Renzi: "Un patto per ripartire sull’economia ed evitare un Orbán al Colle"

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Intervista di Concetto Vecchio, "la Repubblica", 26 giugno 2020.   

Matteo Renzi, il governo reggerà la fase 3?
«Spero di sì. Per farlo dovrà infondere speranza e fiducia agli italiani. I soldi per ripartire ora ci sono».

Il Paese non è ripartito?
«Solo parzialmente. Molti italiani hanno ancora paura. Negli ultimi mesi hanno accumulato 28 miliardi di euro in più sul conto corrente. Quando crescono i risparmi è un fatto positivo, ma in questo caso si alimenta un meccanismo di preoccupazione e sfiducia che non possiamo permetterci. Bisogna avere finalmente il coraggio di dire che il Covid è un'altra cosa rispetto a marzo».

Circola ancora, lo dimostrano i casi di Bologna e Mondragone.
«Certo. Ma fa meno male: non si finisce praticamente più in ospedale o nelle terapie intensive. Questa è la realtà, affrontiamola senza ideologie. Chi dice il contrario fa terrorismo psicologico».

Anche il governo è prigioniero di questa paura?
«Governare con la paura è più facile che infondere la speranza. Deve tornare a decidere la politica, non presunti esperti del Comitato tecnico scientifico. Io i virologi li ho difesi dai no Vax quando non lo faceva nessuno, ma una parte di loro, anche tra i consulenti del governo, le ha sbagliate tutte. Dicevano che se avessimo riaperto avremmo avuto 15Omila malati gravi a giugno: follia. Fake news».

Cosa propone per uscire dal circolo vizioso?
«La decontribuzione. Basta spendere per i vari sussidi o i redditi di emergenza. Ti do i soldi, ma tu devi ripartire».

Dove metterebbe i soldi?
«Su interventi mirati a far ripartire i settori più colpiti. Per esempio: due miliardi subito sul turismo, cancelliamo agli albergatori tutte le tasse del 2020 ma facciamoli riaprire».

Ma lei cosa vuole fare da grande? Ha fatto nascere questo governo e poi ha dato l'impressione di metterlo sotto tutela.
«Sono un uomo fortunato. Io ho già fatto tutto, in politica. Posso permettermi il lusso della libertà di dire ciò che serve al Paese, non ciò che serve a me. Questo governo è nato per rispondere alla follia dei pieni poteri di Salvini. Rivendico quella mossa del cavallo: ho perso punti nei sondaggi ma credo di aver tatto bene all'Italia. Quanto a noi: Italia Viva è come una start up che macina idee. Mi sembra che Conte l'abbia capito. Nelle ultime settimane, grazie al lavoro dei nostri parlamentari, ci sono stati molti incontri e si è aperta una fase nuova. Ora bisogna fare un doppio salto ulteriore».

A cosa pensa?
«Da un lato concretizzare la massa di risorse annunciata nelle dirette Facebook ma non arrivate ai cittadini. Dall'altro sostenere la maggioranza per arrivare al 2023, eleggendo un Presidente della Repubblica europeista e filo atlantico».

Un patto di maggioranza?
«Si, deve essere il nostro traguardo di legislatura. Dobbiamo evitare che il Quirinale sia la gara di ritorno di chi ha perso al Papeete».

Salvini ha detto che vuol eleggerlo con i Cinquestelle.
«Se Salvini e Meloni votano un Presidente europeista e filo atlantico, bene. Va invece scongiurato il rischio di ritrovarci con un Capo dello Stato tipo Orbán. Abbiamo mandato a casa Salvini per evitare che l'Italia diventi sovramista e anti Bruxelles come l'Ungheria».

Ha già un identikit?
«È prematuro parlare di donne o uomini. E sarebbe irrispettoso verso l'attuale Presidente, che svolge il suo servizio con onore. Prima di arrivare agli identikit bisogna ragionare del progetto politico».

Come valuta il governo sul Covid?
«Non abbiamo la controprova, ma penso che con Salvini e Meloni al governo avremmo avuto una gestione più simile a quella di Bolsonaro che a quella della Merkel: l'abbiamo scampata».

Condivide la rivolta della scuola contro la ministra Azzolina?
«Sulla scuola la politica sta sbagliando molto. A marzo avevo suggerito di riaprire fabbriche e scuole almeno da maggio, almeno per i ragazzi della maturità, e venni sommerso da una marea di critiche. Eppure quella era la strada. Noi siamo stati i primi a chiuderla, prima delle stazioni sciistiche, e saremo gli ultimi ad aprirla. Non va bene».

Cosa farebbe?
«Servono più soldi, a cominciare dall'edilizia scolastica. Ma servirebbe soprattutto restituire centralità e dignità politica al tema della scuola. Nel lockdown mio figlio ha preparato la maturità, mia figlia l'esame di terza media, l'altro figlio studiava e mia moglie faceva lezioni a distanza. Spesso a tavola è affiorato il discorso su chi non poteva fare lezione, perché non disponeva dei device necessari. La scuola non può essere l'ultima ruota del carro».

Conte vuole ridurre l'Iva. E lei?
«Marattin ha proposto d'intervenire sull'Irpef. Qualunque sia la scelta. Non devono essere misure palliative, ma operazioni importanti. Io quando ero premier ho varato prima gli 80 euro, poi l'Industria 4.0, quindi Imu prima casa».

Conte ha richiamato il presidente dell'Inps, Tridico.
«Tridico è stato un disastro. Ha sbagliato perfino sui bonus agli autonomi, dando la colpa agli hacker, sulla cassa integrazione. Non dovrebbe essere richiamato: dovrebbe essere licenziato».

Zingaretti ha evocato Tafazzi: senza un patto di maggioranza sulle Regionali il governo a settembre rischia.
«Sono elezioni regionali. Non politiche, Ma l'invito di Zingaretti è da accogliere, i rapporti con Nicola non sono mai stati così buoni».

Non è lei ad ispirare Gori?
«Ma figuriamoci, se volevo farlo restavo nel Pd».

Quindi alla fine farete alleanze ovunque?
«Ora non esageriamo. In Toscana, Campania e Marche, Italia Viva è decisiva. In Liguria se il candidato è un giornalista del Fatto, con tutto il rispetto noi non ci stiamo».

Resta il no ad Emiliano in Puglia. Perché?
«Con che coraggio potremmo sostenere uno dei peggiori governatori d'Italia? È uno che sosteneva i promotori dei ricorsi contro i vaccini. Ivan Scalfarotto è un riformista. Michele Emiliano è un populista».