Matteo Renzi: Zittire un Ministro - Questo sì, è da fascisti

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Articolo di Matteo Renzi su "Il Riformista"

Zittire un Ministro - Questo sì, è da fascisti

Per me la cultura è la vera carta d'identità del Paese. Quando sento parlamentari dire che "con la cultura non si mangia" avrei voglia di regalare loro un weekend nella mia Firenze. Poi ci rifletto e dico che non ne vale la pena: se non hanno ancora capito che l'Italia deve smettere di considerare i beni culturali come argomento "sfigato", non lo capiranno mai. Occorre piuttosto investire sulla nuova generazione e porre la cultura al centro della sfida educativa. Mi hanno preso in giro quando ho proposto di investire in cultura dopo un attentato. Era il Novembre 2015 e gli estremisti islamici avevano preso di mira il Teatro Bataclan dove era in corso un concerto, uccidendo oltre cento persone e seminando il terrore. Pensai: hanno voluto colpire un concerto? Rispondiamo investendo in cultura. Ironizzavano: usiamo i carri armati, non i libri, contro questi assassini. E ovviamente servono anche le armi, certo. Ma usai l'esempio dei fiorentini del Rinascimento che per pagare la porta del Paradiso del Ghiberti investirono l'equivalente del budget annuale della difesa della città. Bene, dissi, anche noi per ogni euro investito in sicurezza investiamo un euro in cultura. I fiorentini lo facevano col Ghiberti. Qualcuno mi prese per matto. Abbiamo i terroristi alle porte e tu pensi alle biblioteche. Sì. Anche alle biblioteche. Perché se devi difenderti, è la tua cultura che devi mettere in salvo. La tua identità, i tuoi valori. Non è un caso se le culture autoritarie, nazismo in testa, bruciano i libri: è una forma brutale di cancel culture, un rogo e addio. Il Salone del Libro di Torino è una colonna delle istituzioni di questo Paese. Lo abbiamo seguito, introducendolo con un pezzo di Elisabetta Sgarbi. Ne abbiamo apprezzato il messaggio universale: la cultura salva il mondo. Poi però è arrivato il fattaccio. Alla Ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, è stato impedito di parlare. Femminista storica, radicale, oggi impegnata in una battaglia pro life su posizioni conservatrici, a Roccella è stato impedito il confronto al grido di "via i fascistidal salone".

Ma chi è un fascista, oggi? Uno che prova a dire quello che pensa o uno che nega agli altri il diritto di parola? Pasolini - che era Pasolini e che ci aveva visto lungo - titolò un suo libro proprio così: "Il fascismo degli antifascisti". Chi ha impedito a Eugenia Roccella di parlare non ha manifestato un diritto democratico: ha negato il diritto democratico di un'altra persona. Mi sembra così semplice. Tu hai tutta la libertà di dire la tua o di criticare gli altri. Ma non hai nessun diritto di zittire l'altro con la violenza verbale. E non c'entra nulla la vergognosa esibizione di Augusta Montaruli, parlamentare di Fratelli d'Italia che ha sbraitato contro il direttore del Salone, Nicola Lagioia, attribuendogli la responsabilità dell'evento.

Il fatto, semplice, è che una ministra è stata zittita. Pensavo tutti potessimo trovarci d'accordo nella condanna. Invece alcuni maestri del pensiero contemporaneo, cattivi maestri si sarebbe detto una volta, hanno spiegato che "la contestazione alla Roccella è quanto di più sano possa avvenire in una democrazia" (Roberto Saviano) e che "quello che tu hai fatto e che è scritto e teorizzato in questo libro ha reso la mia vita peggiore, quindi io qui non ti lascio parlare: non ne hai il diritto" (Michela Murgia). Poi mi ha scritto uno dei bravissimi ragazzi della scuola di formazione "Meritare l'Europa", Jacopo. E ho visto che il messaggio dei Saviano-Murgia passa nelle corde delle persone molto più di quanto io immaginassi. Mi ha scritto Jacopo: "No, Matteo, non sono d'accordo. In democrazia il dissenso è tutto. (...) La Roccella stava dicendo cose aberranti sulla dignità della donna ed è stata fermata." Jacopo è un giovane talentuoso e sono convinto che abbia un bel futuro in politica. Ma se noi non partiamo dal dire che nessuno ha il diritto di fermare chi non la pensa come noi, anche se dice cose che sono giudicate aberranti (che poi che siano aberranti, chi lo decide?), rischiamo di essere travolti da una slavina in cui l'evento culturale smette di essere palestra di libertà e diventa occasione di odio ideologico.

Pensiamoci bene. Perché è inutile gridare al fascismo se non siamo disponibili ad ascoltare le opinioni degli altri. Soprattutto quelli con cui non siamo d'accordo.