatti loro anche perché non è che intercetto le telefonate di Salvini o di Zingaretti. Io credo che ci fosse un accordo implicito. Se si siano anche sentiti non lo so. I leghisti dicono di sì, i dem di no».
Allora si diceva che Zingaretti volesse andare a votare per liberarsi di tutti i renziani che aveva candidato lei.
«Ma ce li ha tutti lui adesso. Sono tutti con lui, tanto renziani evidentemente non erano. Sono diventati tutti zingarettiani, che problema vuole che abbia lui? Ma se Zingaretti avesse davvero accettato di andare a votare oggi avremmo Salvini presidente del Consiglio con una maggioranza tale da cambiare la Costituzione. Non dico che il Pd dovrebbe ringraziarmi. Però almeno non attaccarmi tutti i giorni. Magari limitarsi a una volta alla settimana...».
Il tradimento ormai è la chiave con cui leggere la politica?
«È una parola forte. Diciamo che la capacità di restare fedeli alle proprie idee e ai propri ideali è rara in politica. Cambiare posizione invece è all'ordine del giorno: Giuseppe Conte aveva detto che se ne sarebbe andato, ed è restato lì. Di Maio disse che non avrebbe mai fatto l'accordo con quelli che usano l'elettrochoc. Salvini aveva detto "Ho una sola parola, rimango con questo governo". Se la giochi su questo piano non ne trovi uno che rimanga sulla stessa posizione anche nel giro di breve tempo».
Insomma, lei è stato il padre di questo governo, ma non lo sente proprio suo figlio.
«No, non sono il padre. E di figli ne ho tre meravigliosi: Francesco, Emanuele ed Ester, e mi bastano».
E per questo che ogni giorno accende una miccia?
«Ma quale miccia? Noi stiamo dicendo una cosa banale: c'è una legge sulla prescrizione Bonafede-Salvini che è un obbrobrio giuridico come la legge spazzacorrotti che perfino l'avvocato generale dello Stato si è rifiutato di difendere (mai successo nella storia repubblicana), e noi da sei mesi stiamo chiedendo: "la cambiamo?". Noi non ci stiamo, trasforma i cittadini in imputati a vita».
Però lei si mette contro all'ipotesi di compromesso di Conte e se non si fa quella, resta in vigore il testo più radicale sulla prescrizione.
«Resta quella radicale? Ora si va al redde rationem e si vota. E qui si parrà la nobilitate dei riformisti o presunti tali. Abbiamo detto ai riformisti del Pd: c'è una legge radicale come quella Bonafede. Se loro votano con noi torna in vigore quella di Andrea Orlando. Ma il coraggio chi non ce l'ha non se lo può dare. Io penso che uno del Pd avrebbe il dovere di votare per la legge Orlando-Gentiloni. Invece Zingaretti vuole fare loro votare la legge Bonafede-Salvini. Ci sarà qualcosa di strano, no?».
Sa come è? Per tenere in piedi un governo si fanno tante cose che non si sarebbero volute fare. Quante volte Berlusconi avrà maledetto il giorno in cui tutti i suoi hanno votato la legge Severino?
«Lì il problema non era Paola Severino. La sua legge prevedeva altro. Ad esempio ha inserito il traffico di influenze ma pensando poi di regolare le lobby, cosa che invece non è avvenuta. Allora il traffico di influenze senza una legge sulle lobby non sta né in cielo né in terra».
Pro bono pacis si fanno tante cose che non si condividono. Anche la legge sulla prescrizione Salvini l'ha approvata pensando che poi ci sarebbe stato il tempo per cambiarla, e invece...
«Salvini ha fatto tante sciocchezze. Ma a me questo non può dirlo. Anzi le cose che ho fatto le rivendico tutte: 80 euro, job acts, Imu, sblocca Italia, le unioni civili che mi hanno messo contro buona parte del mondo cattolico da cui provengo. Ma come si faceva a non dare un riconoscimento sociale a due persone che si vogliono bene?».
Sono d'accordo sui diritti civili. Basta che poi non diventino quelli il modo di leggere la maggioranza della società italiana...
«I diritti civili si difendono per le minoranze».
Giusto, ma il problema della maggioranza degli italiani è che non si fanno più figli. Altri paesi come la Francia che è in prima linea sui diritti civili ha messo però la famiglia al centro di importanti interventi economici, l'Italia no.
«Sì, ma il tema della denatalità non dipende mica dal fatto che in Italia si siano fatte leggi sui diritti civili. Sono 30 anni che nascono meno figli. Anche perché la società è cambiata, è liquida. Quando ero alle elementari c'era in classe un solo figlio di coppia divorziata. Oggi sono la maggioranza. È vero che manca attenzione alla natalità. Ma non per colpa di Tiziano Ferro. L'intera Europa ha lo stesso problema di denatalità, nonostante gli immigrati. Stessa cosa negli Usa e perfino in Cina. Il solo continente dove crescono le nascite è l'Africa, che raddoppierà e anche di più i suoi abitanti. E quello sarà un problema anche per l'Europa».
La riporto veloce a temi più terra-terra. Torniamo al governo. Lei è stato presidente del Consiglio e quindi sa cosa accade quando si arriva là. Secondo lei Conte si è montato un po' la testa lassù?
«Posso risponderle con le parole di mia moglie? Sa perché io non mi sono montato la testa quando sono diventato premier? Perché come dice appunto lei ce l'avevo già montata abbastanza prima. Io quindi non me la sono montata. Quanto a Conte non lo so e nemmeno mi interessa. Quello di cui sono certo è che deve fare il presidente del Consiglio, non passare il tempo con Casalino a spinnare ai giornali e dare veline alla stampa. Governi. Noi siamo al suo fianco, governi».
Conte è irritatino con lei. Fa trapelare...
«Fa trapelare? Un presidente del Consiglio non fa trapelare. Quando io ero premier forse chiacchieravo anche troppo, ma non facevo trapelare. Il presidente del Consiglio ha il compito di indicare in orizzonte, una visione. Non fare trapelare, altrimenti siamo presi in un grande gioco dell'oca della politica che la sera torna al punto di partenza della mattina. Tutti a discutere che lui ha detto, allora l'altro ha risposto... Come Zingaretti che fa le veline per dire "Renzi aiuta Salvini". Ma come, è Zingaretti che sta appoggiando la riforma Bonafede-Salvini contro quella Gentiloni-Orlando. Ragazzi, questo è il mondo alla rovescia».
Questa intervista uscirà quando tutto sarà compiuto. Ma lei uscito da qui salirà in Senato per andare a votare sul caso Salvini-Zingaretti. Disse che avrebbe deciso solo dopo avere letto le carte. Presumo l'abbia fatto. Scusi, è d'accordo con la tesi dei giudici a pagina 48?
«Eh no, non mi interroghi sulla pagina! Cerchiamo di chiarirci: c'è un pm...».
... No un pm non c'è, perché quello di competenza ha proposto di archiviare Salvini.
«Esatto. Il tribunale dei ministri chiede di processarlo, e noi non dobbiamo giudicare se Salvini è o meno colpevole. Solo se sussistono le condizioni previste dalla Costituzione per dire no al tribunale dei ministri che chiede di processarlo».
Va bene, e la sua risposta quale è?
«Io non credo che Salvini sia colpevole. Politicamente non condivido quello che ha fatto. Da misero esperto di calcio e poco altro, laureato in giurisprudenza dico che se fossi un giudice io le condizioni per condannare Salvini su questo fatto non le vedrei. Ma io non vedo le condizioni per dire che quello che ha fatto era legittimamente fatto in quanto ministro. Aggiungo che lo ha chiesto Salvini di andare a processo. C'è un giudice che dice: "processatelo". Salvini dice "Processatemi'. E chi sono io per negarglielo? (Parte una musica... ndr) Ah, questa è una canzone carina: Tommaso Paradiso...».
...Non avere paura...
«Sì, l'ho usata alla Leopolda. Avevamo qualcosa in comune. Nello stesso giorno lui ha fatto la scissione da The Giornalisti e noi dal Pd».
Lei è affascinato da chi lascia il gruppo per fare il solista?
«Non proprio: io amo chi da leader non tradisce la propria identità. E penso che fra 5 anni tutti ci ricorderemo di Tommaso Paradiso e un po' meno di chi erano gli altri componenti del gruppo».
Ok, capito il parallelo. Resto alla musica: ha visto Sanremo? Che canzone ha votato?
«L'ho visto. Bello il festival. Ma non ho votato. Mi è piaciuta la canzone di Diodato, ma a me è piaciuta di più Viceversa di Gabbani. A me lui piace tantissimo, perché ha una capacità straordinaria di parole e di musica».
E Achille Lauro le è piaciuto?
«Eravamo in tre della famiglia a guardarlo. Ho avuto un piccolo mancamento quando si è tolto il mantello pensando a come le nonne sul divano avrebbero potuto reagire. Non sarebbe male vedere in Senato una scena tipo Achille Lauro: immagini un Francesco Bonifazi (ex tesoriere del Pd ora di Iv, ndr) che arriva e si spoglia così...».
E se la musica dovesse finire? Se saltasse fuori che poi alla fine Matteo Renzi non è determinante sulla maggioranza di governo, ma sostituibile da altri?
«Magari.. Bechis, magari!».
Perché in quella terra di mezzo della politica ce ne sarebbero pronti a prendere il suo posto...
«Magari! Leggo ogni giorno retroscena di Conte che sicuramente non vengono dal presidente del Consiglio, figuriamoci. Saranno spifferati da qualcuno, ma dicono che loro hanno altri numeri. Ma se li prendano subito!».
I mitici responsabili.
«Ma se li prendessero! Se ci sono troppe di Forza Italia e di quel mondo centrista che vogliono venire dentro la maggioranza a votare la legge che abolisce la prescrizione, il reddito di cittadinanza e tutto il resto, va bene. Io sono felicissimo. Non solo lascio loro volentieri quel posto, ma do un abbraccio di solidarietà e offro pure un bicchiere di quello buono. L'importante è che lo facciano presto, però. Almeno siamo tutti tranquilli. Questo è un paese fermo per colpa di una politica che litiga. Almeno finisce. Conte vuole qualcun altro al posto mio? Si accomodi, prego. Sono felice, lo facciano subito. Perché noi sulla prescrizione non molliamo. Possono promettermi tutte le poltrone che vogliono, ma io non scambio la civiltà giuridica con tre collegi di revisori dei conti...».